Perché l’Occidente non farà mai una vera guerra all’Isis

Perché l’Occidente non farà mai una vera guerra all’Isis

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isis-vicenzaQuando sento parlare della minaccia dell’Isis, quando ascolto certe cicalate dei nostri politici ultranalfabeti, quando mi beo dei telegiornali, in cui si paventa un attacco missilistico all’Italia da parte del Califfato o di qualche suo succedaneo, in me lo storico militare sghignazza, demoniaco. Ma vi rendete conto delle panzane gigantesche con cui vi tengono sulle spine? Ricordate la “strategia della tensione”, inventata da Feltrinelli? Beh, quella, al confronto di questa minaccia, era una seria analisi dei fenomeni. Perché, ce l’avete presente il potenziale militare dell’Isis? Li avete visti, coi loro gipponi armati di mitragliere russe di terza mano? Avete mai visto volare un loro elicottero d’assalto? Vi risulta che possiedano sistemi d’arma più sofisticati di qualche missile filoguidato di vecchia generazione? Avete mai sentito sfrecciare sulle vostre teste un caccia multiruolo con sulle ali le insegne nere del Califfo? Ve lo dico io: no. Semplicemente perché non ne possiedono.

Possiedono una notevole massa di manovra e sono, personalmente, intrepidi: ossia non hanno paura di infliggere e ricevere la morte. E qui finisce l’Isis, dal punto di vista militare. Siccome, da un punto di vista religioso, rappresentano una minoranza all’interno dell’Islam, e, da un punto di vista etnico, spesso appaiono come brutali invasori alle popolazioni, non possono nemmeno contare sull’elemento importante del supporto locale: governano col terrore e governeranno finché duri il terrore. Questo, in un certo senso, faciliterebbe il compito dei militari: nel caso dell’Iraq, si rese necessaria l’invasione di terra, mentre, con l’Isis, nella deprecabile eventualità di una guerra, basterebbe un’azione, diciamo così, tecnologica. Come procedere in questo caso? Facciamo finta che il Califfato non sia un prodotto della politica americana, che ha destabilizzato, scientemente o meno, tutto il mondo islamico: immaginiamo che, davvero, la Nato e il Pentagono ritengano l’Isis una minaccia e non una risorsa. Come dovrebbero agire? Tanto per cominciare, visto che quello che fa girare il mondo sono i soldi, dovrebbero creare, intorno allo stato islamico del’Iraq e della Siria un solido muro, fatto di embarghi, di taglio delle relazioni, di mancate commesse petrolifere. E lo stesso, temo, andrebbe fatto con tutti gli stati wahabiti e salafiti, che, viceversa, intrattengono ottimi rapporti commerciali con l’occidente e, in primis, con gli Usa. Siccome immagino che, al pari dei nostri politicanti intelevisionati, pochi tra voi s’intendano di ‘sharia’ e di ‘tawhid’, vi suggerisco di andarvi a leggere come la vedono, ad esempio, i Sauditi, dal punto di vista dei diritti umani e del destino politico dell’Egitto. Così, poi, capirete meglio l’origine delle balle che vi propinano. Una volta chiusi i rubinetti, si tratterebbe della campagna militare in senso stretto: però, vedete, la guerra, negli ultimi centocinquant’anni è cambiata parecchio, anche se la nostra percezione della guerra è ferma a Solferino. Una volta, la guerra consisteva in una campagna di qualche mese: si conquistava il campo, sconfiggendo il nemico, e si firmava un trattato, che concedeva ai vincitori quello per cui avevano combattuto. Poi, sono venute le guerre totali: sempre più totali. Il loro scopo era quello di cambiare il senso della storia: alcuni stati sparivano, altri se ne creavano, altri ancora si spezzettavano o si componevano. Oppure, esse miravano all’imposizione di un’ideologia, di un nuovo ordine mondiale. Poi, sono venute le guerre per interposta persona: la Corea, il Vietnam, scampoli di guerra calda, nel contesto di una guerra fredda. Oggi, la guerra non serve ad altro che a garantire il mantenimento o l’implemento di interessi politici ed economici: come dire che le guerre servono a far temere alla gente guerre peggiori. Si tratterebbe, a un dipresso, di guerre pacifiste, determinate dal desiderio di evitare catastrofi incombenti. Noi, anzi, viviamo in un’epoca in cui tutte le più scellerate schifezze vengono gabellate per iniziative umanitarie: siamo figli di un’ipocrisia morale che incide sul pensiero, sulla comunicazione, sul lessico. Per questo, nessuno si sognerebbe mai di dire che l’Isis, come Al Qaeda, come gli stati canaglia e come i dittatori di recente sterminati dalle crociate occidentali, sono semplicemente funzionali a questo nuovo modo di fare ed intendere la guerra. Per questo, non verrà mai fatta una guerra vera, vecchio stile, contro questa terribile e risibile insieme, minaccia dell’Isis: perché durerebbe due giorni, checché ne dicano gli analisti, guarda caso tutti prezzolati dal medesimo committente. E poi? Bisognerebbe inventarsi un’altra minaccia globale, per giustificare nuove paure e nuovi guadagni: e le minacce globali non crescono mica come funghi. Adesso, per concludere, provate ad immaginarvela, questa guerra terribile: satelliti che ti dicono perfino quando il nemico è alla toilette, missili a lunga, media, breve gittata, carri pressoché inarrestabili, cannoniere volanti, soldati cablati, puntamento laser. Tutte cosette che ci sono costate migliaia di miliardi, con la scusa di una possibile guerra. Però, nessuno le usa: rimangono ad impolverarsi nei loro depositi. Se l’Occidente le usasse, l’Isis sparirebbe, come vi dicevo, in pochi giorni. Ma l’Occidente non le userà, perché sono armi concepite per non essere usate. Almeno, non contro il vero nemico.

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