Le attività produttive se ne vanno e Bergamo va in crisi d’identità

Le attività produttive se ne vanno e Bergamo va in crisi d’identità

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bergamo centro ritC’è un legame tra il caso dell’Italcementi, destinata in un prossimo futuro a spostarsi, con drastico ridimensionamento, ai confini cittadini del Kilometro Rosso, e la necessità di un rilancio del centro (che non si può solo limitare al Sentierone) in crisi di identità sempre più diffusa. Il decentramento delle industrie è un processo ineluttabile legato a questioni organizzative, logistiche e viabilistiche che le porta, non solo a Bergamo, fuori dalla città. Restano dentro i confini, tra le poche significative eccezioni superstiti, l’Abb (che però ha spostato la produzione a Dalmine) e le Trafilerie Mazzoleni, oltre alle Arti Grafiche e la Perofil (che già si erano peraltro spostate dal centro all’estrema periferia). Molto lungo è invece l’elenco, dalla Magrini alla Cesalpinia, dalla Filati Lastex alla Masenghini, dove la produzione ha lasciato lo spazio al residenziale.

Ma anche le sedi direzionali tendono a lasciare il centro in fondo per gli stessi motivi, di necessità di spazi più adeguati e funzionali, migliore accessibilità e possibilità, almeno in passato, di valorizzazione dell’immobile destinandolo a qualcosa d’altro. Alcune sedi bancarie sono completamente scomparse (la Banca Provinciale Lombarda), altre sono dimagrite (il Credito Bergamasco), altre restano a rischio (Ubi, non tanto per il futuro bancone, quanto per il tentativo di golpe sempre pendente – forse adesso meno – per un trasferimento a Brescia). Al Kilometro Rosso oltre all’Italcementi vorrebbe andare anche la stessa Confindustria Bergamo con la prospettiva che tra pochi anni via Camozzi si spopoli dal punto di vista lavorativo. Anche gli Uffici Statali lasceranno l’anno prossimo Largo Belotti, dove già da tempo si cerca un futuro per l’ex teatro Nuovo.

Pure buona parte del commercio però è uscito dal centro, prima quello all’ingrosso, poi anche molte attività al dettaglio, al seguito della grande distribuzione e dello sviluppo dei centri commerciali. In questo caso ai soliti problemi di accessibilità si aggiungono una serie di fattori specifici: un po’ incide l’avanzata di Internet, con il commercio elettronico che vale il 4% degli acquisti degli italiani, un po’ è colpa del calo e della trasformazione dei consumi, molto dipende dai problemi e costi di accessibilità da parte dei potenziali clienti, moltissimo è causa dei costi degli affitti che a fronte anche delle minore entrate per le ragioni precedenti rendono insostenibile per molte attività la permanenza in centro.

Ad aggravare la situazione generale è la “sdentatura” delle strade: i tanti “buchi neri” che si creano quando ad un’attività che lascia (che sia un’industria, un negozio o una caserma) non se ne sostituisce un’altra. Quando questa situazione non è solo temporanea, ma si consolida, la perdita di attrattività è assicurata e trascina al ribasso anche le altre attività. Perché in fondo il problema del centro si riduce a una questione banale. Come confermano le “notti bianche”, che però sono eventi sporadici, che rendono solo più evidente la differenza con la normalità, per rilanciare le occasioni per frequentarlo. Se vanno progressivamente perse le ragioni d’andarci, per lavoro, per shopping o per altre attività, la frequentazione delle persone andrà sempre di più verso altri poli, più attrattivi e accessibili, con buona pace di tutti i dibattiti sul rilancio.