Il Crapa sui numeri non sbaglia mai: potete ironizzare sulla sua tenuta alcoolica o sul suo uso disinvolto delle lingue straniere, ma, in materia di conti, il Crapù me lo dovete lasciare stare. Qualcuno di voi, forse, ricorderà un mio articoletto sulle brillanti considerazioni craponiche circa i tempi di ripristino del cavalcavia di Monterosso: reduce da un lavoro nelle patrie autostrade, il Crapa commentava dicendo che, in autostrada, un ponte così si getta in una notte. L’altro giorno, ragionavo con lui sui lavori di ricostruzione del ponte del rondò di Monterosso e dicevo con sollievo che, dopo quattordici mesi, finalmente, l’incubo sembra stare per finire. Insomma, sia pure con un ritardo indegno perfino del ministero dei lavori pubblici del Burkina-Faso, la questione si sta avviando a felice soluzione. “Certo – mi dice il Crapa con un lampo maligno negli occhietti cerulei – e a noi i soldi chi ce li ripaga?” Com’è noto, il Crapa vive al Monterosso, perciò, quel “noi” va interpretato come indicativo dei tapini che, per quattrodici mesi, hanno dovuto fare le gimcane per tornare al covile.
Vi ripropongo, con parole mie, il ragionamento del Crapù: quanti abitanti di Monterosso e delle zone limitrofe, che si muovano abitualmente in automobile, sono stati interessati dal problemino? Diciamo tremila, così, a spanne? Facciamo conto che ognuno di loro abbia dovuto allungare il proprio percorso anche solo di due chilometri al giorno: sono seimila chilometri. Adesso, moltiplichiamo questi seimila chilometri per i 423 giorni di disagio (alla data in cui scrivo): cominciano ad essere numeri interessanti. Sono due milioni e mezzo di chilometri, metro più metro meno: un’auto che percorra dieci chilometri in media con un litro, nel ciclo urbano, spende circa quindici centesimi per fare una deviazione quotidiana, senza contare bazzecole come l’usura o l’inquinamento. Fanno 375.000 euro, che il Monterosso ha elargito alla premiata ditta “Ritarda & Temporeggia”.
Sorvolo sulle decine di migliaia di bergamaschi che hanno dovuto affrontare la bissaboba una sola volta, due, tre, dieci volte, in questi maledetti quattordici mesi: su di loro, perfino il Crapa, pietosamente, ha taciuto. I numeri, però, sono numeri: questo incredibile cincischiare con un’opera pubblica ha significato, concretamente, cincischiare con i nostri soldi. Ossia, buttare nel cesso centinaia di migliaia di euro dei cittadini bergamaschi: certo, a quindici centesimi alla volta, ma, alla fine, queste sono le cifre. Cambia poco se un uomo si dissangua in tre giorni o in cinque minuti, se, alla fine, il risultato è che tira la gambetta! Il Crapa, implacabile, mi sciorina cifre e considerazioni: quanto costa l’intervento di restauro del ponte? Più o meno di quanto ci è costata la sua dilazione? Come l’hanno fatto adesso, non potevano farlo un anno e due mesi fa? E, adesso, questi soldi chi ce li ridà? La risposta è talmente ovvia che potrei pure risparmiarvela, ma, siccome la parola “nessuno” è una di quelle che, da Omero in poi, va per la maggiore, quando si tratti di inventarsi una storia, ve la riproporrò: nessuno. Nessuno ripaga mai i cittadini per i disservizi, i ritardi, le mille e mille piccole jatture che derivano dal vertice e ricadono sulla base: perché il nostro tempo, la nostra vita, perfino la nostra benzina, contano zero, per chi è abituato all’algida astrattezza dei grandi numeri. E, stavolta, mercè la stratosferica abilità del Crapù in materia di conticini, parliamo proprio di grandi numeri.
Provate un po’ a pensare diverso, per una volta: trasformate il vostro tempo in denaro sonante, come fa Paperon de’Paperoni negli albi Disney. Calcolate quanto tempo perdete a cercare parcheggi che non esistono: immaginate quanto risparmiereste se quel semaforo non fosse mal sincronizzato, se quella strada non fosse chiusa per lavori, se non doveste deviare, svoltare, tornare indietro. In un concetto, se le cose andassero come devono andare. Quattordici mesi di ritardo per costruire un ponte sono costati alla comunità 375.000 euro (in realtà, molti di più, ma voglio essere magnanimo) soltanto in benzina: provate a moltiplicare questa cifra per tutte le volte che, ad ognuno di voi, è toccato di cambiare strada o di fare il giro dell’oca per un lavoro malfatto o in ritardo, perché con la neve nessuno ha gettato il sale o perché è stato gettato quando non nevicava. Adesso avete capito cosa voglia dire ragionare per grandi numeri? Vi è chiaro quanto ci costi una cattiva amministrazione e quanto potrebbe farci guadagnare l’efficienza? Perfetto: adesso siete tutti quanti adepti della Crapocrazia, la democrazia del Crapa. Un modo, forse, un tantino arido di ragionare sui bisogni di una comunità: come diceva un noto benefattore dell’umanità, dateci il pane, ma dateci anche le rose. Però, come dico io, prima dateci il pane: per le rose possiamo pure aspettare. Questa analisi sociale, basata sui numeri, non tiene conto dei valori, dell’identità, della solidarietà e di tutti gli altri blabla di cui si riempiono la bocca i politicanti nelle loro omelie, certo: ma è mille volte meglio basare la democrazia sui numeri che sulle chiacchiere. Perché ai matematici i conti tornano sempre. Ai ciarlatani, invece, quasi mai.