A febbraio, in Lombardia si sono registrati 822 licenziamenti in ambito metalmeccanico, 120 esuberi in meno rispetto al 2013 (942), appena 12 in meno rispetto al 2012, quando furono 834 i lavoratori che persero la propria occupazione. Sebbene ci sia una certa diminuzione, il dato generale resta comunque allarmante, considerato che nei primi due mesi dell'anno si sono persi già 1.484 posti di lavoro. Anche in questo caso, l'emorragia occupazionale sta lievemente contenendosi rispetto all'anno precedente (300 lavoratori tagliati in meno), quando nel bimestre gennaio-febbraio furono allontanate 1.776 tute blu, 1.663 nei primi due mesi del 2012.
Le cifre – come sottolinea la Fiom Lombardia – si riferiscono alle medie e grandi imprese operanti nel settore metalmeccanico, che possono dunque usufruire di ammortizzatori sociali, mentre dal computo complessivo sono esenti le piccole imprese, gli artigiani, le ditte individuali o a conduzione familiare con pochi addetti.
Il comprensorio più colpito a livello di licenziamenti è stato il milanese con 252 esuberi: nel 2013 furono 174. Il segno più lo ritroviamo anche a Lodi (31 licenziamenti), Cremona (13), Brescia (98) e Varese (47). Negli altri territori a prevalere è il segno meno, magra consolazione, visto che comunque si registrano perdite pesanti nella Bergamasca (146 licenziamenti a fronte dei 272 del 2013 e dei 114 del 2012), nel Pavese (56) e nella Brianza (86, -44 il saldo nel raffronto sul 2012).
“In definitiva i dati certificano l'assenza di ripresa in Lombardia – ribadisce Mirco Rota, segretario generale della Fiom Lombardia -. I contratti di solidarietà rappresentano a questo punto una necessità ineludibile per le imprese che non si rassegnano a chiudere i battenti. Se i contratti di solidarietà rimarranno lettera morta, la situazione non potrà che aggravarsi. Ancora una volta lanciamo un appello affinché si renda operativa la legge approvata il 18 dicembre del 2013 con il contributo di tutte le forze regionali. Attardarsi ancora nell'approvazione della legge a sostegno dei contratti di solidarietà, significherebbe aumentare le sofferenze per le imprese e condannare altri lavoratori all'esodo forzato dal mondo del lavoro – precisa Rota -. E' difficile poi pensare di poter risolvere la crisi senza specifici piani di investimento da parte degli imprenditori, che sono chiamati a fare la loro parte nello sviluppo di nuove produzioni, per dare la scossa alle aziende che non riescono a intravedere la fine del tunnel della recessione e ad oggi non riescono a intravedere un futuro" conclude il segretario dei metalmeccanici.