Legge di bilancio, una manovra che non brilla per coraggio

Legge di bilancio, una manovra che non brilla per coraggio

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Cambiamenti ma senza rottura con il passato in un provvedimento che appare ai più come la solita legge con un articolo e mille commi

La legge di bilancio 2023 stata un’occasione mancata. Per il nuovo Governo per dare un messaggio di novità in linea con il programma elettorale e di creare una discontinuità rispetto alla politica dei precedenti Esecutivi. Mentre Draghi aveva costruito l’obiettivo del suo Governo sulla disponibilità dei fondi del PNRR e quindi sulla necessità di accelerare nelle riforme, il premier Meloni si è dibattuta nell’incombenza di tenere unita la nuova maggioranza e di rendere sostenibile l’azione politica desiderata, problema costante nel passaggio dall’opposizione alla maggioranza di Governo. Il risultato è che l’ultima legge di Bilancio è apparsa ai più come un minestrone già riscaldato molte volte.

Il nuovo Esecutivo ha due grandi attenuanti di non poco conto: l’insediamento nei mesi autunnali che l’ha costretto ad un “tour de force” per evitare l’esercizio provvisorio e la confermata “coperta corta” in un clima di gelida emergenza.

Non solo. Come già avvenuto per i precedenti Governi insediati dopo un rovescio elettorale, in particolare quello giallo verde di cinque anni fa, è mancato tempo per creare nel gruppo di maggioranza quel sistema di competenze necessarie a tradurre in riforme perseguibili i programmi elettorali.

L’ultima clamorosa questione dell’accusa ai benzinai di speculazione sui prezzi della benzina dimostra la cattiva conoscenza del Governo sulle modalità di formazione dei prezzi dei carburanti.

La questione della sanzione per i mancati incassi con pagamento elettronico, annunciata per settimane che sembrava alla rappresentanza un modo nuovo e meno ideologico di affrontare la questione dei pagamenti, è presto rientrata nel nulla di fatto e sparita dai “radar” del Governo.

Alla fine si è in parte osato su certi temi comunque delicati ma senza esagerare: come per la questione del reddito di cittadinanza che per mesi è stato attaccato come elemento nocivo per il lavoro e poi è stato oggetto di un semplice “maquillage” che non ne cambia la natura e nemmeno la sostanza.

Oppure ancora per i voucher del lavoro occasionale, tanto richiesti da imprenditori e familiari che devono gestire punte di lavoro o lavoro occasionale; la legge  ha ampliato la platea dei fruitori e raddoppiato l’importo per beneficiari ma senza spingersi fino al ribaltamento del decreto Gentiloni che nel 2017 ne sancì l’abrogazione.

Infine la quota “103” per la pensione, che sembra la striscia della quota “102” di un anno fa, sempre nella speranza che non prosegua troppo per i malcapitati lavoratori precoci e che risulta ai più troppo poco coraggiosa rispetto alla famosa quota 100 del decreto di quattro anni, che costituì il reale elemento di “rottura” della Legge “Fornero” e dei rapporti con il direttore generale INPS da parte della Lega.

In mezzo poi tante cose, molte di buon senso e apprezzabili ma nessuna in grado di offrire una soluzione diversa ad un problema già noto. Insomma se formalmente è la solita Legge di Bilancio, con un solo articolo ma quasi mille commi, ci è sembrato che non sia emersa una visione del futuro e soprattutto che sia mancato il coraggio.

Da un Governo che ha i numeri per governare ci aspettiamo di più.