Aziende in mani straniere, così finiamo per fare la figura dei fessi

Aziende in mani straniere, così finiamo per fare la figura dei fessi

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lactalisLa vicenda Telecom solleva un dubbio. Ma i francesi sono proprio stupidi? Perché continuano a recuperare quello che gli italiani buttano via? Lo hanno fatto con la moda e con il lusso, con la grande distribuzione, con buona parte dell’alimentare, insieme agli svizzeri, che secondo la vulgata xenofoba sono dei francesi (o dei tedeschi) venuti male. Lo hanno fatto con un’ampia serie di aziende meccaniche, con l’energia e adesso lo fanno con la telefonia.

Come quando si sente parlare del pazzo che va in contromano in autostrada, al quarto o quinto francese che si incontra in direzione opposta, forse si potrebbe iniziare a pensare che ad essere un po’ stupidi sono gli italiani. Il rapporto con i cugini d’Oltralpe è sempre stato complesso, tra la loro presunzione da grandeur e la nostra cialtroneria con complessi di inferiorità che ci fanno vedere solo il peggio di noi stessi. Però all’aforisma autocritico di Jean Cocteau sul fatto che i francesi sono degli italiani di cattivo umore dobbiamo aggiungere con umiltà che saranno anche incazzati, quando vince Bartali o qualsiasi altro italiano (e il sentimento è cordialmente ricambiato), ma un po’ più furbi o almeno lungimiranti lo sono.

Un altro dei vizi italici è quello della geniale improvvisazione, ma sempre vivendo un po’ alla giornata. Ed è così che si perdono le occasioni e anche le aziende. Non c’è da demonizzare l’acquisto straniero: l’operazione può essere un’opportunità quando fa arrivare nuove risorse e nuovi stimoli in un’azienda ferma e in più riempie gli ex azionisti italiani di denaro che può essere reinvestito in altre attività. Ma più che sugli acquisti esteri vale la pena di riflettere sulle vendite italiane. La questione si ripropone ora con Telecom, con la novità che per una volta sembra che sia stata tentata una reazione con la proposta della conversione delle azioni di risparmio che con la diluizione del capitale ordinario potrebbe rimescolare le carte. Ma anche questa inedita difesa apre dei dubbi.

Non è chiaro quello che accadrà quando l’imprenditore Xavier Niel, l’anno prossimo, potrà trasformare le sue opzioni nel 15% del capitale e così, aggiungendo il 20% detenuto dalla Vivendi del finanziere bretone Vincent Bolloré, un terzo di Telecom sarà in mano francesi. Niel attraverso la controllata Free in Francia ha fatto tremare le compagnie telefoniche tradizionali tagliando i prezzi dei servizi. Se ripetesse l’esperienza in Italia, forse ci sarebbe per la prima volta quell’influsso positivo sulla concorrenza sempre auspicato, ma mai manifestatosi, nella calata di nuovi proprietari stranieri. Finora infatti ci sono state solo delusioni e invece di una ventata di liberalizzazione c’è stata una sostituzione nelle precedenti rendite di posizione, con un sostanziale mantenimento dello status quo.

In pochi anni intanto le telecomunicazioni italiane sono diventate straniere. Vodafone è una public company britannica, Wind ha capitali russi e norvegesi, H3 cinesi, mentre Fastweb è svizzera. Telecom di fatto era già francese prima della scalata di Niel, senza che ci fossero state reazioni, anche perché Bolloré era già parte dell’establishment nazionale. Per questo si può pensare che la contromossa attraverso le azioni di risparmio non sia rivolta a evitare una francesizzazione di Telecom, che comunque c’è già stata, ma piuttosto ad allontanare Niel. Il fatto che Bollorè sia “contento” di vedersi diluire la quota e quindi appoggi la proposta lascia pensare che abbia qualche asso nella manica. Magari anche un pacchetto di risparmio per ricostituire la quota. In ogni caso la contesa appare adesso tra un francese dell’establishment e un francese non dell’establishment: in ogni caso non ci sono italiani tra quelli che si disputando il controllo di attività strategiche per il Paese come la rete a banda larga. Certo, ben venga chi ci pensa al posto nostro. Ma nella continua delega all’esterno spesso si pensa di essere furbi, ma si finisce per fare la figura dei fessi. La vicenda di Lactalis, che ora qualcuno chiede di “nazionalizzare” sulla scia delle polemiche per il prezzo del latte , sta lì a dimostrarlo,

 

 

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