Malpensata, «il commercio 
non perda il treno»

Malpensata, «il commercio non perda il treno»

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Nonostante l’area sia diventata il parcheggio di interscambio che la città non ha, il ricambio dei residenti e l’immigrazione abbinano frammentato il tessuto sociale e non manchino situazioni di marginalità e problemi di sicurezza, lo spirito del quartiere si respira ancora ed è da qui che è partito il desiderio di rinascita culminato nel progetto di coesione sociale “Abitare una nuova Malpensata”, che coinvolge tutte le realtà presenti sul territorio, dal comitato di quartiere alla parrocchia, alle strutture d’accoglienza (Patronato, Nuovo Albergo Popolare, Caritas e Comunità Ruah), che ha ottenuto dalla Fondazione Cariplo un contributo di 350mila euro in tre anni. Anche i commercianti e artigiani sono chiamati a rendersi protagonisti, ma al momento la prima esperienza di associazionismo stenta a decollare.

L’associazione dei commercianti “Malpensata èvViva” è nata due anni fa ed è stata la promotrice della festa estiva nel parco (lo scorso anno organizzata direttamente, quest’anno affidata alla cooperativa Ruah, ma sempre con l’obiettivo di coinvolgere tutti gli attori del quartiere) e delle luminarie natalizie che hanno collegato visivamente, grazie allo stesso stile, il quartiere al centro. L’Associazione raccoglie una settantina di attività, ma sta vivendo una fase interlocutoria. Il presidente Dario Mascher, titolare del ristorante Bacco Matto in via San Giovanni Bosco, ha già presentato le proprie dimissioni e resta formalmente alla guida in attesa che si definisca il futuro dell’organizzazione.
Dopo soli due anni è già tempo di ripensamenti, cos’è successo?
«Purtroppo la partecipazione dei commercianti non è stata quella sperata. Nonostante le comunicazioni e gli incontri, il gruppo di chi si è messo in gioco è rimasto ristretto. Dopo un po’ le energie finiscono e ci si chiede se valga la pena proseguire».
Che ne sarà dell’associazione?
«Vedremo se all’interno del Progetto di coesione sociale si individueranno nuove modalità di coinvolgimento, di comunicazione, se si riusciranno a trovare nuove risorse, qualcuno che si faccia avanti. In caso contrario non ha senso tenere in vita la struttura, che ha pur sempre dei costi. Chi, tra i commercianti, vorrà continuare a interessarsi al futuro della zona e portare le proprie idee potrà farlo nelle diverse realtà già presenti, dal Comitato di quartiere alla Parrocchia».
Che obiettivi specifici aveva, però, l’associazione?
«Portare avanti il punto di vista dei commercianti in maniera univoca, essere un referente per le altre organizzazioni che operano nel quartiere e costruire insieme le proposte da sviluppare. Evitare la frammentazione ma al tempo stesso rendere evidente il ruolo che i negozi di vicinato hanno in un quartiere, vere e proprie sentinelle del territorio e presidio sociale, che qui ancora resistono, alcuni sono autentiche istituzioni. Su queste basi si sarebbe poi potuto costruire di tutto, anche operazioni più strettamente commerciali come promozioni, tessere fedeltà e così via».
Invece?
«Sembra prevalga lo sport della lamentela. Si preferisce pensare che se le cose vanno male è colpa dei parcheggi o di qualche altro fattore esterno, senza prendersi delle responsabilità. Spendersi per il quartiere magari non avrà effetti immediati per la propria attività, ma di una zona senza siringhe in giro, prostituzione in pieno giorno, facce poco raccomandabili traggono benefici tutti, chi abita, chi lavora, chi possiede immobili e, appunto, anche chi ha un esercizio».
In effetti, la diminuzione dei posti auto è uno dei problemi maggiormente segnalati dai negozi… 
«È vero, la sistemazione di alcune strade ha sottratto spazi alla sosta, ma alla Malpensata non sono i parcheggi che mancano. Il fatto è che sono tutti occupati da mattina a sera dai pendolari. Non solo da chi va in stazione, ma anche da chi si ritrova per condividere l’auto e imboccare l’autostrada, persino chi prende la navetta per Malpensa ha la possibilità di lasciare comodamente e gratuitamente l’auto per più giorni. Il problema non sono gli spazi ma le regole per la sosta. Qualcosa è migliorato con l’introduzione del limite di tre ore in alcune vie, ma la questione si potrà risolvere solo quando la città si doterà di un vero parcheggio di interscambio».
E il mercato? Come vede la presenza dell’appuntamento settimanale?
«È il mercato della città e per gli ambulanti e il Comune ha il suo senso. Ma al quartiere non porta niente se non una mattinata di pieno caos e una nuova collocazione non potrebbe che farci piacere, permettendo tra l’altro di recuperare l’area del piazzale. Lo spirito collaborativo degli ambulanti e del Comune sono stati però ammirevoli quando abbiamo segnalato l’esigenza di avere a disposizione per due lunedì il parco per la festa. È un segnale importante, i presidenti delle due associazioni di categoria hanno sostenuto una scelta non popolare, è stato il riconoscimento che il mercato deve qualcosa al quartiere».
Sul rifacimento del parco si concentrano molte aspettative…
«È stato fatto un bel lavoro di progettazione partecipata con il Comune, guidato da un grande esperto, il paesaggista londinese Peter Fink, capace davvero di aprire orizzonti nuovi. Ci si è interrogati su cosa volevamo che il parco desse al quartiere. A settembre dovrebbero partire i lavori e credo che sarà un passo importante. La Malpensata ha vissuto per anni uno sbilanciamento demografico con l’insediamento di un’alta percentuale di immigrati, recuperare è più difficile ma ci si deve provare. E il quartiere lo sta facendo, il progetto di coesione raccoglie ormai 150 persone, di diverse fasce d’età, estrazione sociale, attività, interessi. È un’importante infrastruttura sociale e sarebbe un peccato che il commercio perdesse l’occasione di farne parte».