A Bergamo l’impresa è meno rosa che nella media italiana. Nella classifica sul tasso di “femminilizzazione” delle imprese, ovvero la percentuale delle imprese guidate da donne sul totale, la nostra provincia si colloca nei bassifondi, in compagnia, per altro, delle cugine lombarde. A mostrarlo è l’Osservatorio per l’imprenditoria femminile di Unioncamere e InfoCamere, sulla base dei dati del primo trimestre 2015.
Con 18.381 imprese femminili su uno stock di 95.531, pari al 19,24%, la Bergamasca è 93esima su 105 province, con un indice al di sotto della media nazionale (pari al 21,55%, ovvero 1.295.942 imprese su 6.013.167), ma superiore a quello lombardo (18,20%). A guidare la graduatoria sono Benevento, Avellino, con un 30% di imprese femminili, seguite da Chieti, Campobasso, Frosinone, Isernia. Le donne imprenditrici sono, in generale, più presenti nelle regioni del centro e del sud, prima che al nord, dove non solo il numero totale delle imprese è più alto, ma le dimensioni aziendali sono differenti.
Non a caso fanalino di coda è Milano, con quasi 60mila imprese femminili su 362mila, ovvero un indice di femminilizzazione del 16,48%, e la classifica muta se si prendono in considerazione solo le aziende artigianali. In questo caso Bergamo guadagna 10 posizioni, piazzandosi 83esima, e Milano diventa 65esima.
A livello lombardo nella classifica generale è Sondrio la più rosa (40esimo posto con un tasso del 23,31%), seguono Pavia (71esima), Mantova (85), Cremona (88), Brescia (89), Bergamo (93), Lecco (98), Lodi (99), Como (100), Monza e Brianza (104) e, come detto, Milano (105).
L’analisi per settori a livello nazionale dice che è alla voce “altre attività di servizi per la persona” che le imprenditrici sono più presenti (58,63%), a seguire l’assistenza sociale non residenziale (56,88%), la confezione di articoli di abbigliamento (42,59%), i servizi di assistenza sociale residenziale (40,06%) e le agenzie di viaggio (37,42%).
Se poi si guarda all’apporto delle donne all’interno del mondo artigiano (nel quale le 214.815 imprese artigiane a guida femminile rappresentano quasi il 16% del totale imprese artigiane esistenti) si accentua l’apporto, in diversi casi davvero sostanziale, ad alcuni dei settori di punta del made in Italy.
Infatti, l’incidenza dell’imprenditoria artigiana femminile, oltre ad essere determinante nelle altre attività dei servizi alla persona (64,17%), nelle attività creative, artistiche e di intrattenimento (50,46%), nei servizi di informazione (45,97%), diventa addirittura maggioritaria nella confezione di articoli di abbigliamento (55,94%), e assume un notevole peso specifico nel tessile (dove la componente femminile incide sul totale degli artigiani per il 42,30%), con punte del 50% di imprenditrici impegnate nell’arte del finissaggio dei tessuti, del 47% nel confezionamento di articoli di biancheria per la casa, del 57% nella fabbricazione di altri materiali tessili (quali nastri e passamanerie) e del 42,3% nella realizzazione di tulle, pizzi e ricami. Importante, inoltre, l’apporto femminile all’artigianato legato alla fabbricazione di bigiotteria (52,89%), alle lavorazioni in ceramica e porcellana (42,41%) alla fabbricazione di articoli in pelle (31,09%) ed all’alimentare (25,32%).