La gigantesca opera di Manuel Bonfanti esposta fino al 24 novembre a Palazzo Mora a Venezia
Colore, luce, superficie ed essenza. Perdersi nel blu a Venezia per riscoprire radici comuni in una molteplicità espressiva, tra stratificazioni e sfumature, assenze che affermano presenze nel vuoto simbolizzato di “In the Middle of Now- Where” dove tutto rinasce, nell’intento di elevarci con l’eleganza della forma e della materia. L’artista bergamasco Manuel Bonfanti partecipa per la prima volta alla Biennale dell’European Cultural Centre, iniziativa in concomitanza con la Biennale d’arte di Venezia 2024. Fino al 24 novembre sarà esposta a Palazzo Mora, nell’ambito della collettiva intitolata “Personal Structures – Beyond Boundaries”, l’opera pittorica “In The Middle of Now-Where”. L’enorme tela, realizzata con tecnica mista, di venti metri quadrati, tra trasparenze e stratificazioni materiche, con un blu profondo e oceanico tracciato e poi raschiato, ridipinto e rilavato, esprime e riafferma, attraverso la negazione di spazio e tempo, l’andare oltre i confini e la ristrutturazione e ricostruzione spirituale del sé. Uno spazio libero dove tornare a immaginare per edificare la propria anima. Una collaborazione che nasce, come sottolineato da Lucia Pedrana, Head of University Relations ECC Italy, da un’idea di Giuseppe Taramelli, fondatore Aedificante Onlus. “In The Middle of Now-Where” rappresenta infatti il terzo importante progetto di Aedificante Onlus, iniziativa culturale dell’imprenditore bergamasco Giuseppe Taramelli e della moglie Stefania Gambirasio (Taramelli Srl, specializzata nella ricostruzione di edifici, con progetti nazionali e internazionali dalla Cina all’Inghilterra) dedicata ai valori umani del costruire. Il quadro astratto di 6,5 metri di larghezza per 3 metri di altezza, è un imponente edificio dell’anima, che cattura la vista occupando interamente una delle pareti di Palazzo Mora, prestigiosa sede in Strada Nova a Cannaregio dell’istituzione culturale European Cultural Centre fondata dall’artista olandese Rene Rietmeyer nel 2002. “È un privilegio sentire discutere di questo nuovo progetto di Aedificante, un anno dopo la presentazione di Angelus Novus, la volta di 2mila mattoni realizzata con tecnologia innovativa su progetto dello studio statunitense SOM – Skidmore, Owings and Merrill di Chicago, in collaborazione con il Form Finding Lab dell’Università di Princeton e l’Università di Bergamo- sottolinea Giuseppe Taramelli-. Soffriamo di mancanza di capitale umano, una scarsità che mette a rischio un’intera filiera. Un mestiere antico che purtroppo sta scomparendo per mancanza di interesse e motivazione da parte dei giovani, i quali sembrano essere ormai lontani dal desiderio di apprenderlo, appassionarsene e farlo proprio. Il mio è un tentativo di fare parlare l’edilizia attraverso la bellezza e il linguaggio universale dell’arte. Manuel Bonfanti è un artista che mi piace definire pittore operaio, dalla produzione importante, qualitativa e quantitativa. Il nostro obiettivo è quello di attrarre i giovani, di farli innamorare di questo settore e di demolire gli stereotipi e i pregiudizi riguardo all’edilizia, costruendo una nuova immagine”. Queste le parole dell’artista Manuel Bonfanti per introdurre la sua gigantesca tela: “Perdersi nel colore come Turner, come chi dipingeva i grandi teleri, o piccole opere. L’essenziale è che l’esperienza di perdersi nel colore è quella di perdersi nella luce. La storia dell’arte non può essere contraria nemmeno oggi con i nuovi schermi iper luminosi della tecnologia avanzata. Perché? Perché perdersi nel colore e nella luce è un’ esperienza multisensoriale di ritorno alla vita, dopo aver provato la leggerezza della luce poetica. Viviamo di euforia multisensoriale o addirittura assenza dei sensi. La luce e il colore sono veicolo di comunicazione. La Poetica è il veicolo, la poetica che trasmettiamo a dipingere e che si vive non può morire di fronte ad ogni nichilismo di massa. Semplicemente