Per il rilancio del commercio
non vincoli ma opportunità

di Marco Arlati*
 
Egregio direttore,
ieri sera il consiglio comunale di Bergamo ha approvato la delibera “disposizioni per la valorizzazione del commercio negli ambiti del tessuto urbano consolidato”. Rimango fortemente colpito da questa decisione, che reputo una scelta sbagliata nella forma e soprattutto nella sostanza, perché puramente politica, senza alcun fondamento dal punto di vista economico.
Un conto è parlare del decoro urbano dei centri storici, un altro è il concetto della libertà d’impresa e delle nuove aperture di attività commerciali. Sembra che impedire a terzi di aprire attività commerciali sia la soluzione per far aprire altre attività commerciali di altra natura o evitare che chi le apra non sia cittadino italiano. Perché il Comune invece di limitare l’apertura di nuove attività, non si interroga e si impegna a trovare soluzioni sul perché gli italiani, cittadini bergamaschi non aprono, o meglio non riescono ad aprire nuove attività? Il vero punto è questo. Chi sostiene la libertà d’impresa non limita la possibilità di creare nuove attività, ma cerca di favorire l’apertura, trovando soluzioni nuove e fattibili, e non puntando su uno sviluppo economico della città fatto di bancarelle alla domenica, dehors o bandi con paletti pesantissimi sotto il profilo strategico/aziendale (mi riferisco al bando per la selezione di soggetti a cui concedere contributi a sostengo della costituzione di nuove attività commerciali ed artigianali in aree urbane da rivitalizzare, dove si tentava di risolvere un problema di degrado urbano e di sicurezza con una politica di sviluppo economico, vincolata a delle regole assurde, che di sviluppo economico avevano ben poco; infatti non hanno portato a nulla).
Infatti il problema delle attività commerciali non riguarda solo i borghi storici, ma interessa tutta la città di Bergamo nel suo insieme. Iniziamo a dialogare bene con l’Università di Bergamo e capire come mai i nostri cervelli non rimangono a Bergamo ad aprire nuove attività ma vanno fuori dal territorio per trovare possibilità. Guardando i dati dell’Istat presentati in questi giorni la situazione risulta spaventosa: un laureato ha più difficoltà a trovare un lavoro di un diplomato, ovvero l’investimento nella formazione non viene valorizzato, anzi viene percepito come un problema per le aziende e per coloro che hanno un’attività commerciale.
Bergamo Cambia nel suo programma ha inserito un’idea precisa e forte, che sostiene a pieno la visione della libertà d’impresa: le borse di lavoro. Consistono, come le borse di studio, in una somma di denaro che viene erogata ai progetti presentati e valutati positivamente, aventi come oggetto la nascita di start up a Bergamo. Tali somme non avranno vincoli e i responsabili di progetto potranno utilizzarle come meglio credono per la nascita delle start up. Ovviamente reputo essenziale che la creazione di queste borse di lavoro abbia come punto iniziale l’appello del Comune agli studenti a valorizzare e dare concretezza alle loro idee attraverso tesi di laurea incentrate su progetti e idee per sviluppare i vari settori economici di Bergamo e della Bergamasca.
Sono cosciente delle difficoltà economiche che ha il comune di Bergamo, ma credo fortemente che bisogna rivalutare come impiegare le poche risorse a disposizione, riducendo la spesa pubblica corrente improduttiva e scegliendo di sostenere pochi ma concreti progetti che si sviluppino a Bergamo, creando posti di lavoro.
È un’idea che va oltre le attività commerciali nei borghi storici di Bergamo, perché guarda al futuro della nostra città e non allo spot elettorale di un partito politico, la Lega, che deve ottenere uno pseudo risultato per nascondere i fallimenti della sicurezza di tutti questi anni.

 
*Portavoce Lista Civica Bergamo Cambia