Funghi dai fondi di caffè, un kit per produrli in casa

FungoBox_kit-fai-da-te-02Altro che basilico, timo e salvia. La cucina si può arricchire anche di funghi fai da te grazie al progetto dell’impresa sociale Upcycle Italia, che ha realizzato un kit che permette di coltivare in casa funghi buoni e sostenibili partendo dai fondi di caffè esausti.

Si chiama Fungo Box ed è un emblema di quell’economia circolare secondo la quale ogni innovazione e produzione deve essere pensata sempre all’interno di un ecosistema in cui gli scarti diventano risorse.

Tutto è iniziato da un cestino che per sei mesi ha raccolto i fondi esausti di migliaia di caffè preparati nel bar Lavazza del Padiglione Italia di Expo: 1.500 kg di fondi di caffè esausti sono stati recuperati da Amsa, portati in Cascina Flora, nel comune milanese di Locate Triulzi, e trasformati dai ragazzi di Upcycle Italia in fertile terriccio, producendo 150 kg di funghi.

Il progetto è stato raccontato all’interno del Sustainability Hub di Lavazza e Novamont presso Cascina Cuccagna, a Milano, riscuotendo un grande interesse di pubblico e stampa e nuovamente alla fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili “Fa’ la cosa giusta”.

Ma come funziona il kit? Una volta aperta la busta sottovuoto contenente il composto di caffè, cellulosa e micelio, basta riporla nuovamente nella confezione in cartone riciclato e inciderla lungo le linee tratteggiate. Si fa riposare Fungo Box una notte in frigorifero, poi lo si annaffia e si aspetta. Dopo circa 2 settimane i primi funghi fatti in casa saranno pronti per essere colti e mangiati.

«Il nostro scopo è quello di aiutare le città e gli individui a coltivare, vivere, pensare in modo più sostenibile e… circolare – spiegano gli ideatori -. Per questo, abbiamo individuato nella polvere di caffè usato un rifiuto molto interessante in quanto particolarmente ricco (contiene ancora il 99,8% dei componenti nutritivi del caffè) e perché l’altissima temperatura dell’acqua delle macchinette lo ha sterilizzato e reso “pulito”. Ogni giorno recuperiamo il caffè usato e lo trasformiamo in terreno di coltura. Abbiamo poi selezionato diverse tipologie di funghi commestibili in grado di crescere su una base di caffè esausto, tra questi i famosi funghi Ostrica, o Pleurotus, che noi commercializziamo sotto forma di kit: Fungo Box. Dopo la produzione e il raccolto dei funghi, il terriccio ciò che resta diventa un eccellente ammendante per il terreno e quindi una nuova risorsa per rigenerare il suolo dell’agricoltura peri-urbana».

I funghi in box sarebbero anche di una qualità migliore rispetto a quelli coltivati secondo metodologie standard ed hanno già strizzato l’occhio a chef e foodblogger.


Al bar “Il Cerchio nel Grano” i fondi del caffè diventano fertilizzante

il cerchio nel granoSONO SOSTENIBILE/ I PREMIATI

Soci in affari e compagni nella vita, nonché coetanei (classe 1976), Fabrizio Albergoni e la moglie Chiara Limonta hanno deciso di dare alla loro nuova iniziativa imprenditoriale una svolta nel segno della sostenibilità. Entrambi con esperienza in pubblici esercizi “convenzionali”, al bar caffetteria “Il Cerchio nel Grano”, aperto nel settembre 2013 a Ponte San Pietro (via Garibaldi, 62), hanno portato non solo attenzione al risparmio energetico, all’utilizzo di prodotti biodegradabili per le pulizie e alla raccolta differenziata, ma hanno puntato su prodotti del commercio equo e solidale. «Caffè, tè, cacao, cioccolato sono gli ingredienti principali del nostro lavoro – spiega Fabrizio Albergoni -, ma sono anche materie prime tra le più soggette a fenomeni come lo sfruttamento ambientale e dei lavoratori. Negli anni sono maturate in noi la consapevolezza e l’esigenza di tenere conto di questi aspetti».

La scelta per le forniture è andata cooperativa Amandla. «Qualche cliente vede sul bancone i prodotti Altromercato e riconosce l’attenzione al commercio equo – evidenzia -, ma per il resto non abbiamo voluto sottolineare in maniera particolare la nostra impostazione. Siamo sensibili a questo tema ma non vogliamo fare la predica a nessuno o imporci come una sorta di modello etico. Capita piuttosto il contrario, cioè che qualcuno, magari perché favorevolmente colpito dal gusto del caffè o del tè, ci chieda da dove provenga, facendo scattare l’occasione per raccontare le nostre scelte».

Un dialogo che ha portato anche a una singolare collaborazione. «Abbiamo cominciato con un amico che ha un orto e oggi sono tre le persone alle quali diamo i fondi del caffè da utilizzare come fertilizzante – dice -, una soluzione antispreco e naturale, perché da coltivazione biologica».

E non è che l’uso di materie prime fair trade certificate significhi prezzi più alti. «Siamo nella media – afferma Albergoni -. Il caffè da noi costa un euro, come la brioche, il cappuccino 1,40». La dimostrazione che anche un’abitudine quotidiana come l’espresso al bar può diventare più green. «Dal canto nostro non ci sentiamo mai arrivati – conclude -. È un percorso e ogni giorno vediamo cose nuove che possono completare la gamma e migliorare la sostenibilità».