Dal 2008 al 2013, i contribuenti tra i 15 e i 24 anni sono calati, a livello nazionale, di oltre 400mila unità. Il loro stipendio è sceso di circa 1.000 euro. È quanto si ricava da una ricerca di Datagiovani, elaborata dal MEF sugli anni di imposta 2011 e 2012 (dichiarazioni 2012 e 2013). Bergamo è ottava tra i territori per numero assoluto di contribuenti nella “fascia giovane” (sono 35.973) e prima tra le province italiane per reddito medio: nell’anno di imposta 2012 gli under 25 hanno denunciato 8.882 euro.
Dati assolutamente “onorevoli”, se non si conta che nella ricerca precedente, Bergamo annoverava 38.346 contribuenti under 25, e che la media di reddito era di 9.136 euro, quota che la poneva ancora al primo posto della graduatoria. Oggi la media nazionale per questi contribuenti è meno di 550 euro al mese, a Bergamo poco più di 740. Secondo il report, lo stipendio degli under 25 viaggia su medie di “pura sussistenza”. Al Nord, solo due ragazzi su dieci producono un reddito da indipendenza economica (sopra i 15.000 euro). I paragoni con il resto d’Europa sono difficili. Ma un neolaureato tedesco può avere contratti anche da 40mila euro annui. “Forse c’è qualcosa che non torna – dice Andrea Donegà, della segreteria bergamasca di Fim Cisl e responsabile nazionale dei Giovani Fim -. Il fatto che il numero di under 25 con un reddito, e quindi con un lavoro, sia calato sensibilmente evidenzia quanto il sistema scolastico non sia in grado di traghettare gli studenti nel mondo del lavoro, un passaggio fondamentale se vogliamo favorire l’accesso dei giovani dalla scuola alla “fabbrica” garantendo loro reddito e, soprattutto, l’adeguata preparazione e professionalità che il mercato del lavoro, con l’avvicinarsi dell’industria 4.0, richiederà sempre più. A ciò si aggiunga il fatto che sempre più giovani, in quella fascia di età, lasciano il nostro Paese in cerca di maggiori opportunità in altri paesi: i dati ci dicono che, quest’anno, potrebbero essere più di 4.500 persone a lasciare la provincia di Bergamo e, tra loro, molti giovani. L’altro tema riguarda i Neet, giovani che non studiano e non lavorano, presenti in maniera importante anche a Bergamo: certamente è preoccupante che a fronte di una diminuzione dei giovani al lavoro non sia cresciuta, almeno, la percentuale di giovani sui banchi di scuola mantenendo alta la percentuale di Neet e basso il tasso di scolarizzazione in provincia di Bergamo”.
“Non possiamo, infine – aggiunge Donegà – tralasciare l’aspetto previdenziale. Oggi si stanno costruendo le condizioni per innescare, tra qualche anno, un disastro sociale: il sistema contributivo terrà conto dei contributi versati in tutta la carriera lavorativa e, dunque, è chiaro che redditi bassi incideranno in maniera marginale sul calcolo degli assegni pensionistici. Ma non solo, risulta chiaro che i giovani, con redditi bassi, stiano pagando oggi le pensioni anche a chi guadagna molto di più rispetto a quanto versato per poi percepire, a loro volta, pensioni pari al 46% dell’ultima retribuzione raggiunti i 70 anni di età: non c’è dubbio che tutto ciò sia un’ingiustizia da contrastare e che il patto generazionale debba essere riscritto”.