In Ascom un incontro dedicato ai pubblici esercizi per fare il punto su criticità e trovare soluzioniLa difficoltà nel trovare personale competente è una questione annosa per i pubblici esercizi, ma ora il problema sta assumendo connotati preoccupanti e sta fortemente condizionando le attività. Per questo Ascom Confcommercio Bergamo ha organizzato e promosso un incontro in associazione per la categoria. Un momento di confronto con esperti del settore e imprenditori di successo dal titolo “Ristorazione: criticità e soluzioni, quali strade intraprendere”, svoltosi martedì 13 novembre. “I problemi della categoria vengono da lontano e trovare soluzioni da sè sta diventando sempre più arduo- commenta, introducendo il convegno Petronilla Frosio, presidente Gruppo ristoratori Ascom Confcommercio Bergamo-. Il momento è difficile e delicato, nonostante la domanda sia ancora alta, ma dobbiamo affrontare una molteplicità di problemi. Le imprese stanno assorbendo in larga misura i rincari, dalle materie prime a quelli di gestione ed energia. In questo quadro estremamente complesso, trovare personale è una vera e propria impresa”. Un problema in più per gli imprenditori, che si aggiunge alla fatica nel fare quadrare i conti. “Gli ultimi dieci anni hanno chiamato gli imprenditori a far fronte a periodi di grande difficoltà nel 2008, quando 75mila imprese del terziario chiusero- ha ricordato Vittorio Rota consulente Ascom Confcommercio Bergamo nel suo intervento dedicato a business, vendita e marginalità -. Non c’è nemmeno stato il tempo di riprendersi che si è stati travolti dal Covid e dagli stop forzati, poi nel post pandemia si è ripiombati nell’incubo della guerra in Ucraina e dei costi fuori controllo per le materie prime ed energia. E in tutto questo avanza e cresce il nuovo fenomeno delle dimissioni volontarie”. Mai come oggi è fondamentale mettere mano ai bilanci e tenere d’occhio ogni voce di spesa: “Il margine operativo lordo e l’indebitamento complessivo sono i due parametri da monitorare costantemente: bisogna trovarne il tempo, anche in un settore con ritmi di lavoro altissimi come questo. E quando i margini tendono a contrarsi, è fondamentale analizzare i costi in tutte le voci per capire dove c’ è efficienza e dove vanno apportati correttivi, perché senza una revisione in corso d’opera , si rischia di mettere a repentaglio tanta fatica e lavoro. E purtroppo i numeri non mentono mai”. Attrarre e trattenere personale è un altro aspetto prioritario. “Ascom sta lavorando a due progetti per l’inserimento lavorativo e per la formazione del personale, rispondendo all’esigenza degli imprenditori di trovare personale qualificato e competente- ha sottolineato il direttore Ascom Confcommercio Bergamo, Oscar Fusini- . Dalla formazione di personale disoccupato, alla creazione di un percorso di Istruzione e formazione tecnica superiore, dedicato in particolare al personale di sala, al sogno di portare un vero e proprio corso Its sul turismo anche nella nostra provincia. L’impegno di Ascom e degli Enti Bilaterali è su tutti questi temi, perché mai come oggi questa esigenza si sta facendo fortemente sentire tra le imprese dei nostri settori. Basti pensare al dato che vede il 69% degli imprenditori- in base a una recente indagine affidata a Format Research- non trovare competenze adeguate in fase di reclutamento di nuove leve”. Maurizio Casali, consulente Ascom Confcommercio Bergamo e Valeria Nicoletti, project manager Academy Forma Temp – Atena hanno illustrato un progetto per l’inserimento in azienda di personale disoccupato: “La difficoltà di reperimento di personale è ormai un problema per tante imprese- hanno ribadito- . Grazie all’ associazione Atena e Forma Temp- fondo interprofessionale per l’inserimento lavorativo temporaneo, cerchiamo di trovare soluzioni per ottimizzare gli inserimenti lavorativi nelle realtà aziendali. Ad un percorso di formazione intensiva e specifica (80 ore) in due settimane sul settore (compresi i corsi obbligatori di sicurezza su lavoro e haccp) segue un mese di prova retribuita nei locali aderenti, con inquadramento di lavoro somministrato e retribuito a seconda della tipologia