La paura per il vaccino AstraZeneca è l’alibi perfetto per la politica. Sarebbe meglio parlare meno e agire di più

La paura per il vaccino AstraZeneca è l’alibi perfetto per la politica. Sarebbe meglio parlare meno e agire di più

Mentre si discute se il siero sia sicuro la campagna vaccinale prosegue a singhiozzo e in ritardo rispetto ai proclami trionfalistici di Regione Lombardia e Ministero della Salute.

La paura per il vaccino AstraZeneca è l’alibi perfetto per la politica italiana. Mentre si discute se il siero sia sicuro, alcune cose ci balzano all’occhio. La prima è che la campagna vaccinale prosegue a singhiozzo e in ritardo rispetto ai proclami trionfalistici di Regione Lombardia e Ministero della Salute.

Tutti vaccinati entro giugno, no entro luglio. Ci accontenteremmo di molto meno ma con più certezza. Gli inconvenienti possono succedere, come il fermo di AstraZeneca, perché con la salute non si scherza. Gli errori, molti, commessi invece dalla macchina organizzativa andrebbero limitati. Forse sarebbe meglio parlare meno e agire molto di più.

L’altro aspetto su cui riflettere è che anche nella campagna vaccinale l’ideologia la fa da padrona. Dietro l’alibi di non togliere il vaccino “ai fragili” per riservarli ai “ricchi”, che poi dopo questa pandemia tanto ricchi non sono, si nascondono pregiudizi e culture ottocentesche.

Si vaccina prima il personale delle scuole perché la scuola è un’istituzione ed è importante che riprenda il prima possibile. Peccato che gli studenti siano a casa da qualche settimana e forse che non torneranno nemmeno più a scuola quest’anno. I professori, senza studenti, possono lavorare a un chilometro di distanza l’uno dall’altro. La cosa più imbarazzante è che della scuola si vaccinano tutti, proprio tutti, anche il personale amministrativo e non docente, alcuni a casa in smart working da mesi.

In piena terza ondata non sarebbe meglio vaccinare il personale dei negozi che giornalmente affrontano la pandemia in prima linea? Commesse, cassiere, banconieri, magazzinieri, gente umile, né ricchi né “padroni”. Persone che lavorano tutto il giorno a contatto con il pubblico e che la sera tornano a casa dai propri familiari.

Forse li si ritiene non fragili perché per malattia si assentano di rado.

 

Dino l’acidino