Che vi devo dire? A me sembrava un sopruso bello e buono, già quando ti facevano pagare il canone Rai, anche se tu nemmeno possedevi un televisore: bastava un semplice computer per garantirti l’obbligo. Annunciatrici, presentatori, mezzibusti e galliname assortito ti iniziavano a raccomandare sei mesi prima di pagare questo maledetto canone: e andavano avanti sei mesi dopo a dire che potevi emendarti, che con una piccola sovrattassa saresti stato in pace con la tua coscienza e con le patrie gabelle. Poi, visto che sempre più gente se ne strafregava del canone, della Rai e delle gallinesche esortazioni, hanno cominciato a mandare in giro garruli omuncoli, vestiti impeccabilmente, a controllare, prima verbatim e poi de visu, se avevi o meno strumenti atti alla riproduzione video oppure se avevi posto i sigilli ai canali di Stato. E Vabbè: una seccatura, ma niente di più. Alla fine, esasperato, pur di evitare ulteriori rotture di zebedei, pagavi e amen. Poi, è arrivato questo bel capo d’opera, e si è inventato l’ennesima boiata del canone in bolletta: così, deve essersi detto il furbacchione, non mi scappano, questi maledetti Italiani!
Ora, però, credo che il problema si sia spostato di baricentro: mi pare che il punto chiave non sia più pagare o meno una tassa di possesso del televisore, che vada a finanziare la tv pubblica o che permetta alla Rai di trasmettere anche programmi non commercialmente appetibili, in alternativa alle televisioni private. Intanto, un tempo, si diceva che il canone serviva a mantenere la qualità televisiva dell’azienda di Stato, che non poteva contare sugli sponsor e sulle entrate pubblicitarie: solo che, invece, oggi la Rai manda in onda pubblicità esattamente come gli altri. Sulla qualità, ovviamente, stendo un velo pietoso, ma il dato iniziale è completamente venuto meno: ergo, che paghiamo a fare? In secondo luogo (e credo sia la questione fondamentale), io penso che dare soldi alla Rai, oggi come oggi, sia semplicemente mantenere con le nostre palanche una servilissima agenzia di propaganda governativa: finanziare, coi soldi di tutti, le veline e le strombazzate di Renzi e della sua compagnia di giro. Pensate che stia scherzando? L’avete presente quella foto sui sondaggi demoscopici che gira in modo virale su Facebook? Massì, dai: quella in cui si vede un serioso giornalista di Agorà che racconta bubbole, con alle spalle un grafico a torta riferito all’opinione degli Italiani sulle vocazioni lobbiste del governo Renzi. I numeri sono eloquenti: il 44% crede che Renzi appoggi smaccatamente le lobby, il 31% non lo crede e il 25% non sa o non risponde. Come dire che quasi un Italiano su due pensa che siamo governati da imbroglioni e da faccendieri, tanto per capirci. Solo che, su di un bellissimo sfondo rosso “rivoluzione d’ottobre”, le fette della torta non rispecchiano affatto, nelle dimensioni, il dato numerico: il 31% occupa metà del cerchio, mentre il 44% è più piccolo perfino del 25% degli insipienti. Trucchetto patetico, per carpire l’approvazione (e il voto) degli anziani, dei miopi, dei disattenti cronici: insomma, di quelle categorie più deboli cui il PD dice sempre di pensare notte e dì.
Questa, signori, si chiama manipolazione del consenso o, se preferite, truffa ai danni dei cittadini: e questa truffa è messa in atto dalla sedicente televisione pubblica, per compiacere i propri padroni. E noi dovremmo cacciare cento euro a testa per mantenere agi e privilegi di questa banda di leccapiedi? O per permettere a Bruno Vespa di intervistare il giovane Riina? Per sorbirci i pistolotti di questo e di quello? Per gli scoop raccapriccianti della D’Urso? Per le risse da cortile nei talk show? Per sostenere il Minculpop in versione terzo millennio? Per ascoltare telegiornali tragicomici, con palinsesti accomodati, notizie camuffate e filmati taroccati? Al confronto, i filmati Luce del Ventennio erano la Bibbia illustrata. Insomma, miei cari, il punto non è più che farsi estorcere dei soldi per un servizio tutto sommato superfluo non garba a nessuno: il punto è che con quei soldi si finanziano marchette, in una sorta di favoreggiamento della prostituzione mediatica. Perché, in questo modo, non solo ci è stata tolta la libertà di decidere se finanziare o meno dei programmi scadenti, ma anche quella di scegliere se dare o meno ascolto alle panzane governative: col canone in bolletta, ci hanno tolto possibilità di mandare a remengo, simbolicamente, la Rai, i suoi padrini, i suoi padroni e tutto il caravanserraglio di ministre piangenti, litiganti ed intriganti che la Rai, quotidianamente ci infligge.