Pasta corta e alta ristorazione: il cucchiaio torna di moda

Pasta corta e alta ristorazione: il cucchiaio torna di moda

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Tubetti, sedanini, conchiglie eliche, maccheroncini tornano a farsi spazio tra i formati più utilizzati e conosciuti. Perché prendere la cucchiaiata di pasta ben condita è assolutamente più goloso.

Frequentando ristoranti e cucine professionali è stato facile osservare come la scelta del formato di pasta da proporre e da utilizzare per i propri piatti sia assolutamente limitata. Nonostante i formati di pasta lunga e corta siano davvero numerosi, la ristorazione di ricerca e non solo propone in prevalenza formati di pasta secca come spaghetti o linguine per quel che riguarda la pasta lunga, mentre per quanto riguarda la pasta corta, prevalgono paccheri, mezzi paccheri, calamarata e fusilli. Tutta pasta liscia, in genere artigianale e bella ruvida, che tiene bene la cottura e anche il condimento. Non è un segreto che in Italia il formato di pasta più apprezzato siano gli spaghetti e, di conseguenza, sia anche il formato più proposto. Ma il mondo della pasta secca merita di più; e cioè che anche altri formati siano valorizzati per bene. Le difficoltà da superare sono tra le più diverse, per lo più legati all’immaginario, come ad esempio il percepire erroneamente alcuni formati come industriali e di bassa qualità. Ma non è così, perché il mondo della pasta secca artigianale propone ormai prodotti di qualità eccelsa, perfetti per la preparazione di piatti tutti da godere.

Ecco che alcuni formati di pasta secca corta che stanno tornando alla ribalta, come i fusilli e i fusilloni, ormai presenti in tantissimi menu.

Si iniziano a vedere nelle carte di alcuni ristoranti anche formati inusuali, perfetti per la preparazione di primi piatti asciutti o brodosi, entrambi da mangiare con il cucchiaio, con la possibilità di gustarli nella loro interezza. Spesso lo spaghetto o il pacchero, seppur ben condito e mantecato, non permette di gustare il piatto con tutti i suoi elementi in maniera facile e immediata; mentre o permettono formati come mezze maniche, tubetti o conchiglie. Pioniere in questo, è lo chef Riccardo Camanini, con il suo ormai celebre piatto di rigatoni cacio e pepe in vescica, ove gli ingredienti vengono fatti cuocere nella vescica di maiale, regalando una cremosità e una mantecatura senza uguali. Sono comunque molti gli chef che stanno re-introducendo i formati di pasta secca corta tra i più diversi, eccezion fatta per le penne che, probabilmente piacciono ancora poco.

I maccheroncini con ragù di quaglia di Filippo Moriggi

I maccheroni sono una pasta che tutti conosciamo; uno dei simboli della cultura gastronomica italiana. La sua forma a tubo lascia penetrare il condimento al suo interno rendendo così il formato perfetto per accompagnare sughi belli cremosi e succulenti, come quello scelto da Filippo Moriggi, chef del ristorante Locanda Viola di Pagazzano (Bg). «Io da sempre scelgo la pasta secca del pastificio Regina dei Sibillini, un pastificio piccolo e artigianale marchigiano, che a me piace molto, li ho conosciuti durante la mia esperienza lavorativa al ristorante Vespasia di Norcia: una pasta che tiene la cottura in modo perfetto, buona, dalla consistenza unica» racconta lo chef. Le quagliette sono quelle selezionate dalla macelleria Cazzaniga di Canonica d’Adda (Bg). Una volta arrivate in cucina vengono pulite, disossate per bene, tagliate a tocchetti e condite con olio extravergine di oliva, sale e pepe. A parte, viene preparato un soffritto a cui viene unito del concentrato di pomodoro, del vino bianco, del Marsala e del fondo di vitello. In ultimo le carni di quaglia, che vengono poi fatte cuocere per circa un paio di ore. Il risultato? Un ragù saporito, in cui ben si percepisce la quaglia, che manteca alla perfezione i maccheroni cotti in acqua bollente. Alla base del piatto una crema di peperone giallo e, per finire, una fonduta di Castelmagno DOP.

