E’ sufficiente dire che proporre di mettere l’Imu sugli impianti di risalita è una colossale idiozia? Io credo di no: penso, anzi, che proprio partendo da questa idea balzana si debba riconsiderare il senso del prelievo fiscale in questo Paese e, più ancora, della politica fiscale di chi ci governa. Tassare una seggiovia come se fosse un immobile (e anche tassare un immobile, che, quando l’hai acquistato, è già stato gravato di un simpatico balzello mica da ridere, mi sembra una patrimoniale mascherata) è follia pura: follia in senso generale, visto che un impianto di risalita necessita costantemente di lavori, di revisioni, di collaudi, cosa che un immobile non si sogna di fare; a ciò si aggiunga che un impianto di risalita produce posti di lavoro, indotto, piacere fisico e morale nell’utente, cosa che un immobile non si sogna di fare; per di più, un impianto di risalita paga già fior di tasse sull’energia elettrica, sugli stipendi degli addetti e, soprattutto, sui ricavi stagionali, cosa che, lasciatemelo rivelare ai signori ministri, un immobile non si sogna di fare. Insomma, una funivia non è una casa: bisognerebbe che qualcuno lo spiegasse a quei cervelloni del governo. Oltre a ciò, vi è una follia, per così dire, settoriale, anzi, climatico-ciclica: sono anni che nevica poco, che fa caldo, che la stagione sciistica è ridotta ai minimi termini. Anziché aiutare il settore, che periclita notevolmente, questi furbacchioni gli danno il colpo di grazia: quasi che perseguano scientemente non la salvezza ma la distruzione del nostro povero Paese. Guadagni meno? Gli alberghi sono mezzi vuoti per la crisi? Sempre meno gente pratica lo sci? E io ti aggiungo una bella tassa, così vai a remengo più in fretta e senza troppo agonizzare! Però, a questo punto, bisogna che facciamo mente locale, su tutte queste gabelle che ci piovono in testa: va bene essere obbedienti e rispettosi, va bene la pazienza tradizionale delle genti alpine e subalpine, però qui c’è davvero puzza di bruciato. Intanto, viene da chiedere se questi provvedimenti siano veramente partoriti da un’équipe di deficienti, come parrebbe, oppure se vi sia, in queste scelte scellerate, una sorta di “cupio dissolvi”: insomma, se il fine ultimo di tutta la faccenda non sia affossare per sempre la nostra economia. Oppure, se non siamo molto più sull’orlo del baratro di quanto ci vengano a raccontare, e si tratti semplicemente del grattare il fondo del barile, tassando le ombre, l’acqua, la terra e le seggiovie. Delle due l’una et tertium non datur: non posso credere che si tassino i terreni di montagna, gli impianti di risalita e non si tassino gli immobili religiosi o sindacali. Non voglio credere che, sulla tolda del vascello, che naviga in acque di per loro burrascose, ci sia una ciurma di ubriachi. I rifugi chiudono, perché d’estate piove e d’inverno fa caldo e questi tassano la montagna: o ci odiano, o sono pazzi, oppure c’è sotto qualcosa. Siccome pazzi non mi paiono, e non capisco che motivi avrebbero d’odiarci, concludo che sotto vi sia qualche segreto inconfessabile. Per esempio, il fatto che non ci stiamo per nulla risollevando da una crisi strutturale che è stata solo accentuata dalla contingenza internazionale, ma che sarebbe stata inevitabile comunque, prima o poi, in uno Stato gestito da malavitosi, papponi e cialtroname assortito. Un’Italia che si regge sul malaffare, che emargina i capaci e gli onesti, in cui tutti rubano più che possono e se ne fregano lietamente del domani, non poteva durare a lungo. E, infatti, casca a pezzi: non ci sono soldi per niente e per nessuno, tranne che per i ladri e gli imbroglioni. Dunque, le scelte scriteriate del governo, in materia fiscale, mi sembra possano ricondursi a due semplici strategie: la prima è quella di individuare i pochissimi settori che non siano già stati tassati, per rimediare qualche spicciolo, in modo da tirare avanti la baracca ancora un po’. L’altra è quella di non toccare mai, a nessuno costo, gli interessi dei veri potenti, le prebende, i benefici, le immunità dei soliti noti. Quelle sono intangibili: piuttosto, vengono tassate la sabbia delle spiagge e l’aria che respiriamo. E, allora, in una società che si regga sull’ingiustizia e che faccia della diseguaglianza di fronte alla legge la propria misura e il proprio sigillo, che speranze volete che abbiamo? Altro che tassare gli impianti di risalita: una squadra di pensatori romani lavora notte e giorno ad inventarsi nuovi balzelli. Tasseranno i neonati e l’erba dei giardini: metteranno gabelle sulla produzione di escrementi e sull’uso delle scale. Alla fine, quando non ci sarà più nulla da tassare, tasseranno perfino la morte: si pagherà per morire. E gli inadempienti resteranno in vita per decreto: saremo immortali per colpa dell’agenzia delle entrate. Tanto, l’inferno sarà già qui, sulla terra: che bisogno ci sarà di crepare?