La situazione economica provinciale, le dimensioni della crisi e le sue ripercussioni sociali mettono a forte rischio occupazionale un numero considerevole di lavoratori.
Le procedure di riduzione del personale e le riorganizzazioni, che in tanti casi hanno comportato la chiusura di singoli reparti o addirittura di intere aziende, hanno coinvolto alcune imprese medio/grandi e maggiormente significative del territorio bergamasco, con un pesante impatto economico e sociale.
Va evidenziata la fase di grave criticità del sistema delle piccole e medie imprese, più esposte ai diversi fattori della crisi (calo dei consumi interni, restrizione del credito).
La situazione economica del nostro territorio, che già aveva subito la pesante crisi del settore tessile, è ulteriormente aggravata dalla forte crisi che sta coinvolgendo il sistema delle costruzioni, storicamente punto di forza del sistema economico bergamasco.
Si è quindi di fronte ad un notevole cambiamento del nostro sistema produttivo che comporta pesanti riflessi occupazionali.
Il disallineamento tra professionalità richieste e profili professionali disponibili sul territorio si aggiunge ad un pesante squilibrio quantitativo nel mercato del lavoro bergamasco.
Di fronte ad una situazione completamente nuova per una provincia di grande operosità e di grandi realtà imprenditoriali, è indispensabile riposizionare le politiche di sviluppo in grado di promuovere la creazione di nuove imprese e di generare nuova e buona occupazione.
E’ ancor più urgente per le aree territoriali più esposte alla crisi come quelle delle Valli Brembana e Seriana coinvolte da processi di deindustrializzazione.
L’obiettivo deve essere ridurre la disoccupazione, la precarietà, stimolare la domanda, anche sperimentando interventi in aree industriali dismesse.
Questa crisi non è congiunturale, ma strutturale: la domanda ripartirà per alcune imprese e per altre no.
Nostro malgrado, le cose non torneranno più come prima.
Per affrontare il mondo nuovo dopo la crisi bisogna cercare discontinuità con il passato ed individuare nuovi modelli.
A cominciare da una nuova visione del territorio.
Mentre un tempo si diceva che “imprese competitive rendono il territorio competitivo” (logica dei distretti industriali), probabilmente oggi si è competitivi come imprese e come persone se si è inseriti in un territorio competitivo.
Ad esempio l’ambiente, fino a ieri era considerato come un vincolo ed un freno alla crescita d’impresa.
Oggi, con la “Green economy”, può diventare un forte volano di sviluppo sostenibile, capace di coniugare sviluppo e preservazione del territorio per le generazioni future.
Credere nella formazione permanente è l’unica soluzione per competere, visto che siamo in condizioni di forte svantaggio dal lato del costo del lavoro, delle dotazioni infrastrutturali e della dimensione media di impresa.
La lettura delle competenze manageriali e territoriali deve essere continua per generare formazione e trasferimento di conoscenza.
Le linee strategiche europee per l’Economia della Conoscenza, nell’agenda Europa 2020, definiscono un nuovo modello di crescita intelligente, di coesione sociale e di sostenibilità.
In questo paradigma il capitale intellettuale di impresa e territorio, rappresenta l’elemento centrale per lo sviluppo di quelli che oggi si definiscono sistemi di intelligenza collettiva.
Il futuro è legato alla capacità di utilizzare la conoscenza che le comunità posseggono nel presente, e che le stesse comunità continueranno a costruire per le successive generazioni.
L’unica risposta è l’innovazione, che non vuol dire produrre le stesse cose a minor prezzo, perché così inevitabilmente perderemmo, ma fare quello che non è stato fatto nel passato.
Nuove tecnologie, nuovi materiali possono rivivificare anche i settori più tradizionali.
Cose nuove e vincenti. Inutile soffermarsi sulle produzioni già sperimentate perché su quel terreno non ci sarà competizione possibile con i Paesi emergenti.
Cosa questi Paesi non hanno?
Non hanno le nostre Università, la storia delle nostre Università.
Questo è il nostro vantaggio da sfruttare.
Il futuro del nostro territorio deve puntare sulla conoscenza ed è quindi fondamentale il potenziamento del rapporto fra Università e imprese promuovendo processi di innovazione e ricerca
determinanti per lo sviluppo dell’economia territoriale.
Si deve investire sulla qualità delle risorse umane, sulla qualità della cultura e della formazione permanente, affinché le imprese possano divenire maggiormente competitive e possano promuovere processi di innovazione e sviluppo anche attraverso la valorizzazione delle risorse del territorio.
E’ necessario analizzare il ruolo delle politiche industriali in un’economia più aperta e globalizzata. La chiave di lettura è quella del rapporto tra locale e globale: anche le reti locali di impresa possono essere strumento di crescita delle economie e di diffusione delle conoscenze se si rappresentassero in modo efficace ed equilibrato dentro le reti globali di impresa.
La crisi può essere una opportunità, ma perché lo diventi, è necessario guardare avanti, spingere lo sguardo oltre la crisi.
Giuliano Capetti
Assessore provinciale alla Viabilità e Trasporti,
Istruzione, Formazione e Lavoro