L’altalena dell’assistenzialismo vola sempre più in alto. Ma invece dell’assegno unico era meglio ridurre le tasse

L’Italia sta diventando il Paese dell’assistenzialismo. Invece che ridurre le tasse le aumenta, per poi restituire qualcosa a chi le paga e anche agli altri. Dato che il reddito di cittadinanza piace molto, ovviamente solo a chi lo percepisce, adesso ci siamo inventati anche l’assegno unico per i figli a carico che pagherà direttamente l’Inps sul conto degli italiani.

Trovato il nuovo lavoro per l’ente pubblico e per le banche, a spese degli italiani, l’incarico è assegnato “all’ufficio complicazioni affari semplici”. Il calcolo dell’assegno poteva farlo direttamente lo Stato che conosce tutto, ma proprio tutto, addirittura il numero di nei del contribuente. Invece no. Serve una pratica nuova e ben fatta.
Prima il lavoratore per avere le detrazioni o gli assegni familiari doveva compilare una semplice scheda al proprio datore di lavoro che pagava o meglio non tratteneva soldi del lavoratore in busta paga. Adesso occorre richiedere il modello Isee e poi trasmettere una pratica all’Inps. Ci dicono che si può farlo da soli. Come se tutti fossero capaci. Senza dimenticare che la pratica andrà aggiornata ogni volta che un figlio nasce, supera i 18 o 21 anni, e senza mettere in conto eventuali traversie familiari.

Allora diciamocelo che l’assegno unico è la solita fregatura. La tanto decantata riduzione dell’Irpef, almeno per chi il reddito lo produce e paga le tasse, è stata già vanificata dalla diminuzione delle detrazioni. Mettiamoci poi il fastidio e i costi della pratica e, infine, la questione di principio che lo Stato mi trattiene soldi – già miei – sulla mia busta paga per poi ridarmeli, pensando che debba anche ringraziare.

 

Dino l’acidino