Tutti formatori, ma occhio a chi improvvisa

formatore Mi occupo di processi formativi e di formazione aziendale da diversi anni e da qualche tempo non ho potuto esimermi dal fare una considerazione: “sono tutti diventati formatori”. Sembra infatti che sia sufficiente una laurea ad indirizzo umanistico, un qualche corso di formazione istituito dalle tante società presenti sul mercato e una buona dialettica per fregiarsi del titolo di “consulente della formazione” o di “esperto dei processi formativi”. A costo di risultare antipatico, lo voglio dire, ma non sono assolutamente d’accordo con questo trend, che combatto da sempre. Sono convinto che essere formatori rappresenti una scelta professionale, che scaturisce da un preciso percorso personale e professionale, che necessita di aggiornamento continuo.

Lasciando perdere il discorso della motivazione personale sulla quale non posso entrare in merito, desidero però focalizzare l’attenzione sui percorsi formativi che aiutano a divenire dei formatori provetti. Come in ogni settore ci sono un’infinità di corsi e corsetti che sdoganano alla professione di formatore e diventa pertanto difficile capire quali valgono e quali invece è meglio lasciar perdere. Oggi con un titolo di studio universitario integrato a dei corsi di specializzazione e ad un’esperienza di almeno cinque anni, l’AIF, l’Associazione Italiana Formatori, certifica il profilo professionale del formatore; e anche sul sito dell’ISFOL, l’Istituto Professionale per la Formazione dei Lavoratori è possibile trovare informazioni corrette e aggiornate in materia. Ecco io partirei da queste due realtà e per qualsiasi domanda su temi quali corsi riconosciuti ed elenchi di formatori seri e preparati, chiederei a questi signori, che il settore della formazione lo conoscono bene. Ogni tanto qualcuno mi chiede una valutazione sui percorsi offerti dalle università: in realtà non mi dispiacciono, ma bisogna fare attenzione perché spesso si concentrano sugli aspetti istituzionali e amministrativi della formazione finanziata (il mercato della formazione professionale è suddiviso nei tre comparti formazione finanziata, formazione aziendale e formazione privata) e il rischio è quello di imparare ad essere un burocrate e non un formatore. Se poi pensiamo che il comparto dei fondi pubblici per la formazione è in forte decrescita a causa dei continui tagli alla pubblica amministrazione e della crisi economica, è più opportuno investire il proprio tempo in momenti formativi che approfondiscono la gestione e la tenuta del gruppo, la comunicazione efficace e i processi formativi complessi.

Oggi il formatore è un anello di congiunzione tra la formazione e il lavoro ed è chiamato a formare e riqualificare inoccupati e disoccupati e a curare l’aggiornamento professionale di chi ha un lavoro, ma necessità di migliorare le proprie performance.

La stessa parola “formatore” deriva dal latino “formator” e indica l’attività “di chi forma e dà forma a qualcosa o qualcuno”; nel linguaggio pedagogico e aziendale, il formatore è colui che prepara le persone a svolgere un’attività, una professione o ad iniziare un cambiamento personale. Il suo ruolo è quindi quello di costruire e/o consolidare i legami tra formazione e lavoro e di qualificare, riqualificare e aggiornare le forze di lavoro. Per sua natura il formatore può assumere funzioni più o meno ampie o specializzate a seconda della richiesta e delle sue competenze e in ragione al perseguimento degli obiettivi formativi può occuparsi solo della gestione didattica oppure dell’analisi dei fabbisogni, della progettazione, della valutazione, del monitoraggio dell’intervento. E poi un formatore “vero” può trovarsi a realizzare iniziative di formazione anche molto diverse tra di loro (quanto a contenuti, destinatari, etc.) e deve essere in grado di individuare le metodologie e gli strumenti più adeguati per fronteggiare le necessità della committenza e dell’utenza.

Essendo quindi il risultato di uno sviluppo costante dell’individuo, la sua competenza non è mai statica e in nessun momento può propriamente dirsi raggiunta, ma al contrario deve crescere e svilupparsi di continuo  Capite perché sono particolarmente severo con coloro che non studiano, che non si aggiornano e che pensano sia sufficiente trasmettere due slide ed essere spigliati per “fare formazione”. Bisogna invece dimostrare di saper utilizzare conoscenze ed abilità specifiche, di essere in grado di personalizzare le azioni formative, di possedere spiccate capacità comunicative e valutative e di conoscere  gli ultimi aggiornamenti in tema di metodologie della formazione. Allora si che ci si può fregiare del titolo di “esperti formatori”. Tutti gli altri sono gli improvvisati della formazione, di cui francamente il mercato del lavoro può farne  volentieri a meno.