Le conchiglie di Filippo Cammarata, metafora di casa

Le conchiglie sono un formato che “sa di casa”, perfetto per accompagnare qualsiasi condimento. Filippo Cammarata, chef dell’Osteria Tre Gobbi di Bergamo, con questo piatto racconta le sue origini, utilizzando condimenti che rappresentano la Sicilia, regione da cui proviene la sua famiglia. Un primo piatto rotondo, goloso, che ricorda, ma solo per il formato, quel piatto di pasta per il pranzo al ritorno da scuola. Le conchiglie sono cotte in acqua bollente e servite tiepide. Accolgono la golosa crema a base di pistacchio e fico d’India. E poi le vongole, mollusco tra i simboli della cucina di mare, appena scottate fino alla loro completa apertura, che si mantengono morbide e gustose. Ecco le conchiglie tiepide, con vongole, pistacchio e fico d’India: da mangiare con il cucchiaio!

Angelo Bonfitto con le eliche celebra la primavera

Angelo Bonfitto è uno dei giovani chef di cui si sente tanto parlare in questi mesi e che adora nel profondo le paste corte. «Non capisco il motivo per cui le paste corte non vengono quasi mai utilizzate nell’alta ristorazione: sono pratiche, comode da mangiare e anche molto golose» racconta lo chef che, da poche settimane, ha rilevato e riaperto lo storico ristorante Zù a Riva di Solto (Bg), sulla sponda bergamasca del Sebino. Le eliche scelte provengono da Gragnano, sono infatti grosse, dalla superficie bella ruvida e dal morso percepibile. Questo piatto ben rappresenta la mano e la sensibilità di Angelo, che all’interno di una vasta proposta a base di pesce, ha scelto di cucinare anche qualche piatto di terra, tra cui questa pasta servita tiepida e condita con una crema di piselli freschi, dei fagiolini croccanti sott’aceto tagliati a rondelle, limone, erbe e fiori. La primavera è servita, in un piatto caratterizzato dal sapore dolce, con un bel vegetale e una decisa freschezza che ne allunga il piacere.

Marco Stagi e i tubetti al ristretto di vongole e schiuma di champagne

Un piatto all’apparenza molto semplice, ma che ad ogni cucchiaiata riserva delle belle sorprese. La pasta è prodotta artigianalmente e proviene dal pastificio dei Campi di Gragnano: una pasta corta secca bella ruvida, che cuoce lentamente e si mantiene croccante anche alla masticazione. Quando affondiamo il cucchiaio nel piatto le sorprese hanno inizio. «Un piatto in cui la cremosità prevale, un modo per rendere elegante un condimento che se abbinato a uno spaghetto si scomporrebbe, creando difficoltà nel gustarlo. Poi è facile da risottare e si manteca per bene» racconta Marco Stagi, chef di Bolle Restaurant di Lallio (Bg). I tubetti, cotti alcuni minuti in acqua, vengono poi mantecati in acqua di vongole, succo di limone e olio al limone. Si uniscono quindi alle vongole cotte appena, che rimangono belle morbide e succose, e a una brunoise di gambi di costa bianca, che regala un poco di croccantezza e l’aroma vegetale. La pasta viene quindi adagiata sopra una crema al latte con orzo. La composizione del piatto termina con una schiuma di Champagne; il vino viene leggermente ridotto al fine di eliminare la parte alcolica, poi in modo molto creativo viene ossigenato e adagiato sopra la pasta, a coprirne tutta la superficie. La marinità si percepisce per bene e si sposa al meglio con il vegetale della costa. La spinta acida del limone rende il piatto fresco, la dolcezza della crema di latte e orzo lo rende ancora più piacevole al palato; per una pasta cremosa e succulenta.

 

I Tubettoni di Sandro Pittelli e il “suo” Sud

Quando Sandro Pittelli racconta delle materie prime del sud Italia, i suoi occhi si illuminano. Questo perché è letteralmente innamorato delle sue origini e dei prodotti che ne derivano. Li utilizza spesso nella creazione dei piatti nel suo Tentazioni Ristorante a Costa Volpino (Bg), che gestisce con il fratello Giacomo. Sandro non è incline all’inseguire le mode: lui cucina per i suoi ospiti, per regalare una profonda soddisfazione gastronomica. E lo fa anche con questi tubettoni lisci di Gragnano, più piccoli sia in diametro che in lunghezza dei paccheri, da mangiare con il cucchiaio. Alla base del piatto viene messa una crema di fagioli del Pollino, piccoli fagioli bianchi tutelati dal Presidio Slow Food. La pasta, dopo la cottura, viene mantecata in una bisque preparata con gli scarti della triglia di scoglio, i cui filetti vengono aggiunti al piatto sotto forma di bocconcini croccanti: le triglie fresche intere vengono sfilettate, poi tagliate a tocchi, impanate e fritte. Il tocco finale, perfetto a livello gustativo e che aggiunge infinita piacevolezza, è dato dall’aggiunta del finocchietto selvatico in polvere: una sterzata che diverte.