Caro sindaco Gori,
lei che si è posto, e poi imposto, come innovatore, ci faccia la grazia. No, niente di ultraterreno. Ci accontentiamo di molto meno, di qualcosa che è alla portata di una persona pragmatica e di buon senso come lei. Ma ci faccia ‘sta grazia laica: modifichi radicalmente le modalità con cui ogni anno, sul far del Natale, vengono assegnate le cosiddette benemerenze civiche. Qui non si discute delle persone o degli enti e associazioni che vengono premiati. Ma, come diceva il poeta, è il modo che “ancor m’offende”.
Non c’è edizione che non preveda una polemica su questo o quel personaggio escluso o incluso nell’elenco. Non c’è anno che se la Giunta è di centrosinistra la parte avversa non accusi di faziosità chi decide e viceversa quando alla guida della città c’è il centrodestra. E ogni volta i cronisti son costretti a riportare le proporzioni. Per dire: quest’anno 9 riconoscimenti sono stati attribuiti su indicazione della maggioranza che lei governa e 3 della minoranza. L’esatto contrario succedeva fino a poco fa, quando a Palazzo Frizzoni regnava Franco Tentorio.
Non ci vuol molto a comprendere che questo modo di procedere non è serio né corretto né tantomeno in linea con quel valore civico (quindi al di sopra delle parti) a cui ci si richiama. Ma non può che finire così, caro sindaco, fintanto che il compito di decidere a chi assegnare le benemerenze e le medaglie d’oro è la Giunta. Succede a Bergamo come a Milano, dove l’assegnazione degli Ambrogini d’oro si risolve ogni volta in un volgare, per quanto metropolitano, mercato delle vacche.
Chi ha avuto la ventura di seguire le vicende comunali nell’ultimo ventennio ha visto di tutto tra i premiati. Non stiamo qui a rivangare nomi e cognomi per non mancare di rispetto alle persone anche se sono stati assegnati riconoscimenti che gridano vendetta, a destra come a manca. Così come, ci permetta ancora caro sindaco, ci pare davvero un malvezzo, fatte le debite eccezioni, l’assegnare benemerenze a gogò alla memoria. Anche qui, non è che i destinatari non siano degni, ma forse il valore di un riconoscimento è tale se dato in vita, come esempio per i cittadini e insieme gratificazione civica per chi lo riceve. Troppo spesso, invece, le persone di valore vengono riconosciute solo quando passano a miglior vita. Quasi fosse un risarcimento postumo.
No, forse si può cambiare. Ecco perché il richiamo all’innovazione. Non si tratta di cancellare (come pure fece la buonanima del sindaco Gian Pietro Galizzi all’inizio degli anni Novanta) ma di cambiare. Non ci vuole molto. Per non limitarci ad un auspicio, suggeriamo due modifiche. Anzitutto, la scelta dei benemeriti venga affidata ad un comitato di saggi. Tre, o al massimo cinque, non di più, scelti per riconosciuti valori morali, professionali e civici. Lei, sindaco, è uomo di mondo di larghe vedute. Non dovrebbe esserle difficile pescare personalità indiscusse in grado a loro volta di fare scelte che non assumano colorazioni partitiche o personalistiche.
In secondo luogo, riduciamo drasticamente i riconoscimenti. Il regolamento consente fino a cinque medaglie d’oro e dieci benemerenze. Salvo eccezioni (come quest’anno perché le medaglie saranno solo 2), si è sempre toccato il tetto massimo, così da dare ampia soddisfazione al manuale Cencelli. Ma perché, per dare davvero un valore straordinario alla scelta, non limitarsi a 5 in tutto?
Si deve premiare la vera eccellenza, il valore straordinario, quel qualcosa in più che va al di là di aver onorevolmente, e magari ammirevolmente, fatto il proprio dovere, aver ottenuto successo nella professione o dedicato tempo prezioso alla collettività. Solo così si può volare alto, lasciare a terra le meschine polemiche politiche, e consentire alla città e ai cittadini di tributare il giusto omaggio alle sue espressioni, personali o organizzative, migliori.