Neolaureati, trovare lavoro 
a Bergamo è diventato più difficile

Neolaureati, trovare lavoro a Bergamo è diventato più difficile

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Bergamo offre l’8% del lavoro ad alta qualifica della Lombardia e ad un anno di distanza dalla laurea, i giovani bergamaschi riescono a soddisfare in gran parte la domanda di lavoro espressa dalla provincia, che riesce tuttavia ad assorbirne poco più della metà. Tra inevitabili flessioni e settori in crescita, l’indagine Specula Lombardia “Quali orizzonti per i neolaureati lombardi?” condotta a settembre dello scorso anno dagli esperti dell’Area Ricerca Formaper della Camera di Commercio di Milano restituisce il quadro in chiaroscuro delle prospettive di inserimento dei neolaureati bergamaschi.

In controtendenza la metalmeccanica, purché hi-tech
Nel 2012 gli inserimenti dei giovani laureati appaiono penalizzati in misura anche maggiore rispetto a quanto accade nella regione, particolarmente nei settori del terziario sociale in cui la presenza pubblica è significativa (istruzione, sanità), oltre che nel commercio al dettaglio e nel comparto del turismo, che invece in regione fa registrare una lieve crescita di neolaureati avviati al lavoro. Sempre nell’ambito del terziario tradizionale, il commercio all’ingrosso (dove si concentrano le filiali commerciali di aziende multinazionali) gioca, al contrario, un ruolo positivo sull’assorbimento di giovani ad alta qualifica, più marcato rispetto alla media lombarda. Tra gli altri settori di significativa rilevanza occupazionale per il tessuto economico provinciale la metalmeccanica, al cui interno sono cresciute le opportunità per i giovani ad alta qualifica, un riscontro in controtendenza nel generale panorama manifatturiero provinciale e che fornisce un incisivo contributo alla complessiva tenuta regionale del settore.

Il contratto? Un miraggio e tanti optano per l'autoimpiego
Il generale peggioramento delle prospettive lavorative viene comunque confermato dal trend delle tipologie contrattuali applicate. In provincia cala ulteriormente il ricorso al contratto standard maggiormente tutelante, ovvero il tempo indeterminato, anche se esso risulta meno penalizzato che nel complesso della Lombardia (-9,8% contro il -15,8% lombardo). Sul decremento ha certamente inciso la consistente contrazione degli avviati nell’istruzione, proporzionalmente più rilevante rispetto al complesso della regione, ma anche, in una sorta di “effetto sostituzione”, il maggior ricorso all’apprendistato ed al contratto di inserimento (circa il 46% in più, ma in rapporto ad una contenuta numerosità di contratti) anche nella stessa manifattura, da sempre caratterizzata dall’uso tipico del contratto a tempo indeterminato. In flessione anche il lavoro somministrato, le collaborazioni ed i tirocini, mentre resiste il lavoro intermittente, tipologia contrattuale di relativa diffusione sul territorio. In ogni caso, il contratto più frequentemente applicato ai nuovi inseriti resta sempre il tempo determinato, tipologia che ha ormai ampiamente colonizzato i settori a significativa partecipazione pubblica (istruzione in prima battuta, ma anche sanità ed assistenza sociale), proprio gli ambiti in cui trova collocazione il maggior numero dei giovani laureati. Ma anche per tale forma contrattuale nel 2011 si registra una flessione significativa (-12,9% contro il -7% della Lombardia) coerente con la contrazione dei nuovi inserimenti in tali comparti. Infine, spicca l’incremento degli imprenditori, che traduce una intensificazione di iniziative di auto impiego intraprese dai neolaureti, in particolare dai più “anziani” di essi (ossia laureati del 2008 e 2009), presumibilmente anche a seguito delle difficoltà incontrate nella ricerca di una collocazione professionale adeguata.

