nella foto: Baldassare Agnelli
Rilanciare il sistema produttivo orobico partendo anche dall’enogastronomia, rilanciando le tradizioni e i manufatti artigianali. Per Baldassare Agnelli, presidente dell’omonima azienda produttrice di pentole professionali, il riferimento culinario è d’obbligo quando si parla di economia. Già, perché la sua ditta di Lallio fornisce strumenti di lavoro ai migliori ristoranti italiani e stranieri, nonché a svariati show televisivi, da Masterchef alle seguitissime trasmissioni di Benedetta Parodi. E in vista dell’Expo 2015, il cui tema sarà proprio l’alimentazione declinata in tutte le sue molteplici sfaccettature, la ricetta di Agnelli è chiara: “Dobbiamo puntare sulla ricchezza del territorio e sulla cultura del made in Italy. Ma quello vero, simbolo della nostra qualità all’estero, e non quello fatto dai cinesi. Ormai le ditte che confezionano i loro manufatti in maniera artigianale, come si faceva una volta, sono poche. Molti prodotti hanno solo il design italiano ma poi, per risparmiare, vengono fabbricati altrove e così perdono la loro specificità. Pensiamo alla pizza. La vogliono fare tutti, ma diciamoci la verità: fa schifo in tutto il mondo. Quella originale è un’altra cosa. E’ evidente che dipende molto dagli ingredienti che uno ci mette”.
Detto questo, quali sono allora, cosa servirebbe al territorio bergamasco?
“Le faccio un esempio. Mi è capitato, di recente, di recarmi in Toscana col mio rappresentante locale in un paesino antico e me lo ha decantato come il più bello del mondo. Lo ha valorizzato e promosso. Noi bergamaschi, invece, troppo spesso quando portiamo qualcuno a far visita a Città alta non siamo, a mio parere, altrettanto capaci di esaltarla nel modo giusto. È un atteggiamento che non riguarda solo il cittadino, ma a volte anche chi dovrebbe fare promozione”.
Un giudizio un po’ severo…
“Beh, sentir dire che Bergamo è solo polenta e osei non è forse un po’ limitante? Al contrario, ci sono tante ricette antiche della tradizione che le nostre trattorie tipiche dovrebbero riscoprire. Ho conosciuto tanti cuochi famosi, da Marchesi a Vissani, e tutti dicono di trarre ispirazione dalle ricette della mamma, ma sinceramente ci credo poco. La vera pasta fatta in casa la sanno fare le nonnine bolognesi e sarebbe bello se ogni tanto venissero a Bergamo con il loro mattarello a insegnarci come si fa. A sua volta, una bergamasca potrebbe andare a Bologna a far conoscere la ricetta originale dei casoncelli. Questi sono i veri scambi di cultura gastronomica che possono arricchire il nostro territorio”.
Il tema dell’Expo 2015 sarà proprio l’alimentazione. Come si sta preparando a questo evento?
“Certamente sarò lieto di dare il mio contributo. E infatti in collaborazione con Slow food ho realizzato un libro in inglese e in italiano che verrà presentato proprio in occasione dell’Expo”.
Crede che l’Expo porterà ripercussioni positive sul nostro territorio a lungo termine?
“Dicono che sarà un esposizione importante che coinvolgerà tanti imprenditori, ma di chiaro, per ora, c’è ancora poco. Io comunque ci credo. Speriamo non rimanga solo un evento politico relegato alle solite quattro grosse aziende che abbiamo in Italia. Staremo a vedere…”.
I postumi della crisi, purtroppo, si respirano ancora ma per il prossimo futuro vede margini di miglioramento?
“Le porto l’esempio del nostro Gruppo. Dal 1907 a oggi, la nostra azienda di crisi ne ha viste parecchie. Mio nonno ha vissuto la prima già nel 1915, nel periodo della Prima guerra mondiale, quando ha dovuto chiudere i battenti per poi ripartire. Nel 1929 c’è stata la grande crisi che ha coinvolto le banche, a seguire la Seconda guerra mondiale e poi ancora, negli anni ’70, c’è stato il crollo dell’alluminio, messo da parte dalle famiglie in favore dell’acciaio e quindi, soprattutto per noi, è stato un periodo difficile. La crisi che stiamo vivendo oggi è forse quella più pesante anche perché ci siamo ancora tutti dentro fino al collo. Nonostante questo, noi abbiamo continuato a investire a testa alta nel nostro prodotto seppur di nicchia. E questo è quel che bisogna fare. Investire e innovare”.
