Olimpiadi, il no della Raggi e la malafede dei perdenti

Olimpiadi, il no della Raggi e la malafede dei perdenti

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Virginia Raggi
Virginia Raggi

Siamo un Paese con le pezze sul sedere ma vogliamo le Olimpiadi. Abbiamo una capitale sgovernata da decenni e sfregiata da un degrado inarrestabile ma vogliamo le Olimpiadi. Non abbiamo le risorse per mettere in sicurezza borghi e città che alla prima scossa o alla prima alluvione vengono spazzati via ma vogliamo le Olimpiadi. Anche per queste ragioni Mario Monti quattro anni fa disse no alla candidatura di Roma per l’edizione 2020. E nessuno, dicasi nessuno, obiettò. Anzi, la decisione fu lodata come “saggia e responsabile”. Oggi,a fronte di una situazione economica e del bilancio dello Stato ancora peggiore, i silenziosi di ieri urlano tutta la loro rabbia contro Virginia Raggi per il suo rifiuto di continuare l’iter avviato dal suo predecessore Ignazio Marino per la conquista dell’edizione 2024. Uno spettacolo davvero penoso e grondante malafede. I giornaloni son pieni di articolesse inzuppate di indignazione quasi che la giovane sindaca di Roma avesse inflitto un colpo mortale all’immagine, altrimenti splendente, del Paese. Quasi che dir di no alle Olimpiadi fra 8 anni impedisca a chi ci governa con vacue parolone e promesse da mercante in fiera di portare a casa i risultati di cui gli italiani hanno bisogno hic et nunc, qui ed ora.

Si può pensare tutto il peggio possibile della Raggi e del Movimento 5 Stelle, e le prime settimane alla guida della capitale stanno dimostrando quanto dilettantismo e ideologia non aiutino a governare, ma ci vuole molta malafede per contestare una decisione semplicemente coerente. Che i grillini fossero contrari alle Olimpiadi non è mai stato un mistero, al di là di qualche tatticismo o di talune dichiarazioni sibilline. Il loro programma era chiarissimo. Tre mesi fa, non il secolo scorso, si sono presentati agli elettori e i romani hanno tributato a Virginia Raggi il 67 per cento dei voti, più del doppio di quanto conquistato dal suo avversario Roberto Giachetti. Chi oggi ciancia di referendum dovrebbe avere il buon gusto di avere rispetto della democrazia. I cittadini della capitale si sono pronunciati in modo netto, inequivocabile. Chi ha perso malamente le elezioni sta cercando di prendersi la rivincita. Il giochino è fin troppo scoperto. Ma proprio il “plebiscito” tributato a Virginia Raggi, al di là e quasi a prescindere dalle sue capacità (su cui è più che lecito nutrire seri dubbi), dice che chi ha governato Roma fino al giugno scorso ha perso ogni diritto di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Non è stato forse il Pd a buttar giù in malo modo il sindaco Marino che aveva avviato la candidatura per il 2024? E non è stata forse la gestione del sindaco di centrodestra Gianni Alemanno (per tacer di Mafia capitale) a sconquassare i conti del bilancio comunale?

Non si capisce davvero con quale credibilità parli e giudichi chi, compresi i tanti servi sciocchi che li fiancheggiano nelle redazioni dei giornali, porta sulla coscienza gli sconquassi e il malgoverno che hanno ridotto Roma nello stato penoso in cui versa. Qui non si tratta di non voler sporcarsi le mani né di aver paura di dimostrare di essere capaci di gestire un grande evento senza gli sprechi e le ruberie del passato. È una questione di elementare buon senso: Roma, come tutto il Paese, ha bisogno di ordinarietà, di pulizia, di risanamento, di un governo dei problemi quotidiani. A fronte di chi non ha lavoro o è costretto a vivere con una pensione da fame c’è una classe politica e giornalistca che butta via le sue giornate a parlare di Olimpiadi 2024 e di legge elettorale. Lo stridore non potrebbe essere più lacerante. E allora sia lodata chi, senza tacere tutti gli altri limiti che anzi vanno denunciati senza sconto alcuno, ha avuto la forza di dire stop. Chi non è d’accordo, se come dice ha rispetto della democrazia, se ne farà una ragione.