In questi giorni, su Facebook, i commenti pensosi riguardano soprattutto la povera ragazza romana, strangolata e bruciata dal suo ex fidanzato. Una storia terribile, che, comprensibilmente, ha suscitato raccapriccio e sdegno in quel vasto e variegato mondo che forma l’esercito degli editorialisti inediti. In linea di massima, i commenti si dividono, piuttosto equamente tra chi si augura che l’assassino rimanga in carcere vita natural durante, con annesso lancio delle chiavi della cella, e chi se la prende con i due automobilisti cui la povera ragazza avrebbe chiesto, inutilmente, aiuto, prima di venire uccisa. Premesso che non ho la minima idea del contesto in cui è maturato questo ennesimo, spaventoso, delitto, vorrei fare un paio di considerazioni delle mie sulla reazione del popolo della rete. La prima è riferita a quelli che auspicano un ergastolo effettivo per il truce omicida: scordatevelo. E ve lo dovete scordare perché, in questo buffo e triste Paese, quelli che, come voi, protestano animatamente per i femminicidi, per solito, sono gli stessi che ritengono che il carcere sia diseducativo, che hanno partorito le varie leggi Gozzini, che stanno sempre dalla parte di quel Caino che nessuno dovrebbe toccare. Ecco, questo signore, che ha strozzato e bruciato la propria ex fidanzata, una ragazza di ventidue anni, è Caino: pochi meglio di lui potrebbero interpretare il ruolo del segnato da Dio, che ha ammazzato il fratello per futili motivi.
E, dunque, a questi signori del dolore, a queste vestali della comprensione, non posso che dire: volevate Caino? Eccolo qua. Guardatelo bene in faccia: è uno qualunque, che, per la fine di un rapporto che, evidentemente, non sapeva accettare, ha ucciso la ragazza di cui era innamorato e l’ha bruciata. E’ questo, Caino: non ha la faccia bieca degli aguzzini delle SS. Nessuno deve toccarlo? Benissimo: poi, però, non ci menate il torrone con la violenza sulle donne, perché, probabilmente, un assassino ucciderà comunque, ma, senza qualche forma di deterrente, lo farà sicuramente più a cuor leggero. E voi, gente da botte piena e moglie ubriaca, accettate, una buona volta, il prezzo delle vostre corbellerie buoniste: il male esiste e non si sradica con le chiacchiere. Se un omicida, che è fondamentalmente un vigliacco, sa che, se lo beccano, marcirà per sempre in una galera, almeno un pensierino in più sulla convenienza di uccidere state certi che lo farà. Quanto al riflettere sulla valenza morale dell’omicidio: cosa volete che rifletta uno così? C’è una sola cosa che questo genere di persone arriva a capire: il caso in cui non gli conviene sgarrare. E, sapendo che certamente non la pagherà cara, sgarrerà più sereno. Quanto, poi, ai commentatori che se la prendono con quelli che non si sono fermati e che, a dir loro, dovranno portarne in eterno il rimorso sulla coscienza, rispondo facile facile: sicuri che voi vi sareste fermati? Alle tre e mezzo di notte, vi sareste fermati per far salire in auto una ragazza sconosciuta che domanda aiuto: non avreste, per caso, pensato al solito trucco per derubarvi, oppure al fatto che qualcuno avrebbe potuto prendersela con voi, magari sparandovi?
Perché non viviamo precisamente in tempi rassicuranti: io, che normalmente mi fido del prossimo e non sono precisamente uno che si tiri indietro, sono stato derubato alle cinque del pomeriggio, in via Gavazzeni, da una ragazzotta armata di coltello, che mi aveva chiesto un passaggio al ponte di Boccaleone. Poca roba, cinquantamila lire, e lei era evidentemente una tossica: avrei potuto darle due pappine, ma ho preferito darle i soldi. Fatto si è che, a concedere un passaggio, che vi piaccia o no, cari i miei figli dei fiori, si rischia: immagino che, alle tre del mattino, questo pensierino possa pure sfiorarvi. Dunque, come la mettiamo? Tutti eroi voialtri leoni da tastiera? Tutti pronti a rischiare chiappe, denaro ed automobile per scendere in lizza, come un cavaliere antico, a difesa della donzella in pericolo? Ma non fatemi ridere: piagnucolosa banda di pacifisti da tinello. C’è un solo modo per limitare i danni: e quel modo si chiama, che vi piaccia o meno, repressione. E’ un circolo vizioso: insicurezza, paura, impunità, sfacciataggine. Bisognerebbe invertirlo e renderlo virtuoso: sicurezza, tranquillità, certezza della pena, prudenza. Lo so che parlo ai muri e che nessuno mai penserebbe di collegare due cose tanto, apparentemente, distanti, come questo dramma d’amore malato e la sicurezza dei cittadini. Eppure, forse, in un altro contesto civile, quegli automobilisti si sarebbero fermatevi. Pensateci.