di Laura Bernardi Locatelli
Il decreto legge 18 ottobre 2012, numero 179 (Sviluppo bis) stabilisce all'articolo 15, comma 4, che a decorrere dal 1° gennaio 2014 i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare i pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Inoltre, il comma 5 dello stesso articolo prevede che "con uno o più decreti del Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, vengano disciplinati gli eventuali importi minimi, le modalità ed i termini, anche in relazione ai soggetti interessati. Con gli stessi decreti ministeriali potrà essere disposta l'estensione degli obblighi ad ulteriori strumenti di pagamento elettronici, anche con tecnologie mobili". Allo stato, tali decreti non sono ancora stati emanati ma si ritiene, che pur in loro assenza, l'obbligo decorra dal prossimo 1° gennaio: “L'assenza di specifiche sanzioni non esonera comunque in alcun modo i destinatari dagli obblighi previsti – spiega Ernesto Ghidinelli, responsabile del settore credito e incentivi Confcommercio -. Si segnala che, riguardo alla mancata emanazione delle disposizioni attuative, abbiamo intrapreso un'azione presso i Ministri competenti. In particolare, sono state evidenziate forti preoccupazioni rispetto ad ipotesi di coinvolgimento generalizzato di tutti gli operatori economici in un contesto in cui il costo della moneta elettronica, specie per i piccoli operatori, continua a permanere elevato”.
Si è altresì sottolineata l'importanza di assumere, con urgenza, iniziative coerenti con la necessità di assicurare alla vasta platea degli operatori interessati un quadro di riferimento certo e tempi di attuazione che, allo stato, non risultano essere quelli previsti dal decreto legge n. 179/2012. “E’ grave che manchi una regolamentazione relativa alle transazioni per piccoli importi – continua Ghidinelli -. E’ chiaro che di fronte ad una commissione minima di 20 centesimi e una spesa di un euro o poco più è impossibile parlare di sostenibilità d’impresa. Le commissioni non possono superare i margini del piccolo imprenditore e lavorare in perdita non è contemplabile”.
Confcommercio insieme alle altre associazioni che aderiscono a Rete Imprese Italia ha sollevato a fine novembre la questione per richiedere un sollecito intervento da parte dei Ministeri competenti e una tutela per tutte le operazioni al di sotto dei 10 euro, che altrimenti vanno ben oltre la sostenibilità d’impresa: “Siamo ancora in attesa di una risposta – allarga le braccia Ghidinelli -. La questione va affrontata perché il problema non può essere certo risolto con convenzioni bancarie, dato che i principali circuiti impongono dei costi fissi per l’utilizzo di carte di debito. Il problema va risolto a monte”. All’estero i costi della commissione sono spesso indicati nella ricevuta e nello scontrino, da noi i costi di transazione se li accolla l’impresa: “All’esercente in Italia è vietato caricare il consumatore del costo di commissione di ogni operazione effettuata con moneta elettronica, cosa che accade in altri Paesi europei, come Belgio, Svezia e Regno Unito – spiega il responsabile del settore crediti e incentivi Confcommercio -. La direttiva Cee del 2007 sui servizi di pagamento afferma la possibilità di trasferire o viceversa di decurtare i costi della commissione all’acquirente. Ma la direttiva concede agli stati membri la deroga. Nata per armonizzare i pagamenti elettronici in tutta Europa, la normativa finisce invece col creare frammentazione. Sono stati profusi tantissimi sforzi per creare una moneta unica, ma non altrettanti per l’euro di plastica. Le differenze tra uno stato membro e l’altro sono in molti casi davvero considerevoli”. Le contraddizioni non mancano nel sistema di pagamento elettronico: “La commissione per l’incasso tramite moneta elettronica è calcolata sull’intero importo, comprensivo di Iva. Una sorta di tassa che il sistema bancario richiede su una imposta che viene versata allo Stato. Eppure il sistema bancario accusa i commercianti e le piccole imprese di non volere accettare pagamenti elettronici per una questione di trasparenza, quando a non essere assolutamente trasparenti sono i criteri di applicazione delle commissioni”. Bisogna rendere il sistema più chiaro e rendere più conveniente ed accettabile l’importo richiesto ad ogni transazione: “La commissione viene pagata dall’esercente e versata alla sua banca che la versa all’istituto di credito del titolare della carta. Che i rapporti interbancari non siano di immediata e chiara lettura non ha del resto fatto mistero l’Authority che ha già puntato il dito sull’interchange fee e sui meccanismi che lo guidano. Urge un intervento sulle commissioni interbancarie per armonizzare il mercato e favorire un processo di innovazione sostenibile anche dalle imprese più piccole, in un contesto in cui la grande distribuzione organizzata spunta con grande potere contrattuale commissioni decisamente più basse”.
Confcommercio ha siglato convenzioni per contenere i costi e ha espresso le proprie perplessità di fronte all’imposizione del nuovo onere che porterebbe l’Italia ad avere 4 milioni di Pos, molti più del resto d’Europa, la cui media è in linea con quella attuale italiana ed è di 1 milione e 200mila point of sale. L’Italia sarebbe l’unico Paese a rendere obbligatoria l’accettazione di carta di debito da parte di qualsiasi attività, dai bar alle bancarelle del mercato, dalle edicole alle cartolerie, dalle imprese dei servizi ai professionisti. Di fatto, a due settimane dall’entrata in vigore della legge, non sono state formulate regole attuative. “Siamo al solito problema delle leggi in Italia, che non si conoscono fino al momento stesso in cui entrano in vigore, creando seri danni alle piccole imprese – commenta Oscar Fusini, vicedirettore Ascom -. Il decreto che impone l’obbligo dei Pos è da giorni nel mirino degli ordini professionali che chiedono di esserne esonerati e getta nell’incertezza e nella preoccupazione intere categorie del piccolo commercio e dei servizi”. La principale questione è la mancata definizione delle commissioni per gli importi minimi: “Edicolanti, tabaccai, bar, cartolerie ed altre categorie potrebbero trovarsi ad incassare tramite Pos importi il cui margine è inferiore al costo delle transazioni. L’obbligo di dotarsi di Pos può rappresentare un passo avanti per l’impiego di moneta elettronica, solo se verranno discussi i termini delle condizioni riservate agli esercenti – continua Fusini -. Due anni fa fu eclatante la disdetta da parte degli istituti bancari dei contratti in essere con i distributori di carburante per aggirare la gratuità per le transazioni inferiori a 100 euro sancita dall’articolo 27, comma 1, della legge 27/2012 di conversione del decreto liberalizzazioni”. “Il sistema bancario e le società di gestione adottarono in quell’occasione la condotta di interrompere o disdire il servizio di acquisizione di pagamenti con carta ai gestori di impianti di distribuzione di carburante, sostenendo di non poter più fornire un servizio senza copertura dei costi ed adeguata remunerazione della propria attività, svuotando di fatto tutta l’operatività della norma – continua il vicedirettore Ascom – . Sembra di rivedere un film già visto”.