La scuola forma ancora in maniera troppo teorica e prepara poco gli studenti al mondo del lavoro?
“Oggi vince ancora la teoria. Nella scuola alberghiera, per esempio, nei testi si parla dei tipi di cottura, di forme e materiali diversi da utilizzare. Poi, però, a causa degli alti costi gli studenti si devono adattare a cucinare sempre con le stesse pentole. Quindi il ragazzo nelle cucine scolastiche non riesce a sperimentare tutto quello che si impara sui libri”.
Cosa si può fare?
“Aiutare le scuole. Noi, nel nostro piccolo, una mano la diamo. All’interno del nostro stabilimento alcuni anni fa abbiamo inaugurato la Saps, un’associazione no-profit attrezzata con cucina. I ragazzi dell’istituto alberghiero vengono da noi a imparare non solo le ricette, ma anche il giusto utilizzo dello strumento e del materiale di cottura”.
E cosa ne pensa dell’opportunità di fare tirocini in azienda?
“I tirocini sono utili ma con tutte le leggi per la messa in sicurezza che ci sono attualmente, diventa un percorso a ostacoli improponibile. Una volta era tutto più semplice. Oggi prendere uno stagista inesperto può diventare pericoloso. Un esterno dev’essere registrato, deve indossare il casco, le scarpe giuste, stare attento ai muletti. Personalmente preferisco accogliere gli studenti per fare una giornata in azienda, anche di poche ore, per renderli consapevoli di come si lavora e di come funziona una fabbrica. Nell’occasione forniamo dati teorici, facciamo conoscere i nostri macchinari e poi si passa alla parte pratica in cucina”.
Quanto è importante l’internazionalizzazione?
“L’estero è una realtà importante a cui tutti devono puntare. Il problema è riuscire a imporsi in Paesi che hanno una cultura così diversa dalla nostra. Per rimanere al settore gastronomico, per esempio, non è semplice perché la cucina italiana non è certamente paragonabile a quella straniera. Anche gli ingredienti che si usano per cucinare sono diversi: l’olio extravergine d’oliva o la vera mozzarella di Bufala non si trovano ovunque. Nel nostro caso, generiamo all’estero solo il 14% del nostro fatturato. Di recente abbiamo anche aperto uno show room a New York sulla 5th avenue. Poi continuiamo a sponsorizzare anche Masterchef Italia ma sarà l’ultimo anno. Abbiamo sfruttato il momento ma smetteremo presto perché il nostro target non è la tv in cui si fa lo show, ma quella in cui si fa davvero cucina in modo professionale”.
IL GRUPPO / Oltre un secolo di storia segnato dall’alluminio
Fino a due secoli fa l’alluminio era considerato un metallo prezioso, con un valore addirittura più alto di quello dell’oro. E quando nel 1907 la fabbrica Baldassare Agnelli iniziò a forgiare i primi prodotti con quel materiale, portò una ventata di aria fresca tra le strade polverose e le verdi campagne della Bergamo di inizio Novecento. È una lunga e appassionante storia quella che Paolo e Baldassare Agnelli hanno raccontato all’Ateneo di Scienze lettere ed arti nell’ambito degli incontri dedicati agli imprenditori bergamaschi che hanno “attraversato” la Prima guerra mondiale. Sorta in via Fantoni, a ridosso di Borgo Palazzo, con una vocazione artigianale, oggi l’azienda è una realtà industriale con sede a Lallio. Gli Agnelli all’inizio sperimentarono anche l’argento purissimo 925, ottimo conduttore di calore, per produrre una linea particolare di casseruole. Ma è stata la pentola d’oro, realizzata con il supporto degli orafi di Valenza Po, a riscuotere, in epoche più recenti, il plauso di numerosi chef stellati. Alcuni degli antichi attrezzi in alluminio e le macchine per la lavorazione utilizzate in passato sono oggi visibili nel museo aziendale allestito all’interno della fabbrica. Forti di un campionario di oltre 2mila articoli, che oggi copre tutte le necessità della moderna ristorazione, gli Agnelli hanno fondato anche la Saps, una scuola di aggiornamento sulle tecniche di cottura fra le più frequentate dai cuochi e dagli studenti della scuola alberghiera.