La sospensione delle attività per il lockdown ha comportato la paralisi del tessuto produttivo della provincia di Bergamo. Si prevede il rischio di perdere almeno l’11% del valore aggiunto del terziario nel 2020 (pari a circa 20 miliardi di euro): rischiano di andare in fumo 2 miliardi e 200 milioni di euro. Allo stesso modo, gli effetti potrebbero essere devastanti anche sul fronte occupazionale: a Bergamo sono a rischio 49 mila posti di lavoro nel commercio, nel turismo e nei servizi (circa -27% rispetto al 2019). Nel primo trimestre 2020 si è assistito ad un deterioramento del tessuto imprenditoriale del terziario nella provincia di Bergamo, dovuto in prevalenza al calo delle imprese nuove iscritte. Nel 2020 rischiano di scomparire tra 8 mila e 15 mila imprese del terziario.
Sono queste alcune tra le principali evidenze sull’emergenza sanitaria e gli effetti del lockdown che emergono dalla ricerca Format Research- Ascom Confcommercio Bergamo (dati al 30 aprile 2020), presentata oggi, 26 maggio. L’osservatorio analizza l’impatto della crisi sulle principali determinanti dell’economia del territorio: dal livello dei ricavi delle imprese al fabbisogno finanziario delle stesse, passando per il rapporto con le banche.
Un focus specifico è dedicato all’analisi degli effetti del lockdown, che ha costretto le imprese del terziario della provincia di Bergamo a sospendere tutte le attività. L’impatto è studiato in termini di effetti sul valore aggiunto del comparto, sui livelli occupazionali, sul tessuto imprenditoriale (elaborazioni Format Research su dati Istat e Infocamere Movimprese).
Nella nostra città, la più colpita dalla pandemia da Covid 19, il clima di fiducia è crollato e le imprese del terziario sono consapevoli delle enormi difficoltà che si troveranno ad affrontare. Il crollo, come del resto l’impatto dell’emergenza sanitaria, è molto più elevato rispetto al dato del terziario nazionale.
Per quanto riguarda i consumi, il mese di marzo ha messo in evidenza un calo pari al -31,7% rispetto al marzo del 2019. I consumi fuori casa hanno subito una contrazione pari a -69,5%.
Le imprese di Bergamo hanno subito un vero e proprio tracollo dei ricavi.
L’indicatore ha subito una contrazione pari al -40,9, molto più elevata del dato nazionale. Basso anche l’outlook per il prossimo trimestre.
La situazione appare drammatica dal punto di vista della disponibilità di liquidità da parte delle imprese. L’indicatore ha subito una contrazione pari al -39,3 e la situazione, già gravissima, è destinata a peggiorare nel prossimo trimestre.
La possibilità da parte delle imprese di ricorrere agli ammortizzatori sociali ha mitigato nei primi mesi dell’anno l’impatto dell’emergenza sul fronte occupazionale, ma la previsione per il prossimo trimestre tuttavia è estremamente negativa.
A Bergamo il 47% delle imprese del terziario sono state costrette alla chiusura e con esse oltre 65 mila lavoratori. Le difficoltà maggiormente incontrate dalle imprese a seguito dell’emergenza sanitaria sono state in prevalenza: il rispetto delle spese incomprimibili, gli oneri contributivi e la logistica.
La grave situazione determinatasi a seguito dello scoppio dell’emergenza sanitaria ha frenato la metà delle imprese di Bergamo che avevano in programma di investire nei prossimi due anni ma che saranno costrette a rinunciare. Gli effetti disastrosi della pandemia sono ancora più evidenti analizzando i provvedimenti che le imprese di Bergamo adotteranno: il 70% ridurrà o ha già ridotto il personale, il 63% ha già adottato o adotterà la Cig e altri ammortizzatori sociali.
“Nella nostra provincia l’impatto è stato devastante sia sul fronte sanitario che economico – commenta il presidente Giovanni Zambonelli-. I dati sono nettamente superiori alla media nazionale. Le ripercussioni sono enormi, con grande ricaduta non solo per la tenuta delle aziende ma anche sul fronte occupazionale, che non sono mai stati così in bilico. E il mese di maggio, con la progressiva riapertura, non è andato meglio”. Per il turismo le difficoltà, sottolinea, sono davvero enormi. “Mi auguro una buona stagione estiva nelle nostre località di villeggiatura. Ora però, noi abbiamo fatto la nostra parte, ci aspettiamo una risposta forte da parte dello stato”.
