Turismo, «a Bergamo serve un’identità»

Turismo, «a Bergamo serve un’identità»

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Con un terzo del budget a disposizione rispetto all’anno scorso, la quarta edizione del Festival Internazionale della Cultura ha ugualmente messo in campo più di trenta appuntamenti in due settimane, seguiti da oltre 18mila persone. Un calendario ampio e diversificato, che ha spaziato dalla musica alla fotografia, alla filosofia e che ha posto l’attenzione, in particolare, sul coinvolgimento dei più giovani e sulla valorizzazione dei loro talenti. «È costato fatica – rileva Casto Jannotta, presidente del Festival – ma siamo riusciti a mantenere alto il profilo, grazie ad un Comitato artistico di livello, con eventi calati sulle esigenze della città, che puntavano soprattutto a mettere in luce le qualità dei giovani del nostro territorio e a creare per loro un ponte verso l’internazionalità».
Cosa dice a chi non crede che abbia senso investire nella cultura di questi tempi?
«A differenza dell’Italia, altri Paesi europei in un momento di crisi come questo hanno aumentato in maniera significativa gli investimenti nella cultura. Ci sono studi che dimostrano che una crescita della conoscenza porta vantaggi dal punto di vista sociale. Aprire lo sguardo e la mente permette di ridurre l’ansia nei confronti delle situazioni che non si conoscono, di valutarle con un approccio diverso dal quotidiano. Assistere ad un concerto, ad un dibattito, godersi uno spettacolo teatrale è utile per risollevarsi e guardare le cose da una prospettiva diversa: è ciò che abbiamo cercato di fare con il Festival, i cui eventi erano tutti gratuiti».   
Ma la cultura può generare anche un ritorno più concreto e misurabile?
«È strettamente legata al turismo. Le ragioni principali per cui gli stranieri arrivano i Italia sono il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, la moda, il design e l’enogastronomia. In un momento in cui l’industria sta soffrendo, il turismo internazionale è la nostra unica risorsa ed investire in cultura è la maniera per migliorare l’attrattività».
Anche per Bergamo?
«Certamente, tanto più che possiamo contare su uno dei primi aeroporti italiani – si gioca il terzo posto con Linate – per numero di passeggeri. Sino ad oggi non abbiamo ancora sfruttato questa possibilità, il turismo lo stiamo subendo, non c’è una precisa scelta politica, un progetto per i prossimi anni. Ci sono tante cose buone, iniziative di qualità, questo sì, manca però un’integrazione, una visione per il futuro».
Intanto la città è candidata a Capitale europea della Cultura…
«È un grande stimolo e di questo va dato merito al Comune, non deve però essere il traguardo ma una tappa per arrivare alla definizione di una visione, chiamando a dare il proprio contributo tutti i soggetti interessati, nel rispetto dei ruoli».
Quale può essere il punto di forza di Bergamo?
«Bergamo ha un patrimonio ricco ma è difficile trovare, rispetto ad altre realtà, un elemento portante. Ravenna, ad esempio, ha un’eccellenza mondiale nei mosaici ed è questo il suo biglietto da visita. Credo che la direzione sia nel recupero delle nostre radici storiche, i valori dei bergamaschi, che comprendono anche il modo di essere nel mondo del lavoro e lo stile di vita. Insomma, occorre costruire un’identità che renda la nostra proposta unica e non replicabile. Non qualcosa costruito a tavolino, ma di profondamente ancorato e condiviso».
Insiste sulla collaborazione e la condivisione…
«È fondamentale ed è quanto stiamo cercando di sviluppare sempre più con il Festival della Cultura, che ha ampliato le collaborazioni – quest’anno con la Fondazione Bernareggi, il Conservatorio, il Talent Garden, Notti di Luce -, proponendosi come una piattaforma sulla quale le diverse realtà si possono innestare con le proprie peculiarità».
Non a caso, allora, nel Festival ha trovato spazio anche quest’anno l’enogastronomia…
