Classico, mandorlato, farcito, con o senza canditi, il panettone è il re incontrastato di tutti i pranzi natalizi. Sono sempre di più i bergamaschi che ai prodotti industriali venduti nei supermercati preferiscono la freschezza di un dolce artigianale. E non a torto. Pasticceri e fornai prestano una cura certosina nella scelta di ingredienti di qualità come conferma Roberto Capello, presidente della Federazione Italiana Panificatori e dell’Unione Regionale Panificatori della Lombardia, per 21 anni a capo dei panificatori bergamaschi Aspan: “Il panettone è tutelato dal 2005 da un disciplinare che ne specifica gli ingredienti e le percentuali minime. Quello artigianale viene prodotto all’inizio di dicembre perché non ha conservanti, quindi si conserva per circa un mese. È un processo di produzione lungo e complesso che richiede metodo rigoroso, materie prime di qualità e farcitura di ottima fattura. Il panettone dev’essere ricordato in bocca e nella testa, non nello stomaco”.
“Le grosse aziende producono panettoni di qualità inferiore per giustificare il prezzo, pur rimanendo nel valore minimo stabilito dal disciplinare. Questo ha reso ancora più buono il panettone artigiano – spiega Capello – Il gastronomo Davide Paolini dice che il panettone andrebbe mangiato in tutte le stagioni, cambiando la farcitura con creme e canditi differenti: agrumi in inverno, ananas e frutti di bosco in estate”.
Secondo il presidente italiano panificatori, questo tipico dolce natalizio dovrebbe essere appannaggio del panettiere, vista la tradizione di prodotto lievitato. Eppure quasi tutti pasticceri orobici si sono sbizzarriti nella loro personale ricetta. “Spesso c’è la tendenza a portare l’industria in pasticceria – afferma Dario Soldo della pasticceria Morlacchi di Zanica – Noi al contrario per l’impasto non utilizziamo un mix di farine già pronte, ma esclusivamente il lievito madre e la farina con il marchio Integralbianco del Molino Varvello, ricca di benefici, certificata dall’Istituto Veronesi. Il panettone contiene parecchio burro e con le basse temperature si indurisce, va quindi conservato in una credenza, a una temperatura di 28 gradi. Tra le novità di quest’anno abbiamo: il panettone strudel con mele, uvetta, pinoli e cannella; alle pere e cioccolato; con le albicocche candite”.
Sì all’abbinamento con mascarpone, panne o creme, purché ponderato, in modo da esaltare il gusto del panettone senza coprirlo, come raccomanda Vittorio Fusari, chef di Balzer: “Io consiglio una crema pasticcera con arance di agricoltura biologica con poco zucchero. Attenzione anche ai canditi. Spesso la gente li toglie perché sono gomme immangiabili. Noi invece puntiamo su una selezione di frutti, senza mai andare a inficiare la ricetta tradizionale. Oltre ad arancia e cedro, aggiungiamo il limone, agrume importante dal punto di vista nutrizionale e digestivo: il suo gusto aspro bilancia la dolcezza. L’uvetta passa viene invece rinvenuta nel Moscato di Scanzo”. Anche pasticceria Sant’Anna lo scorso anno ha puntato su un panettone aromatizzato con il vino dolce. Quest’anno, invece, torna in voga la tradizione: “Tra i nostri fiori all’occhiello c’è il mandorlato che è basso per distinguerlo da quello industriale che è più lievitato – spiega Darwin Foglieni – Usiamo canditi classici oppure albicocche o fragoline di bosco, da gustare con una crema pasticcera”. Ma come riconoscere un buon panettone? Ce lo spiega Riccardo Schiavi, quarta generazione alla guida de La Pasqualina: “Prima di acquistarlo è fondamentale saper leggere il foglio degli ingredienti. Oggi va molto di moda la parola “lievito madre”, ma bisogna capire se è ‘vivo’ o ‘in polvere’. Il primo, infatti, ha bisogno di cure che impegnano l’artigiano circa mezz’ora al giorno e, grazie a queste attenzioni, garantisce leggerezza e digeribilità. Quello in polvere, invece, è un preparato industriale. Da controllare anche la presenza di monodigliceridi, conservanti, non salubri, e l’utilizzo di aromi. Aromatizzare un panettone con la vaniglia naturale che costa 600 euro al chilo o con un aroma chimico da 10 euro al chilo fa davvero la differenza. C’è poi la masticabilità: se non è troppo “ciccoso” in bocca, se prendendo la pasta sfiocca bene fino in fondo e se, dal panettone, esce un profumo di burro, vaniglia e agrumi, allora avrete acquistato un buon prodotto. Ma la prova più importante da superare resta quella con il vostro stomaco. Dopo aver ascoltato i consigli di amici, pasticceri più o meno importanti e aver imparato a leggere bene le etichette, infatti, sarà sempre lui a rivelarvi se avete fatto la scelta giusta”.