La sintesi della ricerca
Campione e metodo indagine
La ricerca, chiusa a fine aprile (30 aprile), commissionata da Ascom Confcommercio Bergamo è condotta da Format Research, si basa su un campione rappresentativo di 711 interviste andate a buon fine.
Il sentiment delle imprese del terziario: tracollo della fiducia e delle aspettative
Il clima di fiducia nell’economia italiana è crollato nei primi mesi a Bergamo: dal 42,2 del settembre 2019 al 6,7 di marzo 2020 (- 35,5%) con una previsione di recupero al 9,7% per giugno 2020.
Il clima è fortemente negativo soprattutto per le imprese micro (4,0%) e per le imprese del turismo (1,6%). Chi sta meno peggio sono le imprese sopra i 49 addetti e quelle dei servizi.
Nelle imprese del terziario, che vengono da una dinamica non positiva del 2019, il crollo è del 17,5% che attesta l’indice al 10,0%, più alto di quello generale, ma con un calo previsto per il secondo trimestre al 7%.
La fiducia nell’andamento della propria impresa è calata in modo ancora più drammatico del -38,2%, passando dal 49,8 al 11,6. La previsione al trimestre successivo è di un recupero al 13,1% a giugno 2020. Anche in questo caso, è il turismo a pagare il prezzo più alto. Sono pochissime le imprese che non ravvisano alcun impatto della crisi sulla loro attività, pari all’1%. Il periodo più duro per le imprese è il trimestre attuale per il 31%, mentre sembra che quello di minor impatto sarà l’ultimo (18%). Ciò indica che le imprese avvertono il problema come contingente e riservano un po’ di ottimismo per i mesi a venire.
Crollo dei consumi e delle vendite. Crescono alimentari (+8,9%) e comunicazione (+6.5%)
A marzo 2020, in Italia, i consumi sono crollati in Italia del 31,7% con punte del 69,5 dei consumi fuori casa e del – 67,4%nel settore moda. A crescere sono i consumi alimentari, che segnano +8,9% e della comunicazione, + 6,5%. Non esiste ad oggi un dato dei consumi locali da confrontare ai ricavi delle imprese. Le imprese di Bergamo, a marzo, hanno subito un vero e proprio tracollo con un – 40,9% (nel dettaglio da quota 52,1%, all,11,2%) dell’indice dei ricavi (imprese che hanno visto aumentare o mantenere i ricavi dello scorso periodo). Le previsioni al secondo trimestre salgono al 13,1%. La situazione è fortemente negativa per tutti, dalle microaziende alle medie senza grandi differenze, con punte di difficoltà per le imprese del turismo, in particolare modo per quelle di ridotte dimensioni. Leggermente migliore è l’indice per le imprese di commercio, turismo e servizi, alle prese con un calo più contenuto – 25,9%, che riporta l’indice al 12,5 e un recupero atteso al 15 nel prossimo trimestre. Il terziario contiene infatti la performance buona dei negozi alimentari.
Aumento del fabbisogno finanziario. Emergenza liquidità e il quadro è destinato a peggiorare
L’indice del fabbisogno finanziario passa dal 59,1 al 19,8 con un calo del – 39,3% e qui le previsioni sono addirittura peggiori nel prossimo trimestre con un’ulteriore discesa al 6,7%, segnale che il problema andrà probabilmente acuendosi. Nei settori sono le imprese micro e quelle fino a 5 addetti a registrare le difficoltà e come sempre quelle del settore turismo, all’8,1.
La situazione delle imprese del commercio, turismo e servizi è più pesante con un – 32,7 che porta l’indice al 17% sebbene le previsioni al secondo trimestre siano addirittura peggiorative con un 9,9 più alto dell’indice del totale le delle imprese. Se è certo il peggioramento per 9 imprese su 10 del quadro finanziario, si stima che 1 impresa su 3 a Bergamo possa presentare serie difficoltà nel fare fronte ai propri impegni. Le imprese che non ravvisano alcun impatto della crisi sul fabbisogno finanziario sono solo il 2%. Di quelle che sono coinvolte dal problema, il 37% ritiene che questo sia il trimestre più toccato, mentre il 23% reputa che le più grandi ripercussioni si avranno nel III trimestre e solo il 14% nel IV. Esiste un gap tra il picco della crisi di produttività registrato nel primo trimestre e quello finanziario che invece viene registrato in questo e nel prossimo trimestre. Solo nell’ultimo trimestre dell’anno l’effetto finanziario tornerà, in base alle previsioni, a essere inferiore a quello produttivo.
