La brutta pagina di Pezzoni e i difensori dell’indifendibile

La brutta pagina di Pezzoni e i difensori dell’indifendibile

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Giuseppe PezzoniUna rissa da saloon e il sindaco che lascia il municipio scortato dalle forze dell’ordine tra urla e fischi. Uno spettacolo davvero penoso quello andato in scena tra il tardo pomeriggio e la sera di martedì a Treviglio, degna conclusione di un Consiglio comunale al calor bianco. Non poteva che finire così, forse, perché è mancato, in un’Italia in cui la politica è ridotta a perenne lite da ballatoio, l’unico gesto di civile responsabilità che doveva essere fatto: le dimissioni di Giuseppe Pezzoni, il primo cittadino costretto ad ammettere (altro che gesto spontaneo, confessato su Facebook) di non aver mai conseguito la laurea grazie alla quale per oltre dieci anni ha insegnato e poi è diventato preside ai Salesiani di Treviglio. E così è toccato sentire, da parte di chi si è confessato un bugiardo e un truffatore, che non lascerà la poltrona per “senso di responsabilità nei confronti del Comune” e per portare a termine alcuni progetti avviati.

Parole vuote, giustificazioni che nulla valgono di fronte ad un principio elementare, evocato anche in una bellissima lettera del Provveditore agli studenti traditi dal finto laureato: il principio di legalità, al di sotto e al di sopra del quale non vi è nulla che possa esservi subordinato, l’unico cardine che può regolare una società civile. Per chi tradisce la fiducia della comunità, in questo caso “rubando” il posto ad altri che ne avrebbero avuto i titoli, esiste una sola soluzione: togliersi di mezzo, sparire, rinchiudersi in casa a meditare sulla propria incapacità a rispettare le regole. In America, dove amano semplificare le situazioni (e dove il falso è ritenuto sempre e comunque imperdonabile), si chiederebbero: compreresti un’auto usata da Pezzoni? Facile e scontata la risposta: un secco no. E allora, a maggior ragione, può chi ha depositato alla segreteria dell’Istituto scolastico un documento falsificato continuare anche per un solo giorno a vestire i panni del sindaco, cioè di colui che rispetto alla cittadinanza è il simbolo della legalità? No che non può. E’ venuto a mancare il presupposto principe, come se si volesse tenere in piedi una casa a cui sono crollate le fondamenta.

Ma il problema non è solo di Pezzoni, che comunque vada pagherà a caro prezzo la sua furbata. E’ soprattutto, verrebbe da dire, dei tanti che in questi giorni si sono esercitati in distinguo, fra l’ingenuo e lo strumentale, per cercare di sminuire la vicenda. “L’essere una bravo insegnante non dipende dalla laurea”, “Come sindaco è bravissimo, non vedo cosa c’entrino i suoi problemi professionali”: ecco due fra i concetti più ricorrenti tra i buonisti. Ai quali bisogna aggiungere gli esponenti delle forze politiche che hanno sostenuto Pezzoni. Si rimane basiti a leggere le dichiarazioni equilibriste del leghista Daniele Belotti, uno noto per essere implacabile castigamatti degli avversari ma evidentemente vittima di una doppia morale quando la marachella appartiene ad uno del proprio schieramento. E che dire di Andrea Cologno, che chiede il rispetto degli elettori che hanno votato il sindaco contaballe, del tutto incurante di una tradizione della destra che sul rigoroso rispetto della legalità senza se e senza ma ha costruito tante battaglie?

Sono questi i segni più evidenti di un nodo tanto più grande delle sorti di Pezzoni e dell’Amministrazione comunale di Treviglio. Fino a che non sarà consapevolezza diffusa che osservare le regole non è un fastidioso orpello ma un esercizio quotidiano su cui si fonda una società non usciremo mai da quella condizione di minorità rispetto alle altre principali democrazie del mondo che inaridisce tante energie. Peccato che a non rendersene conto siano per primi quelli che cercano di difendere l’indifendibile.

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