perché è tra noi come esperienza quotidiana sempre. Mai come oggi il linguaggio ha una poetica, io amo le grandi superfici dove mi convinco di credere che sto sognando. In the Middle of Now-Where. Nel Mezzo dell’ ora e del dove. In nessun luogo. Volevo dipingere tutto questo per Venezia, ma non è abbastanza. Un blu oceanico in onore del mare della Serenissima. Ogni superficie ha una frequenza e la pittura è solo una superficie sensibilizzata”. Un intervento che porta al centro del tavolo la riflessione sull’arte contemporanea stessa: in un’era in cui si interagisce con touch- screen si riscopre la poetica in superfici materiche, sensibilizzate grazie al segno libero di matrice espressionista, per creare un’esperienza coinvolgente. Un’arte che può essere ancora ancorata, in una società fluida, a forme e materiali. “Perché- sottolinea Bonfanti- sento perdere l’idea della maestranza anche nell’arte”. Un rapporto con la materia e la realtà che appare sempre più incerto. “Vedo e avverto un bisogno di andare incontro alla materia, anche se spesso serve una guida in più perché non vi è abitudine a confrontarsi e avere contatto. Eppure è qualcosa che dà gioia a tutti- ha commentato Francesco Pedrini artista e vicedirettore del Politecnico delle arti Accademia Carrara-. Un incontro che appare quasi problematico, soprattutto per i ragazzi che hanno scelto di fare pittura. Spesso nell’arte contemporanea si parla di niconico e niconicità. Ci sono opere che nel tempo si disattivano perché erano all’avanguardia del loro tempo. Il quadro deve invece attivare un collegamento, invitare a percepire, accendere un processo e un interesse . La processualità sta nella scoperta , costruendo nel vuoto qualcosa di molto concreto“. “Credo che sia necessario recuperare l’importanza di avere qualcosa di vero da dire- ha sottolineato Giovanni Valagussa, storico dell’arte, che ha tenuto a riproporre in chiave contemporanea il concetto di mecenatismo. L’arte non deve essere o limitarsi ad essere un gioco estetico di mettere insieme qualcosa di bello da vedere, ma deve portare avanti anche un messaggio di contestazione sociale. Un altro elemento dell’arte antica che ritroviamo qui oggi è la presenza di un mecenate, di un committente che investe nell’opera con visione e illuminazione. In generale, con questa iniziativa collaterale dell’ECC in concomitanza con la Biennale di Venezia, siamo in un labirinto dove c è di tutto un po’, un vero e proprio laboratorio di sperimentazione. Mi ha colpito in particolare il Padiglione della Palestina. Bisogna ritornare oltre che alla realtà ai luoghi. L’artista deve avere consapevolezza di avere un ruolo nella società”. Anche il mondo dell’impresa intende dare il proprio contributo, in un momento storico in cui si avverte un grande distacco e divario tra lavoro e generazioni, come sottolinea Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo: “Abbiamo il dovere di salvaguardare un sistema di competenze, quelle che un tempo avevamo competenze che si trasmettevano a bottega. Ora questo meccanismo si rompe spesso perché manca il ricambio generazionale. Cultura , bellezza ed educazione sono le chiavi di trasmissione di valore ai giovani. Stare in un contesto bello stimola bellezza e favorisce il benessere tra le persone”. “Per un bergamasco venire a Venezia non è mai banale specie se invece che per la propria cultura del fare e dell’impresa, si viene a fare qualcosa di bello. Così anche il nostro mondo, apparentemente lontano dalla cultura, abbraccia l’arte e un artista come Manuel Bonfanti, che è vicino per sua estrazione alla nostra realtà. Figlio di un commerciante, è cresciuto infatti a bottega dove ha conosciuto colori e tele proprio perché li vendeva”. Anche Tiziana Molinari, direttrice Confcommercio Venezia e Terraferma, ha sottolineato l’importanza di alzare l’asticella e promuovere cultura, anche attraverso il mondo delle imprese. Entrambe le sede Confcommercio, da Bergamo a Venezia, espongono opere dell’artista.