«Anche il cibo è cultura e racconta un territorio. Abbiamo realizzato un doppio circuito: uno nella logica dello street food, ossia alle proposte veloci, il secondo con la formula “mangi in 2, paga 1”, dedicato agli under 30, una soluzione che ha dato la possibilità ai giovani di avvicinarsi all’alta ristorazione e che ha incontrato anche il favore dei locali. Abbiamo dovuto rinunciare, per via dei costi, a Cuochi in Scena, che nelle scorse edizioni aveva avuto molto successo (portando in piazza della Libertà le cucine dei ristoranti più illustri ndr.), ma contiamo di recuperare la manifestazione dal prossimo anno, con una modalità diversa, coinvolgendo più location ma conservando il gusto di utilizzare in modo diverso gli spazi della città. Cosa che, del resto, abbiamo fatto in questa edizione con altre iniziative, proponendo ad esempio incontri sul Sentierone. L’obiettivo è portare sempre più la cultura in strada, in spazi non convenzionali, più accessibili per tutti».   
Mentre si vola alto alla ricerca di un’identità culturale e turistica, si cade sugli aspetti più pratici, dalle informazioni ai servizi per i visitatori…
«Sull’accessibilità c’è ancora tanto da lavorare, dalla segnaletica in lingua alle informazioni sugli eventi in tempo reale. Bisogna stilare una vera e propria lista della spesa di tutti gli standard che una città deve avere per presentarsi sul mercato con le carte in regola. Le entrate del Comune per la tassa di soggiorno dovrebbero servire a questo, si dovrebbero mettere sul piatto risorse e costi e confrontarsi con gli attori per individuare le priorità. Come ripeto, sino ad ora il turismo non lo abbiamo scelto ma subito. Chi potrebbe dare una mano importante per il salto di qualità è l’Università che con le facoltà di Economia, Lingue e, per lo sviluppo dell’informatica e del digitale, Ingegneria potrebbe diventare un hub dei processi di ricerca, sviluppo e monitoraggio in campo turistico».
Imprenditore alberghiero, conosce bene anche la realtà del turismo montano visto che la sua famiglia gestisce l’Hotel Milano di Bratto. Quali sono le prospettive per la montagna bergamasca?
«Sta subendo la crisi. Sono fondamentali il rinnovamento degli impianti di risalita e l’adeguamento degli alberghi ma le risorse sono limitate e la competizione è con realtà come le regioni autonome dove il turismo può contare su ben altri contributi. Siamo anche di fronte ad una contrazione del mercato interno e a nuovi fenomeni sociali, come lo scambio di casa per le vacanze. In realtà le belle idee non mancano ma, come per la città, servirebbe una visione strategica. Non dimentichiamo che Milano è il bacino principale di tutto l’arco montano e le nostre montagne hanno il vantaggio dell’accessibilità per tutte le fasce della popolazione, un bel potenziale ma dobbiamo chiederci perché un visitatore dovrebbe scegliere le nostre Valli invece di un’altra località».
Qualche suggerimento?
«Una strada possono essere i family hotel, strutture più semplici ed essenziali in coerenza con le esigenze delle famiglie, che offrono la possibilità di fare sport e stare nel verde, oppure sviluppare tutto quanto ruota intorno al mondo dei bambini, dalle attività didattiche all’alimentazione, alla moda. Occorrono però precise politiche di prodotto, il turismo non è fatto di individualità, bisogna fare squadra». 
Avete già qualche idea per il Festival del prossimo anno?
«Stiamo ancora stilando il bilancio complessivo dell’edizione da poco conclusa, un’ipotesi di lavoro è però il tema dell’ambiente. Trattato non dal punto di vista tecnico e scientifico, visto che ci sono già eventi dedicati, ma con una visione interdisciplinare, inteso come qualità della vita».  

Casto Jannotta è presidente del Festival internazionale della Cultura di Bergamo, del Centro Congressi Giovanni XXIII, del Bergamo Convention Boureau, associazione specializzata nel fornire consulenza alle società di organizzazione di convegni ed eventi, fondata dal Centro congressi e dalla Promoberg. È inoltre presidente di Exclusive Hotel Collection, gruppo attivo nella gestione e commercializzazione di alberghi di alto profilo che ha nel proprio portafoglio il Castello di Velona a Montalcino, Palazzo Gattini a Matera, l’Hotel Imperiale a Taormina oltre all’Hotel Milano a Castione della Presolana, gestito dalla famiglia Jannotta.

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