In questi giorni è uscito il suo quindicesimo libro, si intitola La vita finora. Il protagonista è un professore delle medie che accetta un incarico in un paese in cima a una valle, la Val di Scalve. Non è un caso. Raul Montanari, classe ’59, scrittore, autore di racconti, sceneggiature e opere teatrali, traduttore tra i migliori in circolazione in Italia, da molti anni vive a Milano ma è originario di Castro, sul Lago d’Iseo. Un legame mai venuto meno, visto che molti suoi romanzi sono ambientati sul lago e nelle valli vicine. Le sue parole dedicate alla vista del Lago d’Iseo hanno persino ispirato a Gualtiero Marchesi un piatto. L’abbiamo intervistato per conoscere le sue preferenze a tavola e abbiamo scoperto che l’arte culinaria non ha molti segreti per lui.
Che rapporto ha con il cibo?
È l’interfaccia con il mondo. Non c’è un atto più fisico che prendere un pezzo di mondo e metterlo nel proprio corpo. Da adolescente ho avuto con il cibo una relazione po’ tormentata, poi si è risolta. Il mio rapporto con la tavola è anche legato al piacere di fare da mangiare: cucinare è stato per me il primo gesto di autonomia in famiglia, la preparazione ad andare a vivere da solo. Si è caricato di un valore simbolico molto forte.
È un bravo cuoco?
Da bambino ero sempre con mia mamma e mia nonna in cucina a cercare di capire come preparavano i piatti. Come molti maschi che conosco mi piace cucinare i primi, è più divertente e l’operazione ti mette in contatto con materiali più piacevoli della carne. Penso onestamente di essere bravo a fare i risotti ma so fare un po’ tutto, tranne le paste ripiene, i casoncelli e i ravioli. Ho inventato anche qualche ricetta.
Ce ne dica una…
La più apprezzata sono gli spaghetti con il sugo di tonno, una ricetta che mi ha tramandato mia nonna e che io ho un po’ elaborato. È un modo completamente diverso di cucinare il pesce. Faccio il soffritto con la cipolla e non con l’aglio, unisco mezzo bicchiere di vino rosso, il pomodoro e invece del prezzemolo uso la salvia e alla fine ci va sopra addirittura il parmigiano grattugiato! Ha un gusto insolito, fa impazzire tutti. Hanno provato anche a copiarmela, ma senza successo.
È goloso?
Non sono un fanatico salutista ma quando posso faccio attenzione. Controllo sempre le calorie e cerco di limitare i grassi animali. Poi magari mangio tanto ma lo so. In generale preferisco il salato. Sto riscoprendo ora i dolci: come chiusura di un pasto amo i dessert leggeri, tutte le variazioni di gelato, i sorbetti. A merenda mi piacciono le torte tradizionali preparate con ingredienti semplici come la farina integrale e quelle molto farinose come la sbrisolona.
Gira l’Italia tenendo conferenze e reading, le capita spesso di mangiare fuori? Preferisce la trattoria o il ristorante?
Per molto tempo ho preferito mangiare nelle case. Il ristorante mi sembrava come il cinema, un ambiente che poteva mettermi a disagio e che mi obbligava a una convivenza forzata con persone che non conoscevo. Invece anche grazie allo stimolo della mia compagna ho riscoperto il piacere di cenare fuori e di condividere con gli altri l’esperienza del mangiare. Preferisco comunque ambienti piccoli con luci basse e i tavoli in un angolo. In sale grandi mi sento a disagio. La trattoria e il piccolo ristorante sono le dimensioni perfette per me.
È originario di Bergamo, quindi conosce bene la nostra cucina. Ha un ristorante preferito nella nostra provincia?
In estate mi ritiro sul Lago d’Iseo, a Castro per scrivere e per andare a pesca (ma i pesci li libero). Una tappa immancabile è il ristorante La Campagnola a Lovere. Mi siedo sempre nella stessa sala, allo stesso tavolo. Qui prevale il piacere dell’ambiente e la simpatia travolgente del patron Angelo. Se invece voglio una cucina raffinata e gustarmi il pesce di lago, il ristorante Zù di Riva di Solto, è inarrivabile.
Le piace il vino, o preferisce la birra?
Oggi sono pari come preferenze. Da ragazzo invece bevevo solo birra e non avevo nessuna preparazione sul vino. Negli ultimi anni mi sono preparato e quando esco lo bevo. Ma da ex bevitore quasi esclusivamente di birra ho uno sbilanciamento verso il bianco e i bianchi bergamaschi sono molto buoni, i Franciacorta magnifici.
Negli ultimi anni si è affermata la formula della cena con l’autore. Che ne pensa?
In passato non mi piaceva perché è una situazione contraria al mio desiderio di rimanere appartato mentre mangio. Da un paio di anni mi è capitato di farlo in diverse parti d’Italia e ultimamente sto accettando sempre più questi inviti. In queste situazioni bisogna avere misura. I commensali per un po’ ascoltano con interesse poi vogliono mangiare. A volte scherzo dicendo loro che ascoltarmi è la tassa da pagare per farlo.
Ha un ricordo particolare legato alla cucina?
Uno molto bello legato a Gualtiero Marchesi, il più innovatore e colto dei cuochi e persona dolcissima. Un giorno si è presentato durante un mio incontro col pubblico e mi ha raccontato di aver preso spunto dalla vista del Lago d’Iseo da Castro e da una mia frase che lo descrive riportata su un leggio, per creare un piatto, una tartare. È stata una delle cose che più mi ha inorgoglito.
C’è un cibo che non sopporta?
La bistecca. Amo invece molto i primi, il pesce e le verdure.
Chi inviterebbe a cena e dove lo ospiterebbe?
Forse un grande scrittore, Cormac McCarthy, scrittore western metafisico di cui ho tradotto quattro libri. Lo ospiterei a casa e in tavola servirei i miei spaghetti al tonno. Abituato com’è alle bistecche sono sicuro che lo stupirei.
Che ruolo ha il cibo nei suoi libri?
Spesso attribuisco le mie ricette ai personaggi. In diversi miei romanzi il protagonista è un giovane che vive solo e cucina. Il mio detective Velardi è un maniaco di cucina cinese; ha sempre con se una bottiglietta di salsa di soia che tira fuori e con cui irrora involtini e riso cantonese nei momenti più inaspettati. Un vezzo gastronomico che mi ha permesso di rendere questo supereroe intelligentissimo un po’ comico. Quando costruisco i miei personaggi compilo su ognuno un questionario di 24 domande. Che rapporto ha con il cibo è una delle prime domande. Poi non è detto che il lettore veda i personaggi mangiare o cucinare ma io lo so e nel ritratto si capisce.
Si riconosce con l’immagine classica dello scrittore che scrive circondato da tazze di caffè?
Il caffè non mi piace, né mi piace fumare. Bevo il tè ma non mentre scrivo. Mi piace tenere separato lo scrivere dal mangiare
Scrittore, autore teatrale, tra i migliori traduttori italiani, lo scrittore bergamasco, spesso ospite in tv, è un cuoco esperto. Chiedetegli dei suoi spaghetti con il tonno.
Un giorno Gualtiero Marchesi è passato da Castro e si è fermato per ammirare la vista sul lago e la montagna. Ha letto le mie parole incise su un leggio e l’hanno così colpito che la sera ha inventato un piatto, una tartare.
*Photo credit Raul Montanari: Studio Tarzia Lovere