Rossi si appella a Facebook, ma non è col populismo che si salva il trasporto locale

Rossi si appella a Facebook, ma non è col populismo che si salva il trasporto locale

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Matteo Rossi
Matteo Rossi

A volte, il presidente della Provincia Matteo Rossi pare una versione maschile di Alice nel paese delle meraviglie. Per quanto relativamente giovane, conosce i marosi della politica da almeno un paio di decenni e certo non può dirsi estraneo alle logiche e ai giochetti di quel mondo. Eppure, ogni tre per due lo si vede saltar su a lamentarsi perché l’abolizione dell’Amministrazione di via Tasso, voluta dal premier e segretario del Pd (il suo partito) Matteo Renzi e firmata dall’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio (anch’egli del Pd), si è rivelata un pastrocchio che ha lasciato in vita un simulacro quasi privo di competenza e con risorse ridotte ai minimi termini. Farebbe un torto alla sua e nostra intelligenza, Rossi, se dicesse che non sapeva, al momento dell’accettazione della candidatura, che questa era la situazione. Il contrario porterebbe a considerarlo uno sprovveduto, cosa che non è.

Proprio perché non è un principiante alle prime armi, sapeva a cosa andava incontro ed ora deve far fronte all’impegno preso con i modi e i toni che si confanno ad un rappresentante delle istituzioni. Stona, a volere essere generosi, imbattersi in una riflessione-appello postata su Facebook, dove pare sia molto attivo, a proposito dei continui tagli che stanno mettendo in ginocchio il trasporto pubblico locale. Il nostro Matteo-Alice si è scoperto improvvisamente solo di fronte alle proteste sempre più vibranti degli utenti e allora se ne è uscito con un attacco general-generico che non pare molto coraggioso. “C’è uno scandaloso silenzio su questa vicenda” tuona il presidente. “Chi parla lo fa solo per dare la colpa a qualcun altro, senza approfondire” affonda il colpo senza precisare il destinatario, per poi sottolineare: “Aspettiamo un segnale, un ordine del giorno, una mozione, una convocazione da parte di qualcuno” (chi?). Fino all’appello finale ai cittadini-fan di Fb: “C’è un muro di gomma che dobbiamo rompere, e vi chiedo una mano. Condividiamo l’appello, facciamoci sentire, chiediamo risposte, pretendiamole”.
Roba da applausi, a prima vista, se non fosse che Rossi sa benissimo chi sono gli interlocutori a cui dovrebbe rivolgersi. E non da cittadino, ma da presidente della Provincia. Uno è il governo che è guidato dal suo segretario e che vanta, tra i ministri più in vista, il bergamasco, nonché suo capocorrente (“Sinistra è cambiamento”), Maurizio Martina. Gioca in casa, se non riesce a parlarci direttamente, veda di scambiare con loro almeno un tweet. Se non trova udienza, abbia il coraggio di dirlo ad alta voce, non limitandosi a parlare di un generico “scandaloso silenzio”.

L’altro soggetto da chiamare a render conto è la Regione. Qui Rossi è perfino avvantaggiato perché all’assessorato ai Trasporti c’è quell’Alessandro Sorte con cui, quando questi vestiva i panni di coordinatore provinciale di Forza Italia, ha firmato nientemeno che il “patto costituente” (perifrasi nobile di quello che non è altro che un inciucio) su cui si regge la maggioranza di via Tasso. Visto che si vedono anche in momenti di relax, forse è il caso di approfittarne. Non foss’altro per richiamare chi da un lato sostiene la Provincia e dall’altro, legittimamente dal suo punto di vista, attacca Renzi come l’affamatore degli enti locali. La lettera che gli ha mandato è opportuna, ma gli esercizi epistolari spesso si rivelano retorici e, alla fin fine, stucchevoli.

Insomma, detto in termini terra terra, Rossi deve decidere che ruolo vuole giocare. Se davvero crede fino in fondo in quello che fa, e ritiene che si sia arrivati ad un punto di non ritorno, non deve far altro che alzare la voce, chiamare ciascuno alle proprie responsabilità e, sulla base delle risposte, agire di conseguenza. Compresa la possibilità di rimettere il mandato. Se il gioco non sta in piedi chiamarsi fuori non è un gesto di vigliaccheria. E’ l’unico modo di dimostrare che il re è nudo. Darsi al populismo forse aiuta ad accrescere la popolarità su Facebook, non certo a risolvere i problemi.