Coworking, anche a Bergamo cresce la voglia di lavorare insieme

La crisi occupazionale ha probabilmente accelerato un processo la cui direzione è comunque chiara. Lo sviluppo rapido e l’altrettanto rapida obsolescenza di prodotti e servizi “mette a rischio” pressoché ogni lavoratore e professionista, chiamato perciò a rimettete in discussione continuamente la propria attività. Non è un caso, allora, che stiano nascendo nuove forme di collaborazione capaci non solo di creare opportunità di lavoro, ma soprattutto di rispondere al bisogno di fare innovazione e stare sul mercato. Una di queste è il coworking, la condivisione di spazi tra professionisti, artigiani, partite Iva, che diventa contemporaneamente contaminazione di idee e progetti. A Seriate ha cominciato a pensare a questa modalità un gruppo di lavoro formato da Acli, Anpi, Cgil, Cisl, Pd, Rifondazione comunista e la nuova associazione Statale 42, promotori di un ciclo di tre incontri per comprendere meglio il tema e di un sondaggio per raccogliere l’interesse e le esigenze del territorio sul quale costruire un proprio piano locale di coworking.
Gli incontri hanno permesso di conoscere alcune esperienze già avviate o in fase più avanzata di realizzazione, facendo scoprire un certo fermento anche in Bergamasca. A cominciare dal protocollo d’intesa P@asswork, siglato da Acli, Cgil, Patronato San Vincenzo, cooperativa Aeper e Imprese & Territorio, che hanno deciso di costruire azioni integrate sui temi del lavoro, in particolare progetti innovativi di coworking solidale e incubatori. L’accento solidale è legato ai valori e alla vocazione delle realtà coinvolte, prevede perciò «la costruzione di uno schema del lavoro equo e inclusivo, attento alla tutela dei diritti delle parti più deboli».
«Con questo tipo di collaborazione – afferma Corrado Maffioletti per l’Acli – si condivide la necessità di confrontarsi con amministrazioni comunali, enti locali, università per favorire l’incrocio tra i bisogni del territorio e le progettualità e quella di fare rete, in modo che ogni esperienza possa entrare in sistema con le altre».
Nel Toolbox di via Pignolo, lo spazio che la Cgil di Bergamo dedica alle politiche giovanili e che è diventato un punto di incontro e progettazione comune per alcune associazioni giovanili, è stato ad esempio messa a punto un’idea particolare di coworking, «nel quale è possibile mettere a disposizione delle persone interessate a lavorare insieme degli spazi pubblici – spiega Marco Toscano – e che queste possano ricambiare fornendo servizi alla collettività, come potrebbe essere, restando nel campo delle professioni giovani e innovative, lo sviluppo di una app per un Comune o altri servizi per la popolazione».

Simona Faccioni e Roberta Testa
Simona Faccioni e Roberta Testa

Credono nella condivisione di spazi e competenze anche i ragazzi di Fablab Bergamo, associazione che gestisce un laboratorio dedicato alla stampa 3D, ospitato da un anno all’interno del Patronato San Vincenzo con il progetto “Fablab Bergamo in Patronato Hub”. «I Fablab sono presenti in tutto il mondo – ricorda Simona Faccioni, studentessa di Ingegneria e socia attiva del Fablab bergamasco – e vogliono offrire l’opportunità agli studenti, ma non solo, di fare pratica dopo aver appreso la teoria. In questo spazio sono infatti a disposizione di tutti macchinari e programmi che realizzano la nuova figura del maker, l’artigiano digitale. Teniamo inoltre corsi che insegnano a disegnare e stampare in 3D». Ma nel Fablab si condividono anche le conoscenze ed i risultati. «Il mondo della stampa 3D è open source – ricorda -, non ci sono perciò “gelosie” nel mettere a parte gli altri dei propri risultati, anzi, la regola è esattamente il contrario, la convinzione è che più ci si confronta più si cresce tutti e più in fretta». Non a caso da Fablab Bergamo sono già nati tre spin off, uno dedicato all’ecodesign, uno alla stampa 3D e uno ai droni.
Seriate invece ha scelto di partire dal basso. «Oggi è chiaro che il problema del lavoro non può avere risposte univoche, ma va affrontato in modo multiforme – evidenzia Renato Sarli, presidente dell’associazione Statale 42 –. Il coworking non è una soluzione ai problemi dell’occupazione ma è un modo diverso di pensare al lavoro. Noi abbiamo scelto di partire dal dubbio, di sondare quindi l’orientamento delle persone su questo tema e, al tempo stesso, l’interesse della aziende ad avvalersi di lavoro dall’esterno. Ne è nato un questionario, compilabile anche on line, e nell’ultimo dei tre incontri che abbiamo organizzato (in programma giovedì 26 febbraio alla biblioteca di Seriate alle 20.45 ndr.) ci confronteremo sui risultati con amministratori, imprenditori, politica e sindacati per vedere se si può realizzare uno spazio che possa diventare un motore per chi sta cercando lavoro, e non sono soltanto i giovani».