Soppiantati da varietà più moderne, sacrificati sull’altare dell’aumento della produttività per le esigenze dell’agro-industria e per la ricerca delle migliori caratteristiche reologiche per l’industria del pane e della pasta, i grani antichi tornano nei campi italiani, che dagli anni Settanta ad oggi hanno perso oltre duecento popolazioni di frumento tradizionali.
Anche in Bergamasca si stanno ripiantando i grani dei nostri nonni, dal farro monococco alle varietà create, in piena battaglia autarchica del grano, dal grande genetista marchigiano Nazareno Strampelli negli anni Trenta e Quaranta.
Ad Astino
Nella Valle della Biodiversità, sezione di Astino dell’Orto Botanico di Bergamo, sono spuntate le prime spighe. In campo 22 varietà fornite dal Cra di Sant’Angelo Lodigiano raccontano la storia dell’addomesticazione del frumento: dall’Aegilops Tauschi, varietà selvatica progenitrice del frumento tenero e del farro grande, al Triticum Turgidum, al progenitore selvatico del Triticum monococcum, con spiga lunga e che si rompe a maturità, per citarne alcune.
In campo anche il Grano Khorasan originario dell’Iran, il Triticum Timopheevii, sottospecie selvatica tuttora esistente in Turchia, Iran e Iraq, lo Zhukovskyi, ancora presente nelle regioni del Caucaso. Al farro medio più coltivato in Italia, si affiancano il farro grande spelta e il farro piccolo monococco, nelle varietà Monlis e Monarca. In due passi sarà possibile ripercorrere ad Astino la storia millenaria del frumento, oltre a quella del mais con oltre cento varietà, e vedere crescere in campo circa 300 specie e oltre 1.000 varietà agricole.
In Val Seriana
Nella Valle dal paesaggio ormai “giacimento” di archeologia industriale e cattedrale del lavoro in rovina, con troppi capannoni deserti, tornano le spighe antiche nei campi, dopo più di mezzo secolo di assenza. Andrea Messa, manager per oltre trent’anni presso multinazionali, conquistata la pensione, ha deciso tornare alle origini, riportando, con zappa e aratro, i cereali minori in montagna. L’idea è nata nel 2012 recuperando in soffitta sacchi di sementi di San Pastore di nonno Antonio (per tutti “i segretare”, dato che veniva da una famiglia di notai, direttori di banca e segretari comunali) che nel 1934 vinse la medaglia d’oro della battaglia del grano di mussoliniana memoria.
Richiesti i semi all’Istituto di Cerealicoltura di Sant’Angelo Lodigiano, non senza aver prima consultato i saggi cerealicoltori dell’alta Valle – tutti over 80 – con la creazione dell’associazione culturale “Grani Asta del Serio”, Messa ha deciso di ripiantare Farro Monococco, Frumento Spada, Ardito, Mentana e Orzo, in contrada Beccarelli a Nasolino e alla Valzella di Ardesio. Il progetto di sperimentazione prevede, una volta raggiunto il regime delle colture, come evidenzia il logo dell’associazione, la produzione di farine, pane e pasta a chilometro zero.
Le antiche spighe richiedono il più antico e insuperabile metodo di trasformazione, con la macinatura a pietra nel fiabesco mulino ad acqua Giudici di Cerete. «È bello veder ondeggiare le spighe mature dopo oltre sessant’anni dal definitivo abbandono delle coltivazioni in quota – spiega Messa che dell’associazione “Grani Asta del Serio” è presidente oltre che fondatore -. Le nostre vallate sono state sempre autosufficienti nella produzione di grano per il loro sostentamento. Erano tempi in cui il grano si faceva per il consumo familiare e non per la “grana”. Lo scopo dell’associazione è quello di riscoprire e valorizzare elementi culturali e colturali delle nostre vallate, di cui ogni famiglia almeno fino agli anni Cinquanta era depositaria».
Il progetto è al terzo anno dalle prime semine: «Nel 2012 abbiamo avviato le prime prove in campo con frumento Mentana e San Pastore, unitamente ad altri due tipi di grani creati dal genetista Nazareno Strampelli: l’Ardito e il Tiriamo diritto. Da Piario a Fiumenero oggi contiamo venti siti di sperimentazione in atto. Le prime semine hanno dato ottimi risultati, tanto che il grano è cresciuto bene fino a 1.050 metri. Tra poco, a luglio, abbiamo in programma la prima mietitura, nei due ettari complessivi coltivati nelle nostre valli. Ci aspettiamo di cogliere 100 quintali di grano, di ottenere quindi 80 quintali di farina e ricavare circa 160 quintali di prodotti da forno».
Oltre ai cereali propriamente detti, in Valle si torna a coltivare il formèt negher o grano saraceno: «Da sempre si coltiva in montagna, dall’Alto Adige alla Valtellina – continua Messa -. Non a caso la distanza tra Teglio, patria del grano saraceno, e Valbondione è inferiore a quella che separa l’Alta Val Seriana da Bergamo. È una coltivazione interessante tutta da recuperare: oggi l’85% del grano saraceno viene importato da Turchia e Marocco. Se dovessimo produrre anche solo il 5% in Italia avremmo fatto la felicità dei cerealicoltori».