To be thus is nothing, but to be safely thus. Così e non altramente scriveva il Bardo, nella più cupa delle sue tragedie britanniche. E così, a un dipresso, dovremmo ragionare noi pure, gente di cazzuola e di conto corrente, dieci secoli dopo il sire scozzese, dalle mani lorde di sangue. Ciò che importa è la sicurezza: sicurezza dell’oggi e del domani. Invece, pare che proprio sul versante della sicurezza, sia pure attraverso le trame, non sempre limpidamente realistiche, dell’algoritmo, noialtri lasciamo a desiderare. O, meglio, una parte di noialtri dia il patema all’altra parte.
Io, lo premetto, non mi dedico granchè a strologare sulle statistiche: la storia trilussiana del mezzo pollo ce l’ho sempre ben presente. Però, la visione della solita classifica delle città vivibili ed invivibili, stilata da Il Sole 24 ore da un quarto di secolo a questa parte, in questo caso mi pare piuttosto veritiera: collima, insomma, con le mie riflessioni, come, rade volte, il meteo collima con le mie ginocchia giacomette. Certo, si tratta di statistica: non di un fotogramma di vera vita: però, è verosimile come statistica e, d’altra parte, Renzo e Lucia mica parlano il dialetto secentesco di Calolzio, eppure il romanzetto funziona che è una meraviglia. Ciò detto, mi sembra che ci siano validi motivi per essere soddisfatti di questo 2015 all’insegna della goricrazia: lunga amicizia mi lega al sindaco, ma questo non mi ha mai impedito di mandarlo al diavolo, laddove ne sentissi la necessità. In alcuni campi, Gori e la sua squadretta di volonterosi mi pare abbia bene operato: nella cura dell’ambiente e del paesaggio urbano, nei servizi, fatti salvi anagrafe e stato civile, catastrofizzati dalla più demenziale delle riforme, e, in generale, negli aspetti gestionali ed amministrativi, voci per cui ci piazziamo abbastanza in alto nella classifica solare.
Come sapete, a me duole il dente per la straziante gestione della cultura, però, non esistendo una voce statistica per la ricaduta culturale, ma solo quella per le presenze alle mostre, le amene sembianze prevalgono, ed io mi arrendo. La nota più che dolente dell’analisi de Il Sole 24 ore, però, è quella legata alla sicurezza, per cui la classifica ci vede precipitare fino all’ottantesima posizione su 110 territori valutati. Ottantesimi, in effetti, non è che sia questo gran risultato: soprattutto se pensiamo che, a cinquanta chilometri da noi, c’è il Paese con meno criminalità al mondo. E poi dicono che le frontiere esistono solo nella mente degli uomini: sì, vaglielo a dire a quelli di Pontresina! Certo, anche questo dato va analizzato ed inserito in un quadro generale: non è che a Bergamo ci siano i mafiosi con la coppola e la lupara, come farnetica qualche rimbambito su Facebook. Però, la sensazione diffusa è quella di una sicurezza appesa ad un filo: furtarelli, magari, scippettini, piccoli ladrocinii tra amici. Però, quando la bicicletta la rubano a te, quando la casa svaligiata è la tua, il furtarello diventa una tragedia e tu diventi una belva.
Quando ti spaccano il parabrize per rubarti una borsicina con dentro tre euro frusti e un cellulare vecchio, dentro di te si risveglia l’ispettore Callaghan che dorme in ognuno di noi: e stringi i pugni, con un ghigno bestiale, immaginando di avere tra le mani il ladruncolo, come a stritolarlo. Solo che, tra le mani, non ce l’hai e, con ogni probabilità, non ce l’avrai mai: perché è su quella che viene definita, stupidamente, microcriminalità, che il sistema fa più acqua. Contro i grandi racket, contro i più pericolosi boss, sovente si segnano vittorie: è contro la pletora di piccole violenze contro di noi ed i nostri beni che la polizia e, soprattutto, la magistratura sono pressochè inerti. E qui Gori c’entra poco.
Io, ad esempio, ho querelato due anni fa un pazzo scatenato, che mi aveva pesantissimamente insultato e minacciato su internet, diffondendo perfino il mio indirizzo ed additandomi al pubblico linciaggio: dopo due anni, nonostante la mia individuazione come parte offesa ed infiniti solleciti del mio avvocato, il magistrato bergamasco che ha in mano la faccenda non ha ancora ordinato di chiudere il blog incriminato. Due anni! Non oso pensare che ne sia dei vetri spaccati, delle serrande forzate, delle biciclette ablate dal loro palo lucchettato. Da questo deriva il dato sull’insicurezza: che non è panico, né sindrome da giustizieri della notte, ma è perdita di fiducia in chi dovrebbe proteggerci. E’ assenza dello Stato: per perdonismo cattocomunistoide, per strettezza di mezzi, per ignavia, per italianeria, se volete. Ma il dato vero è che, alla domenica, in giro per il centro non ci sono bergamaschi, ma solo stranieri, dall’aria torva e per nulla indomenicata: Aldous Huxley e non Shakespeare ci viene in soccorso, in clausola, con il suo Brave new world. E, come facilmente immaginerete, quello distopico non è un libro che finisca tanto bene, esattamente come la storia di Macbeth. Quello per cui la sicurezza era la cosa fondamentale. Dimenticavo: buon Natale.