Battuta d’arresto per il Pd. E l’altro Matteo esulta

Renzi e la moglie Agnese
Matteo Renzi al voto con la moglie Agnese

Diceva Enrico Cuccia che le azioni non si contano, si “pesano”. Converrà seguire le orme del padre nobile di Mediobanca se si vuole analizzare il risultato delle elezioni regionali rifuggendo dalle dichiarazioni di parte, di tutte le parti, che hanno contrassegnato le ore immediatamente successive all’apertura delle urne. Lasciamo da parte il 5-2 con cui molti hanno sintetizzato il responso popolare. E’ una formula che serve ai giornali per scattare una fotografia immediata ma aiuta solo in parte a comprendere quel che è successo. Se fosse solo una questione di bandierine piantate, il premier e segretario del Pd Matteo Renzi potrebbe ergersi a vincitore della tornata elettorale. Ma la conquista della Campania con Vincenzo De Luca, l’impresentabile dell’Antimafia inseguito anche dalla legge Severino, si porterà dietro un caos istituzionale e politico che non renderà agevole, almeno nei prossimi mesi, il governo di una delle Regioni più sofferenti del Paese. In Umbria la presidente uscente Catiuscia Marini si è salvata per il rotto della cuffia. Ma in Liguria e in Veneto per il Pd è stata una vera e propria Waterloo. In Riviera si è consumata una spaccatura a sinistra che ha portato alla fuoriuscita di un candidato che ha portato via i voti che, forse, avrebbero consentito a Raffaella Paita di battere Giovanni Toti. Ma se quest’ultimo ha vinto lo deve anche al fatto che la candidata imposta dal presidente uscente della Regione Claudio Burlando, per storia personale e gravami (è indagata per disastro colposo), non era probabilmente la migliore da schierare al via. In Veneto, la trottola Alessandra Moretti (in tre anni passata da deputata a europarlamentare a candidata alla Regione) è stata, come si dice adesso, asfaltata da Zaia. Una figuraccia che ha pochi precedenti a livello nazionale. Se dai singoli concorrenti, si passa al dato politico, va constatato che il Pd del 40 per cento delle Europee, che tanto aveva fatto gonfiare il petto al bulimico presidente del Consiglio, è ritornato intorno a quel 25% medio che tanto faceva ribrezzo al medesimo Giovin signore fiorentino. C’è di che riflettere per chi ritiene di essere investito del ruolo di salvatore della Patria contro e a dispetto di tutti. Dall’altra parte della barricata, non è che Forza Italia sia uscita in forma smagliante dalle urne. Sì, è riuscita a strappare la Liguria, ma lo deve ai guai del Pd e alla forza della Lega (di cui diremo dopo). Per il resto, in Puglia sono volati gli stracci e anche chi voleva fare la faccia feroce, come Raffaele Fitto, si è dovuto accontentare della sconfitta dei propri amici azzurri. Sai che consolazione. In Veneto ha stravinto Zaia, ma Forza Italia si è ridotta a poco più del 5 per cento. In Campania, nonostante la sfida provenisse da un candidato impresentabile, ha dovuto cedere la presidenza. Se l’è cavata, pur perdendo, in Umbria. Un bilancio pesante, che segnerà probabilmente la fine di una leadership e una svolta radicale nei rapporti di forza all’interno dello schieramento moderato o, più genericamente, di centrodestra. E qui veniamo ai vincitori. Difficile negare che alla Lega spetti il ruolo di forza trionfante. Di Zaia si è detto e Toti se è stato eletto lo deve al 20 per cento portato in dote dal Carroccio. Ma il 20 per cento conquistato in Toscana e nelle Marche (poco meno) dicono quanto Matteo Salvini sia stato capace, pur sulle ali di una campagna dai toni forsennati (o proprio grazie a questa), di portare sul simbolo di Alberto da Giussano, anche lui finora considerato impresentabile, messe di consensi che nemmeno il Bossi dei tempi d’oro riuscì a meritarsi. Quella Lega lì non esiste più, questa che esce dalle Regionali è un movimento in buona parte nuovo, anche nel corredo ideologico, pronto a giocarsi una partita di primo piano anche sul livello nazionale e non più nel ristretto arco pedemontano. Lo si diceva alla vigilia, ma ora è più chiaro: la sfida si restringe ai due Matteo. Il ruolo di terzo incomodo potrebbe giocarlo il Movimento 5 Stelle, l’altro vincitore delle Regionali al di là del fatto di non aver conquistato nessuna presidenza. Sul piano dei voti il consenso dei grillini è tornato a crescere e a consolidarsi dopo la battuta d’arresto delle Europee dello scorso anno. Certo, questa fiducia va spesa utilmente, disponendosi se necessario a sporcarsi le mani con gli altri partiti, a partire dai temi concreti come ha detto qualche candidato, perché altrimenti si rischia di consegnare alla pura testimonianza una voglia di cambiamento e di innovazione che va ascoltato e compreso.

Copyrights 2006-2022 – Iniziative Ascom S.p.A. – P.iva e C.F. 01430360162