Ma siamo davvero quel popolo di idioti che vediamo nelle pubblicità?

Ma siamo davvero quel popolo di idioti che vediamo nelle pubblicità?

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raffreddore influenzaC’è la frutta di stagione, ci sono le tessere stagionali per gli impianti di risalita e ci sono pure le pubblicità che vengono riproposte a seconda del periodo dell’anno. Quando Orione, declinando, imperversa, ossia quando fa freddo e la gente si mette sciarpe e berrette, nelle agenzie pubblicitarie è tutto un fervere di attività: già dalle prime avvisaglie di maltempo, un esercito di creativi ha cominciato a scervellarsi sull’idea con cui battere la concorrenza. Obbiettivo: rifilare a qualche milione di Italiani, gonzi quanto basta, medicamenti e cataplasmi, effervescenze e capsule contro i malanni di stagione. I quali malanni di stagione, il più delle volte, se ne strafregano della dura fatica di chimici e biologi, e fanno il loro corso, secondo natura, come accade da millenni. Perché, nove volte su dieci, contro raffreddori e virus influenzali, non c’è Dulcamara che tenga: ti metti a letto, tossisci, tiri con il naso o, nei casi più sfortunati, fai un po’ di cacchina molle e, dopo tre o quattro giorni, torni a respirare, a dormire e, se non sei un fanigottone impenitente o un politico, anche a lavorare.

Invece, alla televisione, te la raccontano parecchio diversa: va da sé che semplici palliativi vengano presentati come miracolosi rimedi per raffreddori, tossi ed influenze (furbescamente, di solito, si parla di “sintomi influenzali”, per non essere censurati come emeriti cacciaballe, dato che non si tratta di specifici contro l’influenza, che non esistono), ma il modo in cui l’intera faccenda viene descritta credo meriti un’analisi a parte. La scenetta, comunemente, si apre con qualche tranche de vie di persone apparentemente normalissime: la maestrina bruttina, il giovanottone un po’ sfigato, la donna intelligente che deve andare a teatro, la moglie-mamma tutta famiglia e Lancia Y e così via. Questo selezionato campionario di umanità, a causa del maltempo (nonostante l’aridità da Marmarica di questo scorcio d’inverno, negli spot piove sempre a catinelle) e di un destino ingrato, che si accanisce sui migliori, incappa appunto nel sopracitato “malanno di stagione”: e qui inizia la metamorfosi. La maestrina bruttina si trasforma in una specie di cadavere, in cui le uniche macchie di colore sono il violaceo delle occhiaie e il rosso carnicino delle narici, in un volto del colore del taleggio. Il giovanottone, parla come De Mita: dice “Zono un bo’ ravvreddado e vorze ho anghe un bo’ di vebbre…!”.

La donna intelligente, si spezza, ma non si piega, e, agonizzante e con un tempo da lupi, va al bar e ordina acqua calda, in cui sciogliere il preparato salvifico che si porta sempre in tasca: il barista, anziché mandarla al diavolo, come di solito avviene, le porge, premuroso la tazza fumante. La moglie-mamma, ma anche la fidanzata, l’emancipata, la single vestita come Sbirulino, si accoccolano sul divano in posizione fetale, sbarbellando per la febbre, con addosso un vasto repertorio di sciarpe, scialli, calzettoni vichinghi e berrettoni.

Non si capisce perché le dame non vadano a letto e non si mettano sotto le coperte, evitando tutto il complicato armamentario, ma tant’è: evidentemente, i nostri creativi ritengono che le donne italiane siano tutte delle perfette idiote come le protagoniste dei loro video. Lo Schwerpunkt di tutta la situazione è rappresentato dall’assunzione del prodigioso farmaco: una bustina, un bicchierotto, una pastiglietta e la vita torna a pulsare, prepotente.  Il concetto è che, se butti giù la pasticca, tornerai in un momento più bello e più superbo che pria: il cesso torna in cattedra sorridente e pieno di energia, il decerebrato può dedicarsi al suo corso di cucina con profitto e sfornare una specie di vescica sgonfia, che vorrebbe essere un soufflé , la donna colta può andare serenamente ad addormentarsi guardando l’ultima boiata di Dario Fo senza russare per il naso chiuso, e la moglie-fidanzata-single può sostituire la montura da divano con quella da spesa al supermercato, ossia sciarpa, basco fatto a maglia e cappottino color zuccabarucca, ed uscirsene tutta contenta.

Ora, io comprendo benissimo le ragioni delle aziende farmaceutiche, per cui la brutta stagione rappresenta un picco di vendite irrinunciabile: ciò che mi sconcerta è la desolante assenza di fantasia dei pubblicitari. Un po’come il nostro presidente del Consiglio, descrivono un’Italia che non esiste: una specie di Arcadia popolata da idioti cinguettanti, con ombrelli scozzesi e completini indecenti, che si rapportano tra loro con dialoghi che sembrano scritti da Aldo, Giovanni e Giacomo, ma che, a differenza dell’originale, vorrebbero essere realistici. Un Paese di imbecilli e di mammalucchi che non hanno niente da fare, se non tribolare su dei divani con un termometro in bocca: ma chi è che si mette un termometro in bocca, vivaddio? Oppure, il che è ancora più inquietante, il Paese reale è quello lì: i creativi hanno centrato il bersaglio, e gli Italiani si riconoscono davvero nella maestrina, nel bellimbusto e nella radicaloide inteatrata. Orione imperversa e le farmacie prosperano. Comincio a sentire anch’io qualche brividino e mi gira un tantinello la testa: divano, arrivo! Dove sarà la sciarpa della nonna Gilda?

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