Il baldanzoso Renzi non scordi la lezione di Craxi

Matteo Renzi
Matteo Renzi

Povero Matteo Renzi. Voleva inaugurare l’anno mettendo il cappello sulla fiammante Ferrari al suo debutto in Borsa. E invece, ha tenuto a battesimo una settimana semplicemente disastrosa per il mercato azionario, mondiale e nazionale. Fino a far sorgere un pernicioso dubbio: vuoi vedere che a furia di parlare e straparlare di gufi e civette si sta trasformando a sua volta in un uccello del malaugurio? Quasi un “chi la fa, l’aspetti”, se non fosse che si sta parlando di materia stramaledettamente seria, con milioni e milioni di euro di risparmi che vanno in fumo da un giorno all’altro a causa di un’economia mondiale piena di guai e soprattutto insensibile ai retorici e autoreferenziali motti di ottimismo ad uso propagandistico.

Fossimo in Renzi, così attento ai segnali, diciamo così, empirici, non trascureremmo il campanello d’allarme che sta suonando in questi giorni sul fronte economico. Per il premier il 2016 sarà un anno assai complicato. Senza dar retta agli esperti di oroscopi che leggono nei pianeti una difficile congiuntura per il Giovin Signore di Firenze, i prossimi dodici mesi sono ricchi di passaggi che metteranno a dura prova l’esuberanza del presidente del Consiglio. Già a fine gennaio arriverà al pettine il nodo del riconoscimento delle unioni civili e bisognerà fare i conti con il fuoco di sbarramento di Alfano, a capo di un partito al limite dell’insignificanza politica ma assai abile nel far valere il manipolo di voti rappresentati in Parlamento.

Ma la vera sfida dell’anno è quella delle elezioni amministrative. Si vota in grandi città come Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli. Il Pd di Renzi non si presenta in condizioni smaglianti anche se il segretario premier, non a caso soprannominato il Bomba, fa sempre sfoggio di sicurezza. Nella Capitale si preannuncia una batosta di dimensioni epocali, a vantaggio dei grillini, giusta condanna per chi ha dimostrato un dilettantismo assoluto nel gestire la pratica Ignazio Marino. A Torino il sindaco uscente Piero Fassino è alle prese con una violenta spaccatura a sinistra e, rispetto a cinque anni fa, dovrà cercare di sfangarla al ballottaggio, stando attento a non farsi infilare dall’intraprendente candidata del Movimento 5 Stelle, Chiara Appendino, dai sondaggi ufficiosi accreditata come possibile clamorosa sorpresa. A Napoli, perfino un Masaniello tutto “ammuina” come Luigi de Magistris è in condizione di poter essere riconfermato rispetto al deserto di un Pd che per avere qualche velleità di competizione deve subire, perché Renzi non lo vuole (specie dopo aver suo malgrado accettato Vincenzo De Luca alla Regione Campania), il ritorno in scena di un vecchio cacicco come Antonio Bassolino.

Per consolarsi il segretario democratico deve guardare a Bologna (ma sai che sforzo…) e, soprattutto, a Milano. Dove, tuttavia, le chance di vittoria sono affidate ad una figura come quella di Giuseppe Sala, un manager che, sostenuto da salotti e giornaloni, si è improvvisamente scoperto “uomo di sinistra” pur avendo una storia professionale e una cultura (basta sentirlo parlare) da moderato. Per mantenere la poltrona oggi di Giuliano Pisapia, insomma, sta per andare in scena il più classico dei matrimoni d’interesse. Che certifica, ammesso che sia bagnato dal successo, una solare sconfitta politica per il Pd, certificando l’incapacità di trovare al proprio interno una figura all’altezza della sfida. Di questo un segretario di partito dovrebbe preoccuparsi, e tanto più lo dovrebbe fare Renzi che è tanto forte al centro quanto debole nei territori.

La baldanza del premier rischia di uscire ridimensionata in caso di sconfitta a Roma, Napoli e, come detto, a Torino. Ed è proprio per questo che il Bomba ha spostato tutte le sue attenzioni sul referendum confermativo sulle riforme costituzionali che si terrà in autunno. Renzi conta su due fattori: l’assenza di un quorum e la voglia di sbaraccare tutto degli italiani (il ridimensionamento del Senato, altra cosa comunque dall’abolizione tout court, va in questo senso). Ma basterà? Ricordiamoci del precedente infausto per Berlusconi e la sua Devolution, che pure era una riforma molto più avanzata di quella renziana. Gli italiani la rispedirono al mittente. E non trascuriamo l’effetto di trascinamento che potrebbero giocare le elezioni amministrative.
Renzi potrebbe arrivare all’appuntamento con il fiato corto. Soprattutto se continuerà, come sta facendo da qualche settimana a questa parte, ad inseguire le questioni rifugiandosi nelle rodomontate dialettiche anziché gestire i dossier con la serena pacatezza dell’uomo di governo.
Come già sulla Buona scuola lo scorso anno, ora il premier deve stare attento a non giocarsi la fiducia degli italiani sulla gestione dei fallimenti delle banche. Servono comportamenti lineari e scelte trasparenti. E basta svillaneggiare i critici o gli oppositori. Anche la buonanima di Bettino Craxi a suo tempo minacciava le vecchie volpi che non lo assecondavano di farle finire in pellicceria. Ma alla resa dei conti in disgrazia ci finì lui prima degli altri…