Imelde Bronzieri, se fosse un film saremmo al secondo tempo…
“Non mi sarebbe sembrato giusto non girarlo e sprecare così le competenze fin qui accumulate” risponde la fondatrice, nel 2011 di MiMiSol, esclusiva linea di abbigliamento per bambini, con un fortunato passato targato Pinco Pallino.
Una leonessa che è tornata a ruggire…
“Diciamo che ho ereditato una certa fierezza, soprattutto dalle donne della mia famiglia, mia madre, in primis, la signora Loda nel cui laboratorio di Trescore ho cominciato ad apprendere il mestiere, poi Maria Pia Fanfani, Marisa Bellisario. Modelli di femminilità a cui mi sono ispirata e che mi hanno spronato”.
La molla che la spinge qual è?
“Non direi tanto la creatività, quanto piuttosto la voglia di “fare”. Mi sono rimessa in gioco proprio per questo, per non tradire questa capacità che, nel mio campo, si traduce con un’equazione molto semplice”.
Quale?
“Quella per cui, grazie alla mia voglia di “fare”, altre persone hanno la possibilità di lavorare, qui in Italia”.
Un made in Italy di successo…
“L’80 per cento della produzione di “MiMiSol” finisce sul mercato estero, dove sono già stati aperti alcuni punti monomarca, e altri ne arriveranno presto. Ecco, considerata la mia carta d’identità, sono felice che le aziende con cui collaboro possono espandersi nel mondo e creare un business di lavoro interessante. I talenti non vanno buttati”.
In particolare, qual è il “suo talento”?
“Se si può definire tale, direi la caparbietà. Non mollare mai e guardare avanti senza mai voltarsi indietro…”
Perché è finita l’avventura di Pinco Pallino?
“Preferirei non parlarne, è stato un momento molto difficile sia sul piano professionale che su quello personale, ma che per fortuna è passato. Una questione molto, molto delicata”.
Che cosa l’ha aiutata?
“La mia famiglia, i miei figli e i miei nipoti. Mi reputo una donna fortunata, perché in molti frangenti mi sono imbattuta in grandi professionisti… e poi una mano me l’ha data anche la Provvidenza, quella con la P maiuscola”.
Come sta andando il “fattore” moda?
“Bene, benissimo. E’ l’orgoglio e il vanto della nostra Italia. Abbiamo la fortuna di avere gente come Armani, come Valentino, Prada…che tengono alta l’immagine della nostra nazione”.
Che cosa tiene “alta” la nomea di Bergamo?
“La voglia di fare, anche se abbiamo trascurato l’internazionalizzazione. I primi tempi dei Pinco Pallino, ricordo che io e Stefano partimmo alla volta di New York, per la prima fiera del bambino, compiacendoci di quello che sapevamo fare e di come avremmo potuto essere apprezzati in America. Non solo Bergamo, ma l’Italia in generale possiede un oro che non sta sotto la superficie, ma sopra. Ho clienti che impazziscono per il nostro Paese…”.
Le capita mai di invitarli a Bergamo?
“Ma certo! Tra l’altro ho un bellissimo ufficio in via Tasso, che tra qualche mese diventerà il mio ufficio di rappresentanza e Bergamo sarà il mio biglietto da visita urbano”.
Da cosa nasce l’ispirazione?
“Dalle emozioni, sono sentimenti che si trasformano con l’arte del fare. Quello che conta in questo lavoro sono le idee. In questo nuovo progetto c’è una segmentazione operativa secondo cui le varie componenti lavorano dando il meglio delle proprie competenze”.
La fonte creativa qual è?
“I miei nipoti, i figli di amici e più in generale i bambini con un’avvertenza assoluta: anche nell’abbigliamento devono essere lasciati bambini”.
Occuparsi di bambini è il segreto per mantenersi giovani?
“Dentro di me c’è una bambina… sono stata le quarta di sei sorelle. Ringrazio il cielo di essere nata in una famiglia che mi ha inculcato principi precisi…la correttezza, la stretta di mano, la parola data, non scendere a compromessi. Potrei farlo anche nel lavoro, magari proponendo dei vestitini da starlette per accontentare il mercato, ma non lo faccio. La vita, anche imprenditoriale, deve essere composta da business ma anche da questi valori, me l’ha insegnato mia mamma… occorre pensare anche agli altri”.
