Balsamico, invecchiato o tradizionale? Conosciamo l’aceto

Aceti con caratteristiche organolettiche e metodi di produzione diversi: fare chiarezza è importante per scegliere al meglio

Forse parlare di aceto, al singolare, non rende davvero l’idea di quanto questo mondo sia vasto e diversificato. In commercio ne esistono tante tipologie, essenzialmente perché alla base c’è una reazione fermentativa ad opera di microrganismi, gli acetobatteri, che lavorano molto bene in presenza di alcol etilico, trasformandolo in acido acetico. Condizione importante perché questi microrganismi prendano il sopravvento e trasformino l’alcol in acido è la presenza di ossigeno. Senza aria non si sviluppano e l’alcol etilico manterrà le sue caratteristiche.

È facile pensare, quindi, a una produzione che derivi dall’utilizzo di mosto oppure vino, ma sono altresì molto diffusi gli aceti prodotti dalla fermentazione alcolica di frutta, cereali, malto oppure miele. Non entrando nel merito di quest’ultimi, anche se sempre più diffusi e utilizzati non solo in cucina, il metodo tradizionale per la produzione di aceto parte dalla diluizione del vino, che non dovrebbe superare gli 8-10 gradi alcolici per poi essere messo in grandi barili con bocche di areazione, e la presenza della cosiddetta “madre”, in cui sono concentrati gli acetobatteri che trasformeranno l’alcol etilico presente nel vino in acido acetico. Ma esistono prodotti assolutamente unici e di alta qualità: parliamo degli aceti balsamici e i balsamici tradizionali, attorno cui spesso vi è molta confusione, anche fra gli addetti ai lavori.

Aceto balsamico: cosa è e come si produce

Purtroppo, molti degli aceti denominati “balsamici” in commercio, non sono nient’altro che normalissimi aceti di vino aromatizzati e colorati. In realtà l’aceto balsamico proviene da lavorazioni specifiche che partono dalla cottura del mosto di uva, fermentato naturalmente, che viene poi acidificato molto lentamente attraverso un processo chiamato “metodo Solera” che consiste nel mettere l’aceto in piccole botti di legni diversi, disposte a piani, e ogni anno una parte dell’aceto viene messo nella botte sottostante, creando nel tempo un perfetto blend tra i vari mosti fermentati e acidificati.

Dopo l’acidificazione, il balsamico si presenta leggermente denso e di colore scuro, con aromi complessi, terziari e persistenti. Al sapore spiccano la dolcezza e la piacevole acidità, mentre a livello tattile stupisce la piacevole sensazione vellutata, rotonda.  Tralasciando i “balsamici” a buon mercato, simili ad aceti di vino normalissimi ma semplicemente colorati e aromatizzati, esistono diverse possibilità per scegliere un aceto balsamico di qualità senza spendere necessariamente una follia. Innanzitutto i regolamenti ci vengono in aiuto: esistono, infatti, certificazioni e disciplinari di produzione a garanzia del prodotto che ci aiutano nella scelta.

Aceto balsamico di Modena IGP: un balsamico prodotto secondo il metodo

L’aceto balsamico di Modena ha una storia davvero lunga e, fin dal 2009, la sua provenienza è tutelata dal marchio europeo IGP (Indicazione Geografica Protetta). Per disciplinare, la sua zona di produzione ricade nelle province di Modena e Reggio Emilia. Viene prodotto attraverso la cottura dei mosti parzialmente fermentati (in quantità minima del 20%) di uve delle cultivar Lambrusco, Sangiovese, Trebbiano, Albana, Ancellotta, Fortana e Montuni con l’aggiunta del 10% minimo di aceto di vino, ma anche di vino e aceto balsamico invecchiato. Dopo l’acidificazione, il balsamico viene affinato per un minimo di 60 giorni e, a discrezione, invecchiato per un tempo variabile. Oltre i 3 anni potrà fregiarsi della dicitura “invecchiato”. La certificazione garantisce che tutto il processo di lavorazione e trasformazione (fermentazione, acidificazione e invecchiamento) abbia luogo nelle province di Modena o Reggio Emilia.

L’aceto Balsamico di Modena IGP è un buon prodotto, perfetto anche per aggiungere bontà a molti piatti senza avere dei costi proibitivi; questo lo rende adatto ad essere utilizzato in quasi tutte le tipologie di ristoranti, non andando a incidere eccessivamente sul food cost. È estremamente versatile e perfetto ad esempio per guarnire insalate, primi piatti come paste all’uovo o risotti, ma anche carni bianche o di maiale, senza andare ad appesantirne sapore e aroma.

Aceto balsamico tradizionale di Modena e di Reggio Emilia: il più pregiato

Da non confondere con l’altro, il “tradizionale” gode della Denominazione di Origine Protetta nelle sue due indicazioni geografiche: Modena e Reggio Emilia. È prodotto grazie alla parziale fermentazione e poi alla cottura di mosti provenienti esclusivamente da uve di Trebbiano e Lambrusco prodotte nei due territori provinciali di riferimento. Non va confuso con il normale balsamico: il tradizionale è infatti prodotto a partire esclusivamente dal mosto cotto delle due cultivar autoctone. Anche il processo di invecchiamento è molto più lungo e lento. Questo giustifica la differenza di prezzo, ma anche di sapore, consistenza e aroma. L’aceto balsamico tradizionale DOP esiste poi in due versioni: l’affinato, con almeno 12 anni di invecchiamento, e l’extravecchio, con almeno 25 anni, da non confondere con l’aceto balsamico di Modena IGP invecchiato.

Si tratta di un prodotto sostanzialmente diverso, molto più complesso e, di conseguenza, anche l’utilizzo e l’abbinamento diventa ancora più difficile. Ovvio che è perfetto con i formaggi a grana molto stagionati, come il Parmigiano Reggiano DOP nelle versioni riserva. È abbinabile alle carni crude che hanno subito un’importante frollatura, ma anche a guarnire dolci a base di fragole. Insomma, la sua aromaticità importante lo rende adatto ad abbinamenti che lo possano innanzitutto sostenere a livello gustativo, ma anche che non lo snaturino in tutta la sua complessità, frutto dei lunghi anni impiegati per la sua produzione.

 

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