Turismo enogastronomico: Gli italiani scelgono le loro mete in base al buon cibo

Nel film “Mangia, prega, ama” Elizabeth Gilbert, che viene interpretata dalla pluripremiata Julia Roberts, dopo il suo divorzio difficile decide di lasciare tutto, per intraprendere un lungo viaggio. Tra le tappe, che la donna racconta nel suo diario, sceglie l’Italia per il suo soggiorno di quattro mesi in Italia, visitando Roma e Napoli, scoprendo i piaceri della buona cucina italiana e godendosi la vita nel dolce far niente.

Pasta, pizza, carne, pesce, dolci: la gastronomia e pasticceria italiana offre una vasta gamma di prelibatezze che conquistano i palati più esigenti e funzionano da volano per il turismo. E’ quanto emerge dalla seconda edizione del Rapporto sul Turismo Enogastronomico italiano pubblicato sotto la supervisione scientifica della World Food Travel Association e dell’Università degli studi di Bergamo, con il patrocinio del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di Enit – Agenzia Nazionale del Turismo, Federculture, ISMEA, Fondazione Qualivita e Touring Club Italiano, presentato a Milano dall’autrice Roberta Garibaldi.

Si scopre, quindi, che il turismo enogastronomico continua a crescere: +48% di interesse in un anno, percentuale che coinvolge il 45% dei turisti italiani. Sono sposati o convivono e provengono da tutto il Paese, in particolare dall’Italia meridionale: in queste regioni, infatti, la propensione a viaggiare con motivazioni legate all’enogastronomia arriva al 52%, contro un 47% nelle regioni del Centro Italia, un 41% per quanto concerne i territori del Nord Ovest e un 39% del Nord Est. Questo segmento turistico interessa in modo trasversale tutte le generazioni, in primis gli appartenenti alla Generazione X (ossia i nati tra il 1965 e il 1980) e ai Millennials (1981-1998): il 47% dei primi e il 46% dei secondi ha dichiarato di avere svolto viaggi di natura enogastronomica, con un incremento di interesse dei Millennials dell’86% su base annua, i quali prediligono destinazioni dove quest’offerta è ampia e diversificata e si integra armoniosamente, sia con un contesto di particolare pregio paesaggistico, sia con un’identità culturale forte e radicata nella popolazione residente. Ad affermarsi è quindi il concetto di “paesaggio enogastronomico”, ovvero quell’insieme di cultura, persone, ambiente, attività e prodotto tipico, che il turista italiano prende sempre più in considerazione quando sceglie la meta del suo prossimo viaggio.

Il 98% dei turisti italiani ha partecipato ad almeno una esperienza enogastronomica nel corso di un viaggio compiuto negli ultimi 3 anni. Fra le più popolari figurano, oltre al gustare prodotti tipici, visitare un mercato (82%) e il recarsi presso bar e ristoranti storici (72%). Grande interesse suscitano le esperienze di visita ai luoghi di produzione, con in primis le aziende agricole (62%) che registrano un tasso di interesse maggiore rispetto alle cantine (56%), mentre il 68% dei turisti italiani vorrebbe che l’Italia avesse un museo nazionale dedicato alla sua ricchezza enogastronomica.

E l’Italia cosa sa e può offrire? Secondo il Rapporto, 825 prodotti agroalimentari e vitivinicoli ad Indicazione Geografica, 5.056 Prodotti Agroalimentari Tradizionali, 4 beni enogastronomici inseriti nella lista del patrimonio tangibile e intangibile dell’UNESCO, 2 città creative UNESCO dell’enogastronomia, 334.743 imprese di ristorazione, 875 ristoranti di eccellenza, 23.406 agriturismi che offrono servizi di alloggio, ristorazione e altre proposte turistiche, 114 musei legati al gusto, 173 Strade del Vino e dei Sapori. A ciò si aggiungono una molteplicità di esperienze a tema, quali visite e degustazioni nelle cantine, nei birrifici e nei frantoi, sagre e feste enogastronomiche, esperienze di social eating e cooking class che trovano uno spazio sempre maggiore nell’offerta degli intermediari tradizionali e online. Un’offerta consistente in termini numerici che nell’ultimo anno è cresciuta, anche se in modo non consistente per tutte le tipologie, e che riflette la ricchezza e la varietà del patrimonio eno-gastro-turistico-italiano, da Nord a Sud, nelle maggiori città così come nei luoghi periferici.

