La cucina di Massimo Bottura è la migliore del mondo. Già numero due nella classifica “50 Best Restaurant”, l’Osteria Francescana dello chef modenese è ora salita sulla vetta del prestigioso premio della rivista inglese Restaurant Magazine, arbitro e guida del gusto internazionale al pari delle stelle Michelin. Bottura è stato votato da un panel di oltre mille esperti di gastronomia di tutto il mondo e incoronato vincitore nell’evento in scena questa notte nel lussuoso Cipriani Wall Street di New York. Ha scalzato dal vertice i fratelli Roca di El Celler de Can Roca, di Girona, mentre al terzo posto si è piazzato l’Eleven Madison Park di New York.
Il risultato rilancia ad altissimo livello la cucina italiana, che ha ottenuto anche il 17esimo posto con il ristorante Piazza Duomo di Enrico Crippa ad Alba, il 39simo con Le Calandre degli Alajmo a Rubano e il 46esimo con il Combal Zero di Rivoli, di Davide Scabin, new entry nella graduatoria.
«Il miglior ingrediente per il futuro è la cultura. La cultura porta conoscenza e apre consapevolezza». Queste tra le prime ed emozionate parole del nuovo “numero uno”. Un concetto che gli è caro e che aveva avuto modo di illustrare anche nell’intervista rilasciata ad Affari di Gola nel 2010. Ve la riproponiamo.
«È la cultura l’ingrediente principale in cucina»
di Roberta Martinelli (da Affari di Gola, maggio 2010)
È nella top ten dei migliori ristoranti al mondo. Come si sente?
«È una soddisfazione ma anche una grande responsabilità. Quando si vince un premio devi immediatamente pensare al futuro, tornare a casa e reinvestire. Subito provi un sentimento di gioia poi pensi agli eventi che devi fare, ai clienti che fanno centinaia di chilometri per venire da noi e ti rendi conto che dovrai cercare di rimanere al ristorante il più possibile per cucinare, poi salutare, poi ringraziare. Ringraziare è una parola fondamentale per noi chef. Prima bisogna ristorare, poi far passare dei bei momenti agli ospiti».
Come si arriva a un riconoscimento così importante?
«È il risultato di un lavoro di squadra, di un lavoro giorno dopo giorno, testa bassa, tanta umiltà e 10% di talento come diceva Picasso».
Qual è l’ingrediente più importante in cucina?
«Il pensiero, la tua cultura. È l’ingrediente che non puoi comprare. Per la tecnica puoi avere il più grande tagliatore del mondo, per la materia prima il miglior parmigiano ma il tuo pensiero è unico e irripetibile. Cucinare significa trasmettere attraverso la tua passione emozioni. Ai giovani lo dico sempre: studiate, studiate, più studi e più approfondisci i tuoi interessi».
Quali sono i piatti che più la rappresentano?
«Piatti che stiamo pensando e che saranno in carta nel futuro: la patata in attesa di diventare tartufo, l’insalata di pollo che non c’è, la zuppa di rottura di confine tra il dolce e il salato, con piselli e asparagi».
C’è una definizione giusta per la sua cucina?
«È una cucina moderna, attuale, che vive il presente. Una cucina in evoluzione, che prende il meglio della materia prima e la trasforma con grande rispetto».
Cosa significa fare avanguardia in cucina?
«Per fare l’avanguardia non puoi criticare, devi conoscere tutto, dimenticare e creare dal nuovo. I cuochi che non interpretano musica scritta da altri e la suonano loro sono chef d’autore».
C’è un limite a quanto si può far pagare un piatto o una cena?
«Ci sono ristoranti nei quali si spendono 700/800 euro che devono chiudere perché hanno spese troppo alte e altri che hanno prezzi più bassi, 20 coperti e poco personale che fanno altrettanta fatica. Anche chi cerca di tenere prezzi contenuti deve sempre fare i conti con ciò che è il costo del personale: il costo dato dai ragazzi che sacrificano la loro vita, perché credono nell’avanguardia. Poi è logico non esagerare, stare attenti al mondo che sta cambiando».
Dove sta andando la cucina italiana?
«Al massimo del livello. Solo noi in Italia forse non abbiamo capito che questa nuova cucina è formata da un gruppo solido di gente che si rispetta, di cuochi che stanno portando la ristorazione italiana ai vertici assoluti. Dobbiamo solo riuscire a fare sistema, avere appoggio istituzionale».
Conosce la cucina bergamasca? E i nostri ristoratori?
«Apprezzo molto i fratelli Cerea».
Ora che è considerato tra i migliori chef al mondo non si monterà la testa?
«Non credo. Odio l’arroganza. Se mi chiede quale materia prima ho cucinato le rispondo l’arroganza di certi cuochi che abbiamo cucinato e servito».
Cosa c’è nel futuro di Bottura?
«Sempre il futuro».
A Bergamo lo chef c’era stato invece nel settembre scorso nella speciale edizione di GourmArte in occasione dell’Expo tra la Domus Bergamo di piazza Dante e il Balzer. Ecco cosa aveva preparato e la galleria dell’evento