Montichiari, inutile affidarsi alle scorciatoie politiche

Montichiari, inutile affidarsi alle scorciatoie politiche

image_pdfEsporta in PDFimage_printStampa

Montichiari aeroportoPrima di dare per persa definitivamente la partita per la gestione dell’aeroporto di Montichiari devono essere fatti passi più concreti della sorprendente lettera di intenti con cui Venezia, Verona e Brescia hanno concordato di dare vita ad una partnership finalizzata alla gestione dello scalo. E tuttavia, sarà il caso di cominciare a preoccuparsi perché ostentare eccessive sicurezze di fronte ad interlocutori che non disdegnano la spregiudicatezza, in un Paese abituato a digerir di tutto, rischia di condurre ad amare delusioni. Stupisce, ad essere sinceri, che dalle parti di Sacbo ci sia chi ancora fa affidamento sul ruolo che potrebbe giocare l’Enac e in particolare il suo presidente Vito Riggio, un burosauro sopravvissuto alla Prima Repubblica la cui credibilità è già stata messa a dura prova più volte in passato. Affidarsi a quel che ha detto solo un paio di settimane fa, quando ha partecipato all’inaugurazione della nuova ala dello scalo orobico, e cioè che Bergamo e Verona (controllata da Venezia) devono tornare a trattare per trovare un accordo, era nulla più che un auspicio. Per nulla reso più forte dalla minaccia (da pistola ad acqua) di intervenire “legislativamente” (ma quando mai?). Quanto sia ascoltato Riggio lo vediamo ora, con l’arrembante presidente della Save veneziana, Enrico Marchi, che va avanti per la sua strada, sempre border line anche rispetto alle regole. Perché bisognerà pur ricordare – anche se la materia è complessa e non di semplice comprensione per i non addetti ai lavori – che il suddetto si è “impadronito” prima della società di gestione dell’aeroporto di Treviso e poi quella più importante di Verona (la famosa Catullo) facendo ricorso a spericolati aumenti di capitale che hanno eluso o aggirato, secondo autorevoli giuristi, la procedura che avrebbe dovuto essere adottata a garanzia di tutti: la gara europea. Su questo, per esempio, avrebbe dovuto vigilare l’Enac dell’ex andreottiano Riggio. Ma non c’era, e se c’era stava guardando altrove. Capite bene che dopo aver consentito a Venezia di mettere le mani su Verona (che, fino a diverso avviso del Consiglio di Stato, ha la concessione per gestire Montichiari) risulta risibile ora l’idea che possa in qualche modo limare le unghie a Marchi. Tantomeno ha senso invocare un ruolo da paciere o, peggio, da arbitro. Poiché si sta parlando di società per azioni, per quanto legate ad affidamenti che vengono dall’alto, forse converrà abbandonare illusorie scorciatoie affidate alla politica o a suoi succedanei. Bisogna tornare alle logiche del mercato, che del resto ai vertici di Sacbo conoscono molto bene. Orio ha mezzi, know how, potenzialità per giocarsi la partita a viso aperto. Magari anche ammettendo, come capita a chiunque, di aver commesso qualche errore tattico (anche solo verbale). Proprio perché Marchi ha uno spiccato senso degli affari, non gli sfugge che Montichiari può tentare davvero la via del decollo solo se si affida a mani esperte come quelle bergamasche e non certo ai bresciani che finora han solo combinato disastri. Fatto salvo che in ciascuno c’è un tasso di masochismo che a volte spinge a farsi del male per puro dispetto, una intesa tra Bergamo e Venezia sta scritta nelle cose. Ma, è il caso di dire, non scende dal cielo. Probabilmente va valutata una diversa strategia o altri, ma più credibili, interlocutori. Nella consapevolezza che Orio sta continuando a crescere a ritmi vertiginosi e di tempo per individuare sbocchi per lo sviluppo futuro non ce n’è più molto.

image_pdfEsporta in PDFimage_printStampa