contrattuale. Una prima occasione per lavoratori e imprese di conoscersi e mettersi alla prova e valutare un eventuale proseguimento dell’esperienza lavorativa”. Oltre al personale che scarseggia tra competenze e disponibilità, impossibile non affrontare, attraverso testimonianze concrete, il problema dell’esplosione di dimissioni volontarie e il cambio di priorità e mentalità dei lavoratori. Massimiliano Amaddeo, titolare di “Da Mimmo Ai Colli”, ha portato la sua visione imprenditoriale, a partire dalla presa di consapevolezza di quanto l’equilibrio tra soddisfazione personale, lavoro e tempo libero sia cruciale, oltre che sul valore della qualità della vita: “Nella ristorazione il 40% degli addetti ha meno di 30 anni, il 62 % non arriva ai 40 anni. La società attuale è più liquida, i giovani non si accontentano di un lavoro full time, ma ricercano soddisfazione personale. Io credo che per attrarre nuove leve sia necessario cambiare anche il nostro approccio. Si parla troppo spesso di quanto sia faticoso questo lavoro ma non di quanto sia bello prendersi cura dei propri ospiti e dare del nostro meglio per farli stare bene e sentire a casa. E’ questo il presupposto per andare a rivedere modelli organizzativi per venire incontro alle esigenze lavoratori, penso al turno unico rispetto a quello spezzato, ad esempio. Inoltre la formazione è fondamentale, è una leva irrinunciabile per accrescere il coinvolgimento dei lavoratori. Di contro si parla di salario minimo, che è fondamentale ma se non c è rapporto con produttività vera, il discorso ahimè non vale”. Luca Brasi, chef patron della Braseria, ha invitato la categoria a mettersi anche in discussione sul tema: “Se c è carenza di personale dobbiamo anche interrogarci sul perché- ha commentato, senza fare sconti- . La gestione del personale da parte della nostra categoria non ha dato un’immagine seria del settore. Ovviamente nessuno nega i problemi e le emergenze che chi fa il nostro lavoro conosce troppo bene. Ma sta di fatto che- chi per sopravvivenza, chi per guadagnare maggiormente, chi per tamponare un picco di lavoro, che per altre esigenze reali o presunte- la gestione del personale è stata portata avanti in molti casi in modo discutibile, senza fare onore alla categoria”. Brasi ha portato la sua esperienza: “ Nella nostra attività impieghiamo 15 persone, l’80% lavora full time, il 20% part time e inoltre abbiamo una persona a chiamata. Per non trovarmi da solo a lavorare ho pensato e ripensato come garantire condizioni lavorative migliori ai miei dipendenti. Il tempo libero, che fino ad oggi non c’era mai stato nella ristorazione, è il vero valore aggiunto . Così in una prima fase sperimentale ho deciso di eliminare pranzo e cena al ristorante e altri tempi morti, partendo dall’osservazione che stare dalle 18 alle 20 in sala equivale più o meno a 2 ore di lavoro buttate. Oggi c’è in cucina chi inizia alle 10 e finisce alle 14 e alle 15, mentre la domenica si lavora dalle 12 alle 16/16.30. La sera in sala dalle 19/20 alle 23.30/24. E in settimana ci si ritaglia un giorno intero di riposo e un secondo successivo. Provando abbiamo capito non solo che riuscivamo benissimo a gestire il lavoro, ma che 40 ore in sala erano troppe. Il sistema deve cambiare e il mondo della ristorazione deve essere appetibile. Perché ci sono tanti ragazzi che vogliono lavorare, ma non 12 ore al giorno”. Daniele Giorgi, titolare del locale Duke’s di Roma, che da 25 anni fa ristorazione di livello ma ad un prezzo più accessibile, ha dato il suo contributo in collegamento: “Già vent’anni fa era chiaro che il personale era l’aspetto prioritario e centrale per l’azienda. Da sempre i nostri dipendenti riposano domenica e lunedì. Perché il nostro è un lavoro faticoso psicologicamente e reggere i ritmi è dura. Molti di noi hanno reso questo lavoro un incubo e una prigione quotidiana. Noi lavoriamo molto sulla produttività e abbiamo optato da tempo per il turno unico e serale. I ritmi restano comunque serrati: in 180 secondi bisogna creare un antipasto, né di più né di meno. Però aver rimesso al centro i dipendenti e le loro esigenze e aspirazioni continua a rivelarsi una scelta vincente”.