Fusini (Ascom): «Ma ora servono educazione al consumo e buone prassi»

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di Oscar Fusini*

È una buona legge quella contro lo spreco alimentare. Finalmente, grazie anche alle istanze avanzate da Confcommercio imprese per l’Italia e dai piccoli, si è riusciti a normare un tema di forte attualità, ancora soggetto a troppe interpretazioni. Il legislatore ha ben operato, privilegiando la logica della semplificazione, soprattutto a favore delle pmi. Sullo sfondo un concetto basilare: l’aiuto ai più deboli dev’essere una priorità per tutti. Anche della nostra comunità, che resta sì ricca, ma con sacche di povertà in evidente espansione. Come Associazione del commercio non potevamo chiamarci fuori da questa partita. Abbiamo pertanto contribuito con audizioni, proposte e relazioni alla stesura di una legge che reputiamo più che valida. Ora però dobbiamo rimanere vigili, presidiare il campo affinché alla legge facciano seguito sia l’effettiva semplificazione fiscale sia gli sgravi sulla Tari a favore di chi dona e dei più virtuosi, così come stabilito dalla legge. Ma dobbiamo anche esser pronti a offrire il nostro contributo per educare al consumo e fare di questo tema un aspetto qualitativo della relazione col cliente, così da favorire la diffusione di buone prassi, percorsi in rete e progetti di responsabilità sociale. L’argomento era già stato affrontato a Bergamo all’indomani dell’approvazione del disegno di legge da parte della Camera, nell’ambito di un convegno organizzato in Università dalla deputata bergamasca Elena Carnevali, con la presenza del ministro Maurizio Martina e della relatrice della legge Chiara Gadda. Con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento, ci auguriamo si possano finalmente superare le tante difficoltà organizzative e amministrative che hanno reso effettivamente difficile l’applicazione della legge regionale del “buon samaritano” limitando di fatto il numero dei donanti a poche insegne della Gdo. Oltre a semplificare la procedura di donazione, la nuova legge interviene sul contrasto allo spreco e sull’educazione al consumo potenziando, per esempio, il tavolo di coordinamento o incentivando l’utilizzo dei programmi radiofonici e televisivi. Del resto, lo spreco è soprattutto frutto di una mancata attenzione. Occorre quindi agire sull’educazione del consumatore/cliente e sensibilizzare gli operatori, soprattutto i piccoli, che rappresentano la frontiera più lontana e più polverizzata da raggiungere, ma che sono quelli più vicini alla gente e agli indigenti.

Oscar Fusini
Oscar Fusini

Nel frattempo c’è ancora qualche mito che va sfatato. Ovvero, che dallo spreco qualcuno, produttori o commercianti che siano, possa trarre guadagni. Sbagliato. La drastica contrazione del carrello della spesa negli ultimi anni ha ormai reso chiaro che il cliente acquista principalmente là dove intravede una promozione e spende per alimenti che pensa realmente di consumare. Stesso discorso per le donazioni. Va compreso che donare non significa ridurre il proprio mercato e quindi le vendite. La legge, grazie anche al nostro contributo, impedisce infatti che quanto donato possa essere reintrodotto nei canali commerciali. Lo spreco esiste ed è ancora elevato, nel commercio ma soprattutto nella ristorazione dove il cliente spesso abbandona porzioni intere che potrebbero essere consumate in un altro momento. Lo spreco è imposto anche dal vasto sistema di assortimenti che il commerciante deve considerare per poter accontentare i clienti. Ciò è evidente soprattutto là dove il consumo è indipendente dalla spesa: nei villaggi turistici del “tutto incluso”, nell’offerta dei prezzi fissi e degli “all you can eat”, nelle mense. Nelle piccole e medie imprese della distribuzione, va sottolineato, lo spreco è limitato. Da una ricerca condotta dall’Ascom tra gli associati, prima del convegno di marzo, era emerso che nei piccoli esercizi c’è minore ampiezza e profondità di assortimento rispetto alle grandi dimensioni, maggiore attenzione del titolare alle date di scadenza, una maggiore relazione e servizi di assistenza al cliente e anche un fenomeno di autoconsumo da parte della famiglia del titolare che mangia prima di gettare. L’indagine evidenziava, di conseguenza, anche un numero basso di donazioni. Questo perché donare era organizzativamente complicato, fiscalmente non conveniente, non immune da rischi per il cedente e non sostenuto da adeguati incentivi. Soprattutto tra i piccoli dettaglianti, che è bene ricordarlo, rappresentano ancora una fetta importante (dal 50 al 60%) della distribuzione alimentare a livello nazionale. Sono loro, le piccole botteghe dei nostri centri storici a svolgere un ruolo di aiuto e di protezione sociale, spesso in collaborazione con sindaci, assessori e assistenti sociali. In molti casi, le loro donazioni avvengono in modo invisibile, per ragioni fiscali, per evitare eccessive richieste e per non urtare quei clienti che spesso storcono il naso a dover pagare quanto altri ricevono gratuitamente. In definitiva, sul fronte della lotta allo spreco le iniziative promosse sono tante, dallo spacchettamento al porzionamento (magari vietato per legge ma utile a favorire il consumo), dalla promozione sotto scadenza al consumo familiare e personale, dalla donazione al riutilizzo e riciclo fino al compostaggio. Non resta quindi che alimentare il circolo virtuoso.

 *direttore di Ascom Confcommercio Bergamo