Ogni 24 ore in Italia finiscono nella spazzatura 13 mila quintali di pane sfornato, come denuncia una recente inchiesta della sezione Expo del Corriere della Sera. Colpa degli italiani, ancora troppo spreconi nonostante l’Austerity? Solo in minima parte. Sprechi e sperperi sono in grande misura colpa della grande distribuzione e delle sue logiche iper-produttive per mantenere gli scaffali sempre pieni, denuncia Assipan, Associazione Italiana Panificatori e affini della Confcommercio.
I panificatori forniscono la Gdo, ma devono sottostare ad accordi-capestro, che li obbligano a farsi carico del ritiro di tutto l’invenduto del supermercato di turno, a partire dallo smaltimento. Il pane rimasto sugli scaffali la sera prima sfiora in alcuni casi il 30% e la Gdo, oltre a non rimodulare gli ordini in base ai consumi effettivi, obbliga i panificatori a smaltire a loro spese l’invenduto. Assipan non ci sta: per questo a luglio ha presentato una segnalazione all’Antitrust denunciando l’ «abuso di posizione dominante della grande distribuzione» per «la pratica vessatoria» che obbliga i panificatori al ritiro del pane invenduto.
Roberto Capello, presidente di Aspan, alla guida dell’Unione Regionale Panificatori della Lombardia, nonché presidente nazionale della Federazione italiana Panificatori, fa il punto sulla situazione nella nostra provincia e in Lombardia. I bergamaschi restano nonostante tutto dei risparmiatori, ancora allergici agli sprechi inutili, ma soprattutto vogliono costruirsi da soli il loro mercato: «Grazie ad un’adeguata politica sindacale e ad una campagna di informazione e sensibilizzazione della categoria, i panificatori hanno sviluppato una cultura imprenditoriale che li ha fatti abbandonare forniture anti-economiche, con veri e propri ricatti finanziari e ritardi nei pagamenti commenta Capello. La fornitura di un prodotto quotidiano è poi soggetta a numerosi imprevisti, basta un ritardo nella consegna o un fenomeno meteorico che comprometta la qualità per vedersi contestare l’intera commessa».
E’ difficile ormai vedere siglare accordi insostenibili: «I contratti capestro si sono molto ridimensionati negli anni nella nostra provincia e in Lombardia – continua il presidente – . I panificatori sono ormai preparati e gli accordi che vengono stilati con la grande distribuzione non prevedono il ritiro degli avanzi se non in termini di decenza etica oltre che economica. E la sostenibilità si ha quando sono estremamente contenuti, nell’ordine del 2 per cento. In questi anni anche la stessa grande distribuzione si è organizzata per tamponare scaffali che si svuotano con cotture “just in time” di prodotti precotti surgelati. Certo, è tutt’altra cosa rispetto al pane fresco, ma comunque va a soddisfare un bisogno senza incorrere in inutili sprechi». Ma ad organizzare la produzione, contenendo al minimo gli sprechi sono gli stessi panificatori. «La scelta delle imprese più organizzate è quella di sfornare a ciclo continuo per ridurre gli sprechi, adattando la produzione ai consumi del giorno, lavorando prevalentemente il pomeriggio durante la settimana, dato che il pasto principale consumato a casa da lunedì a venerdì è ormai la cena. Oltre a ridurre drasticamente gli avanzi, si garantisce un prodotto di maggiore qualità e non si è più costretti alle levatacce notturne di un tempo. Ora si inizia tranquillamente alle 5 del mattino, motivo per cui l’arte della panificazione conquista sempre più giovani e donne».
Pensare ad una media di 13 mila quintali di pane al giorno buttati è davvero assurdo, sgrana gli occhi il presidente: «Fortunatamente nella nostra provincia e in Lombardia non si sfiorano nemmeno queste cifre. Il punto è che è sempre più facile piangere, lamentarsi e complicarsi la vita piuttosto che cercare soluzioni ai problemi. Grazie al progetto Ri-affermo, frutto della collaborazione tra Aspan Bergamo, Caritas e una società specializzata in software gestionali, le eccedenze di produzione del pane e dei prodotti da forno presenti nelle aziende di panificazione vengono, ad esempio, sempre recuperate. A fine giornata, i volontari dei centri di ascolto parrocchiali in accordo con i panificatori, ritirano gratuitamente le eccedenze invendute per destinarle alle famiglie bisognose. Ogni giorno, negli ultimi due anni, in tutta la provincia almeno 3-4 quintali di pane prendono la via della solidarietà». Quanto al cambiamento nei consumi e al fatto che la crisi spinga molti italiani – il 46% per l’esattezza, secondo un recente studio della Coldiretti – a mangiare il pane avanzato il giorno prima, Capello commenta: «I consumi di pane giornalieri sfiorano i 100 grammi a testa. Ma per ridurre gli sprechi non serve mangiare pane raffermo, basterebbe semplicemente fare una spesa più oculata. Acquistare sì dei piccoli panini che si è certi di consumare a breve e comprare anche una pagnotta per essere sicuri, in caso di avanzo, di avere anche l’indomani un pane ancora soffice».