Ingegneria, formazione e sanità le carriere più scelte
Nell’arco del quadriennio 2007-2010 i laureati residenti a Bergamo che, a studi completati vanno a costituire l’offerta di lavoro ad alta qualifica, rappresentano una quota in relativo aumento nell’ultimo anno, quando arriva a toccare l’8% (pari a 2.689 giovani) del totale regionale. Si tratta di giovani che, conseguito un titolo universitario, risultano aver ultimato il proprio iter di studio, in quanto non iscritti a nessun altro corso universitario o post universitario in Lombardia.
Gli ambiti in cui l’apporto dei giovani laureati della provincia incide maggiormente rispetto al totale regionale ed è anche significativo per numerosità, coincidono con il blocco ingegneristico, con quello dell’insegnamento e formazione (sia pur, in entrambi i casi, con un costante decremento di laureati lungo l’intero periodo di raffronto) e con il sanitario e paramedico (che, al contrario, aumenta nell’arco del quadriennio in esame). Da notare, nel 2010, anche l’incidenza significativa dell’indirizzo economico, mentre l’indirizzo psicologico, dopo il balzo in avanti dell’anno precedente (quando si era registrato un raddoppio di laureati rispetto al 2007) presenta un incremento più contenuto, sia in termini assoluti che come quota sul totale dei giovani laureati lombardi.

Il bilancio ad un anno dalla laurea
Con riferimento ai laureati bergamaschi del 2010, una fotografia a distanza di 12 mesi dalla laurea mostra come la parte di essi che lavora, con qualsivoglia tipo di contratto, trovi uno sbocco lavorativo in buona misura (71%) entro il sistema economico provinciale, di cui soddisfa largamente la domanda (82%). Si tratta, ad ogni modo, di una domanda di entità non certo sostenuta, considerato che, complessivamente, a distanza di 12 mesi dalla laurea risulta attiva solo poco più della metà (51,7%, pari a 1.390 giovani)) dei laureati bergamaschi 2010, come testimoniato dal possesso di un contratto lavorativo. Va, peraltro, considerato che tale riscontro riguarda solo le possibilità occupazionali in Lombardia (e quindi non rileva l’eventuale sbocco lavorativo extra-regione) e che da esso restano esclusi sia il lavoro autonomo professionale (che, in effetti, risulta essere l’area lavorativa più rilevante che sfugge all’indagine), sia il praticantato. Il dato, quindi, sottostima in certa misura lo sbocco lavorativo dei neolaureati.

