Il Questore: «A Bergamo ho trovato una ristorazione di qualità»

Il Questore: «A Bergamo ho trovato una ristorazione di qualità»

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il questore di Bergamo Girolamo Fabiano assaggia i vini di Antonio Lecchi
Il questore di Bergamo Girolamo Fabiano assaggia i vini di Antonio Lecchi

«A Bergamo ho trovato grandissima professionalità, una ristorazione di alto livello, e non solo nei tanti locali stellati. Passione e amore nella ricerca, nella qualità e nella cura del locale sono senz’altro i valori che mi hanno colpito di più».

Così Girolamo Fabiano, Questore di Bergamo, analizza le proposte enogastronomiche della nostra provincia, e lo fa da raffinato gourmet qual è, amante del piacere della buona tavola in convivialità. Le sue origini pugliesi – per la precisione di Corato, in provincia di Bari, che definisce capitale dell’olio d’oliva (tant’è che una delle tipologie di olive diffuse è appunto la coratina) – sono alla base di una conoscenza e competenza affinate nel tempo e nel percorso professionale che lo ha portato ad operare in diverse realtà geografiche.

Prima del trasferimento nella nostra città, ha lasciato un pochino del suo cuore nell’umanità della popolazione valtellinese. Ma non solo. Anche in questa zona ha coltivato la passione per il gusto, apprezzando il duro lavoro dei vignaioli locali sui terrazzamenti dove producono vini da uve Chiavennasca e ottenendo anche l’ammissione all’Accademia del Pizzocchero.

Spontaneo, a questo punto, un raffronto tra le due tipologie di cucina. Ci sono alcune sostanziali differenze che forse partono dal contesto ambientale. «Trovo che le principali differenziazioni si trovino nell’approccio personale, decisamente più caldi i valtellinesi, molto più concentrati nella loro professione i bergamaschi. Anche il contesto economico, con i conseguenti ritmi sono diversi».

È nella storia la valutazione del “maestro” Veronelli che ha eletto Bergamo a capitale della ristorazione italiano. Dopo le sue esperienze, in pratica sull’intero territorio nazionale, condivide questa affermazione?

«In Italia si mangia ovunque bene, non so se Bergamo possa meritare questa definizione, ma indubbiamente noto una grande evoluzione. Non molti, purtroppo, fanno la tipica cucina bergamasca, anzi, è nata quella che potrei definire la “nouvelle bergamasca”. Sono comunque soprattutto i giovani quelli che fanno attenzione alla tradizione, ma non è facile cucinare come una volta. Bisogna proprio trovare i giovani a cui piace questo tipo di ricerca e di riscoperta. I piatti classici sono i casoncelli e la polenta taragna ma un particolare riguardo meritano senza dubbio i nove formaggi dop, un record per la provincia orobica».

Ha colto qualche eccellenza, in particolare?

«Non posso fare una graduatoria di merito, ma sicuramente per l’amore verso la professione, datoche ci mette veramente il cuore e l’entusiasmo, cito Antonio Lecchi per i suoi vini di Casa Virginia, visto in modo particolare l’attaccamento alla terra e alla produzione agricola in generale».

E per concludere prendiamo per la gola i nostri lettori chiedendole di proporre due menù, uno bergamasco e l’altro pugliese.

«Pochi dubbi al riguardo – ammette Fabiano –. Nel menù bergamasco sono obbligatori i casoncelli e se ci si trova in un agriturismo lo stracotto d’asino. In montagna la polenta taragna. Per il menù pugliese scelgo quello della tradizione e cioè: antipasto di verdure, orecchiette al ragù, involtino di carne, mozzarella e insalata. Come dolce, perché no?, potrebbe andar bene la vostra polenta e osei. Ma per il vino è d’obbligo il mio amato nero di Troia. Buon appetito!».