Il regolamento sulla movida di Parma è stato il modello di riferimento per il Comune di Bergamo, ma alcuni paletti fissati dall’amministrazione della città emiliana sono presto crollati con il ricorso al Tar da parte di alcuni gestori. Il Tar ha decretato “l’illegittimità, sotto il profilo gestionale, della previsione di un trasferimento di funzioni e poteri di polizia e di controllo a soggetti privati, funzioni e poteri che possono essere esercitati solo dall’amministrazione pubblica”. In particolare, vengono meno l’obbligo per il gestore di escludere la presenza della “propria” clientela sulla sede stradale e il regime di responsabilità estesa nel raggio di metri 10 dagli ingressi dei locali e dalle eventuali aree in concessione. Se il Tar dell’Emilia Romagna ha riaperto la movida parmense, non è detto che una simile pronuncia non possa arrivare anche in Lombardia, in caso di eventuale ricorso da parte dei gestori, un’opzione che senz’altro si sta valutando. A Parma il regolamento oggi in vigore non è il primo, dato che movida e tensioni con i residenti nella città universitaria si trascinano da almeno il 2002: «I principali problemi si sono sempre concentrati in due zone, in Via Farini, strada pedonale, e in Via D’Azeglio una via dove di notte risulta difficile transitare in auto perché sempre affollata- spiega Manuel Fava, segretario della Fipe- Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Parma-. Non si può però parlare di criticità: le sanzioni e le regole, sempre più restrittive, hanno permesso solo ai locali più rispettosi della quiete pubblica di stare sul mercato. Le regole vengono osservate con grande attenzione, dall’impatto acustico alla pulizia delle strade, tanto che quasi tutti i locali hanno ottenuto l’estensione dell’orario. Non si può dire che i rapporti con i residenti siano idilliaci: la gente si dà sempre appuntamento fuori dai bar e specialmente d’estate c’è un bel movimento. La nostra movida attrae molti visitatori anche da fuori, dalle altre città vicine. Ogni anno però, non appena la stagione decolla, iniziano a piovere multe e si inaspriscono i rapporti con i residenti. Il punto è che le forze dell’ordine non riescono a garantire la loro presenza negli orari clou della movida. I locali si sono offerti di pagare loro gli straordinari, ma non è possibile che un privato paghi un pubblico ufficiale. Da anni i pubblici esercizi si sono organizzati pagando body guard e vigilanza, ma il potere della divisa non è ovviamente lo stesso». Per diversi mesi la soluzione è spuntata fuori dal cilindro, da dove nessuno se lo aspettava: «Ha funzionato al meglio per rispettare coprifuoco e quiete pubblica, la pulizia della strada con l’autobotte da parte della nettezza urbana – continua Manuel Fava-. In pochi minuti le vie si svuotavano: nessuno voleva rovinarsi vestito o scarpe e quando il primo gruppo iniziava a ripiegare verso casa gli altri finivano col seguirlo. Questa è stata l’unica azione efficace: cartelli, magliette e body guard non hanno funzionato». Se nei momenti di massima tensione sono arrivati anche secchi d’acqua da parte dei residenti per spegnere il divertimento della movida, non sono mancate soluzioni interessanti, nate in collaborazione con l’Università: «Il progetto prevedeva l’installazione di barriere fonoassorbenti e di teloni per limitare al massimo l’impatto acustico- continua il segretario della Fipe di Parma-. Ma purtroppo il piano caldeggiato da tutte le parti si è dovuto scontrare con il bilancio: gli investimenti erano ingenti e le alterne vicende dell’amministrazione comunale di Parma, tra cui il commissariamento della città, non hanno di certo aiutato».