Il mercato bergamasco assorbe meno laureati
L’analisi mostra che, nel 2011, nella provincia di Bergamo risultano avviati poco più di 2.660 laureati (triennio 2008-2010), una quota pari all’8% sul corrispondente totale avviato nella regione. Rispetto ai giovani che avevano trovato lavoro sul territorio nel biennio precedente, il loro numero appare in calo, particolarmente in rapporto all’anno prima (-8,5%) e con una dinamica negativa più accentuata di quella regionale (-5,3%). Tra le province lombarde, l’area di Bergamo scivola così, per numerosità di giovani laureati avviati al lavoro, dal secondo posto dell’anno precedente, al quarto. Gli ambiti in cui questi giovani confluiscono in misura proporzionalmente maggiore rispetto alla media lombarda, risultano, in ordine di importanza:
il terziario sociale, al cui interno trova sbocco, nel 2011, ben il 42% dei neolaureati, quasi il doppio rispetto ai servizi alle imprese (23,1%). Da sole, istruzione e sanità raccolgono quasi il 30% dei laureati avviati al lavoro sul territorio di Bergamo (contro il 20,4% della regione), ambiti contraddistinti da una flessione degli inserimenti lungo l’arco del triennio, proporzionalmente più accentuata della media regionale;
la manifattura, che assorbe il 16,1% dei neolaureati (contro l’11,3% della Lombardia), a ribadire l’appartenenza ad un tessuto produttivo locale ancora a forte vocazione manifatturiera. Al suo interno, nel 2011 il settore metalmeccanico arriva ad interessare ben il 65% degli inserimenti di giovani ad alta qualifica che lavorano nel settore, con un continuo aumento lungo il triennio;
il terziario tradizionale (terziario commerciale, dei trasporti e turistico), dove trova lavoro il 14,3% dei giovani laureati (contro il 13,8% della regione). L’evoluzione occupazionale del comparto mostra un andamento diversificato tra i diversi settori. A seguire un trend interamente favorevole è unicamente il commercio all’ingrosso, confermando, almeno in parte, una ripresa delle attività di vendita da parte di imprese di media/grande dimensione (filiali commerciali di aziende multinazionali) e dove l’inserimento di giovani ad alta qualifica fa ben sperare in una ripresa di occupazioni “di qualità”. Al contrario, i laureati che nel 2011 trovano un lavoro nel commercio al dettaglio sono in calo rispetto all’anno precedente, riportandosi sui medesimi valori del 2009, presumibilmente per l’effetto combinato di una contrazione delle vendite (la riduzione del giro d’affari su base annua continua ad essere molto marcata) e di una certa saturazione, in termini di addetti, ormai raggiunta dal settore. Da notare che una quota significativa degli inserimenti (23,6%) si concentra sui laureati negli indirizzi farmaceutici, coerentemente con la moltiplicazione delle farmacie grazie alle liberalizzazioni sopraggiunte in questi anni. Nel settore dell’alloggio e ristorazione l’inserimento dei neolaureati è, nel 2011, leggermente inferiore all’anno prima, ma comunque più sostenuto che non all’inizio del triennio, per quanto si tratti di un’occupazione non sempre di qualità (soprattutto con riferimento ai pubblici esercizi, dove molti giovani lavorano per avere una immediata fonte di reddito, in attesa di trovare un lavoro più adeguato alla propria preparazione). In lieve calo, nell’ultimo anno, anche l’assorbimento dei giovani laureati nell’ambito dei trasporti.
Tra gli altri comparti si segnala il perdurante ristagno degli inserimenti nell’edilizia, settore di tradizionale rilevanza locale per l’alta concentrazione di attività, che risulta ancora fortemente gravato dalla crisi economica ed al cui immobilismo è contemporaneamente ancorato quello delle attività immobiliari. Dall’altro lato, va accennato all’evoluzione favorevole del numero di neolaureati avviati nell’ambito dell’informatica, tanto più se si considera che, diversamente, il comparto dei servizi professionali conosce, nel 2011, un’evidente riduzione di neolaureati complessivamente introdotti.
Quanto agli indirizzi di laurea, in rapporto al quadro complessivo regionale nel 2011, a livello del mercato del lavoro provinciale risultano penalizzate soprattutto alcune lauree spendibili in ambiti a forte partecipazione pubblica, gravati dal blocco del turnover: ciò riguarda, in particolare, l’insegnamento e formazione (che pur vanta una numerosità di inserimenti tra le più elevate) a causa della citata contrazione del settore dell’istruzione.

Meno opportunità per medici e ingegneri gestionali
Sempre in rapporto al dato medio lombardo, nell’ultimo anno emergono le minori opportunità lavorative dei laureati negli indirizzi medici (-32,1% contro un calo del 24,6% della Lombardia) e in ingegneria gestionale (-20,2% contro il calo del 15,0%). Viceversa, tra gli indirizzi più richiesti a livello locale, rispetto alla Lombardia, spicca il blocco delle ingegnerie industriali (+10,2% contro il +2,0% della regione), entro cui il territorio di Bergamo si contraddistingue per l’assorbimento di laureati in ingegneria meccanica. Essi confluiscono principalmente nella manifattura metalmeccanica ed il traino esercitato dalla domanda estera sul settore giustifica l’accresciuta numerosità di giovani laureati avviati nell’arco del triennio. Infine, da segnalare nell’ultimo anno anche un certo incremento degli avviati tra neolaureati nell’ambito delle biotecnologie (oltre il 20% in più, ma su numeri molto bassi), uno sbocco prevalentemente concentrato tra manifattura, istruzione e sanità (una quota del 40% dei casi), effettivamente coerente il titolo di studio.