In che modo?
“Occupandosene, molto semplicemente. Ad esempio, questa è stata la molla della mia esperienza amministrativa a San Paolo d’Argon, due mandati come vicesindaco”.
Cosa le è rimasto?
“Tanto, un’esperienza che mi ha messo a contatto con la realtà e che mi ha consentito di veder realizzate alcune delle mie idee, soprattutto per quanto riguarda l’infanzia e la famiglia. Credo che per quei tempi, 20 anni fa, mettere attorno ad un tavolo tutte le realtà coinvolte in progetti educativi dei bambini e dei giovani fosse antesignano di un nuovo modo di concepire e dare attenzione al “sociale”. Tanto per dire, siamo passati da 800 prestiti di libri l’anno nella biblioteca comunale a 13 mila, dopo 8 anni”.
A proposito di cultura: che rapporto ha la cultura con la moda?
“La moda e il design in generale sono il termometro di un certo modo di vivere. La cultura è la base del nostro futuro imprenditoriale”.
Futuro dove i giovani arrancano…
“Il livello di preparazione delle giovani generazioni è altissimo, soprattutto all’estero. E’ un delitto che i nostri ragazzi non trovino sul territorio delle risposte alle loro attese. I migliori sono costretti ad emigrare per trovare possibilità di esprimere i loro talenti. Non ce ne facciamo carico ed è una cosa terribile”.
Che cosa la infastidisce di più?
“La mancanza di cultura, di valori non trasmessi, di un “piattismo” che anziché alzare il livello del lavoro e della produttività lo porta verso il basso, di rincorrere audience a tutti i costi. Trovo che sia insopportabile… “
Bergamo città della cultura…
“Potrebbe essere un grande volano…”
Come in pratica?
“So che sono all’opera commissioni e progetti, ma se anche non dovessimo vincere, il lavoro fatto per la candidatura non sarà stato fatto invano. Niente andrà perso. Abbiamo l’aeroporto che ci porta il mondo, ma ci manca da sempre il senso dell’ospitalità, dell’accoglienza. Speriamo che questo sia un incentivo per le giovani generazioni impiegate nel settore alberghiero. Dobbiamo investire nella formazione di operatori capaci di accogliere gli ospiti di target medio alto che approderanno nella nostra città che ha dei pregi incredibili, uno tra tutti l’accessibilità da tutta Europa”.
Che cosa la rende fiera di essere bergamasca?
“Tutto, di aver avuto una famiglia come la mia fortemente bergamasca che mi ha insegnato a lavorare”.
Che cos’è l’eleganza?
“La semplicità”.
Il consiglio per un dress code impeccabile?
“Una camicia bianca e un paio di jeans, sono perfetti. E’ possibile trovare capi di buon gusto anche a prezzi bassi”.
Il Royal Baby sta per venire al mondo: come si veste un bambino futuro re?
“Come tutti gli altri bambini e come farà la sua mamma. Una delle cose che mi ha gratificato di più è stata vedere Quvenzhane Wallis (la principale interprete di Beasts of the Southern Wild, film diretto da Benh Zeitlin e candidata all’Oscar) vestita da bambina e non da piccola star. Per non dire della piccola Suri, la figlia di Tom Cruise che ha comprato le mie scarpe, scarpe senza tacco, cioè scarpe da bambina. E’ il mio credo sul mondo del bambino che ho visto riconosciuto nello star system”.
L’entusiasmo non le manca…
“Rimettersi in gioco alla mia età ha significato rinascere, ho rifatto un progetto creativo più contemporaneo sia a livello di prodotto che di organizzazione”.
Tre cose per cui vale la pena vivere…
“Vivere per vedere, conoscere, fare, perché ci sono figli e un progetto di vita che lascerai agli altri”.
Qualche rimpianto?
“Avrei potuto prendere delle decisioni diverse…ma sono contenta anche così”.
Lei che nonna è?
“Una nonna con la valigia, mi piacerebbe portare i miei nipoti con me per il mondo. E lo farò”.
Un consiglio per chi vuole cominciare il "mestiere" dello stilista?
“Studiare ed essere umili”.
C’è uno stilista che ammira?
“Miuccia Prada, una donna eccezionale. Spesso ho pensato se potessi lavorare con lei. Le avrei fatto anche da cameriera”.