La favola di Christian Fantoni iniziò in un castello. Suo padre era giardiniere e guardiano del Palazzo Fogaccia di Clusone mentre sua madre era la cuoca personale del principe Giovanelli. È in quel luogo dall’atmosfera magica, spesso meta ambita di grandi cuochi e professionisti dei fornelli, che questo chef bergamasco maturò una crescente passione per le arti culinarie. Ma, dopo gli studi all’istituto alberghiero e la gavetta in alcuni ristoranti del nord Italia, dovette suo malgrado lasciare la sua Valle Seriana alla volta della Somalia dove lo attendeva il servizio militare nei paracadutisti. Fu un periodo duro che cambiò radicalmente la sua vita. «Tornato in Italia – racconta Cristian – lasciai la mia ragazza dell’epoca e non avevo più vincoli che mi legassero a Bergamo. Così, con l’aiuto del bergamasco Pierangelo Cornaro, decisi di andare a lavorare in America».
Sono trascorsi più di trent’anni da allora. Oggi di esperienza Fantoni ne ha maturata moltissima e non solo come cuoco. A 43 anni ha giù aperto diverse trattorie a Milwaukee, Philadelphia, Washington, Mexico City, Miami, Boston, New Jersey e un grand hotel nell’Aqua building di Chicago. Ha lavorato anche per locali rinomati tra cui il “Bella Blu” di Enrico Proietti, chef trentino molto conosciuto a New York. Da qualche tempo Christian Fantoni è il cuoco di punta di RPM Italian, un raffinato ristorante che promuove con classe e qualità la cucina mediterranea.
Il menù è ricco di specialità, dalle fresche burrate ai toast con pan ciabatta, dalle insalate con il pecorino toscano alle focacce fatte in casa. Per non parlare delle numerose paste fatte a mano, ripiene e non: a piatti più classici come pappardelle alla bolognese, spaghetti alla carbonara, tortelloni in brodo e gnocchi di patate si alternano più sofisticati ravioli di spinaci con astice o caramelle ripiene di salsiccia con impasto bicolore al tartufo nero e salsa di taleggio. C’è poi una sezione dedicata ai piatti senza glutine che, in America, pare siano diventati un vero must sia per gli intolleranti che per i maniaci della linea. E per accontentare tutti gli stranieri e i loro bizzarri stereotipi sulla cucina tricolore, Fantoni è pronto a cucinare anche quelle pietanze che gli americani definiscono, chissà perché, “Italian classics” ovvero spaghetti con le polpette e pollo con il formaggio.
Sebbene gli statunitensi abbiano una visione distorta delle vere specialità italiane, non ci si può permettere di prendere questo mestiere sottogamba, soprattutto in una metropoli interattiva come Chicago dove il passaparola si trasmette a colpi di click: «La ristorazione è diventata molto competitiva – conferma Fantoni – devi essere sempre al 100% perché se sbagli qualcosa ti mettono in croce». Per il momento RPM Italian si difende bene piazzandosi su Tripadvisor al 43esimo posto su 7.359 ristoranti a Chicago.
L’INTERVISTA
«Internet è essenziale, ormai la maggioranza delle prenotazioni arriva da qui»
Quando è arrivata la svolta americana?
«Dopo il servizio militare nei paracadutisti in Somalia e nell’operazione Vespri siciliani, ho voluto partire per nuovi orizzonti. Con l’aiuto del bergamasco Pierangelo Cornaro, mi sono trovato a Los Angeles, nel famosissimo ristorante Rex, frequentato quotidianamente da attori famosi. In quel locale sono stati girati anche parecchi film. Ho cominciato a lavorare con una compagnia americana per la quale ho aperto molte trattorie in giro per gli Usa e anche un grand hotel nell’Aqua building di Chicago, il Radisson Blu, con la supervisione del Food & beverage. Giunto a New York ho lavorato per San Domenico NYC, Le Bernardin (il miglior ristorante di pesce a NY), Le Cirque. Ho aperto locali a Mexico City, Miami, Boston, New Jersey e poi, in società con altri colleghi Italiani, ho aperto il Barbaluc. Ho guidato la cucina al “Fiamma” con il grande Michael White, ho lavorato per il mitico Enrico Proietti al “Bella Blu” e i suoi ristoranti. Poi dopo 13 anni di lavoro nella Grande mela, mi sono trasferito a Chicago dove ora vivo. Ho lavorato al ristorante italiano “Filini” e sono stato l’executive chef per tre anni al 437 Rush di Chicago, un ristorante italiano con influenza di steak house. Ora sono il cuoco di RPM Italian».
In tutti questi anni è riuscito a far conoscere la cucina bergamasca nel mondo?
«I piatti che piacciono agli americano sono moltissimi. Tra i più conosciuti ci sono i Casoncelli, la polenta, il risotto ai porcini, il brasato, i salumi come la pancetta e il salame».
Quali sono gli aspetti positivi di lavorare all’estero nel settore della ristorazione?
«Gli americani mangiano fuori casa parecchio, quindi per noi cuochi c’è sempre molto lavoro. Inoltre non sei legato alle solite cose, puoi affrontare diversi aspetti della cucina, ti puoi anche permettere di esagerare…».
E quelli negativi?
«La lontananza dei familiari, soprattutto durante le feste, quando non si sta bene, o in certi momenti più particolari».
A quali chef si ispira?
«A Pierangelo Cornaro. È sempre stato un idolo per me perché ha fatto cose stupende per la Bergamasca».
Quanto è importante Internet per un ristoratore?
«Internet è diventato essenziale per la ristorazione, abbiamo un sito dove vengono messe foto, eventi e tutto ciò che riguarda il ristorante. Puntiamo soprattutto su Facebook, Instagram e Twitter. Ormai la maggioranza delle prenotazioni arriva da Internet».
Qual è il suo rapporto con le recensioni di Tripadvisor?
«È un sito molto importante. A volte ci sono clienti che non riescono a dirti le cose in faccia e quindi si sfogano su sui siti. Noi cerchiamo di usare tutto ciò per migliorare».
Come sono cambiati la ristorazione e il rapporto con i clienti grazie ai nuovi media?
«È diventato un settore molto competitivo, devi essere sempre al 100% perché se sbagli qualcosa sei crocifisso. Lo stress della cucina è anche dovuto a tutti gli show culinari che trasmettono in tv. Ora tutti pensano di essere chef e vogliono inventare i propri piatti».
Cosa le manca di Bergamo?
«Mi mancano la mia famiglia, la bella cenetta preparata dalla mia mamma, le mie montagne, le escursioni nei boschi in cerca di funghi e le gite al lago».