Effetti sull’occupazione: 3 imprenditori su 4 prevedono di dover rinunciare a personale entro giugno
Il dato dell’occupazione registra un peggioramento dell’indice del -11,4 che passa dal 50,7 al 39,3. A giugno l’indice crollerà al 25%. L’impatto sull’occupazione sembrerebbe quindi meno grave rispetto a quello della liquidità. Ma ciò è imputabile al blocco dei licenziamenti stabiliti per Decreto. Saranno le piccole imprese fino a 5 addetti a registrare l’indice peggiore sul fronte lavoro, insieme alle medie imprese sopra i 49 addetti. E’ il turismo il settore che dovrà purtroppo affrontare la difficile scelta di tagli di personale. Nel settore del commercio, turismo e servizi, il dato del I trimestre è già di 3 punti inferiore alla media e si attesterà allo stesso indice generale del 25% a giugno. Quindi tre imprenditori su quattro prevedono un calo dei dipendenti entro giugno. Il III trimestre con il 30% delle imprese sarà il peggiore dal punto di vista occupazionale (il II con il 29% e l’ultimo con il 26% rivelano che il problema continuerà per l’intero anno). Anche in questo ambito solo l’1% delle imprese bergamasche non ravvisa alcun impatto della crisi sull’andamento dell’occupazione.
Effetti del lockdown a Bergamo
A Bergamo l’effetto lockdown ha sospeso il 69% delle imprese manifatturiere e delle costruzioni e il 47% di quelle del terziario. Sono state coinvolte circa 42 mila imprese, la metà circa di quelle attive. Per il solo settore del terziario, in Lombardia si sono fermate il 45% delle imprese e Bergamo è la terza per numero di imprese sospese dopo Brescia 48% e Mantova. Milano è la città dove le imprese si sono fermate meno, grazie all’impiego su larga scala dello smart working. Il lockdown ha fermato 175 mila lavoratori, il 66% del manifatturiero e il 37% del terziario (effetto generi di prima necessità). Nel terziario siamo sopra la media regionale del 35% dei sospesi, sebbene all’ottavo posto. Quanto all’impatto sulla catena del valore, le difficoltà maggiormente incontrate dagli imprenditori sono il rispetto dei pagamenti per il 62% delle imprese, il mantenimento delle scadenze 58%, la logistica con il 54%, l’approvvigionamenti merci con il 48%, l’erogazione del servizio o produzione con il 41% e la gestione di processi interni con il 32%.
Previsioni su valore aggiunto occupati e numero delle imprese
Le previsioni per il 2020 prevedono un calo del valore aggiunto in Italia dell’8% pari a 120 miliardi di euro in meno, dei quali -11% per un valore di 42 miliardi dell’industria e – 7% con una perdita di 78 miliardi del terziario. A Bergamo la previsione è di perdere l’11% con tre punti sopra la media italiana e una perdita in valore assoluto di 2,2 miliardi di valore aggiunto da 19,6 a 17,4 miliardi. Sull’occupazione si prevedono 1,1 milioni di occupati a rischio dei quali ben 800.000 del terziario. E dei quali 210 mila del nord ovest. L’impatto sul sud e isole sarà tragico. A Bergamo la stima di minori occupati nel terziario è di 49 mila addetti, con una perdita del 27% dell’indice occupazione del 2019. In Italia nel 2020 rischiano di scomparire 430.000 imprese delle quali 300.000 del terziario. A Bergamo, confrontando il i dati dei I trimestre, le imprese cessate sono in linea a quelle degli anni precedenti mentre l’indice della natalità crolla vistosamente del 22%. La stima di Format Research prevede un calo dell’indice delle imprese di 29 punti: la previsione è di 8mila – 15 mila imprese che non ce la faranno (un dato drammatico, se si pensa che normalmente a interrompere la loro attività sono circa 1.000 imprese).
Previsioni su investimenti e misure anticrisi
Prima della crisi e dell’emergenza sanitaria, le imprese bergamasche che avevano programmato investimenti nei prossimi due anni erano il 49%. Ora solo il 25% delle imprese si dichiarano disposte a fare investimenti, cioè una su quattro.