Per Roberta Garibaldi, autrice della più completa e autorevole ricerca sul settore: “Si tratta di un dato importante, che non solo certifica la crescente rilevanza di questo segmento turistico tra i viaggiatori del Belpaese, ma che deve diventare un forte elemento di attenzione per tutte le destinazioni italiane, per stimolare un’offerta eno-gastro-turistica sempre più strutturata”.


“FORME”: è Bergamo la capitale internazionale dell’arte casearia

È stata presentata oggi a Palazzo Regione Lombardia la quarta edizione di “FORME – Bergamo, Capitale Europea dei Formaggi”, manifestazione dedicata all’arte casearia italiana d’eccellenza che torna nel capoluogo orobico dal 17 al 20 ottobre 2019. Forte del suo primato europeo, con ben 9 D.O.P. casearie prodotte sul territorio del capoluogo orobico (la Lombardia ne totalizza 14 e l’Italia complessivamente 50) e del successo registrato dalle precedenti edizioni, Bergamo e la Regione Lombardia si fanno capofila di un progetto di valorizzazione e promozione a livello internazionale dell’intero comparto lattiero-caseario italiano. Quattro giorni di iniziative, mostre-mercato, laboratori e incontri con appuntamenti dedicati esclusivamente agli addetti ai lavori, ma anche tante attività aperte al pubblico nella spettacolare cornice della Città Alta e al polo fieristico.

Organizzato dall’Associazione Promozione del Territorio in collaborazione con la Regione Lombardia e la Camera di Commercio di Bergamo, il progetto è stato presentato nel corso di una conferenza stampa che ne ha illustrato obiettivi, strategie e programma e ha visto gli interventi tra gli altri di Attilio Fontana, Presidente della Regione Lombardia, Fabio Rolfi, Assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi, Paolo Malvestiti, Presidente della Camera di Commercio di Bergamo e John Farrand, Direttore Generale di Guild of Fine Food, organizzatori di World Cheese Awards, giunto espressamente in Italia da Londra.

«Bergamo è la capitale italiana del formaggio. Il territorio orobico è culla di quasi il 20% delle DOP casearie del nostro Paese. Vogliamo che sia una realtà riconosciuta a livello mondiale e qualunque iniziativa rivolta alla promozione della biodiversità agricola lombarda ha il sostegno della Regione Lombardia» ha dichiarato Fabio Rolfi, Assessore Regionale Lombardo all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, che ha aggiunto: «I complimenti vanno a tutti coloro che stanno organizzando la manifestazione e che sono riusciti a ottenere l’opportunità di ospitare i World Cheese Awards. Questa vetrina internazionale rappresenta un’occasione turistica importante che avrà ricadute positive sullo sviluppo produttivo lombardo. La storia, la cultura, le bellezze naturali e i prodotti enogastronomici sono la nostra vera ricchezza».

«L’appuntamento del prossimo ottobre – ha affermato il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori – sarà una nuova, prestigiosa occasione per valorizzare il territorio bergamasco, le sue eccellenze gastronomiche, il primato italiano ed europeo in ambito caseario. Con la sua configurazione ancora più ampia rispetto al programma del 2018, il prossimo appuntamento di FORME si rivela inoltre come un’ulteriore opportunità per dare visibilità al patrimonio artistico e culturale della città di Bergamo in un contesto nazionale e internazionale, e offrire nuovo slancio, proprio grazie ai Formaggi delle Orobie, alla candidatura del territorio bergamasco a “Città creativa dell’Unesco”, la rete mondiale dell’ONU nata nel 2004 per promuovere la cooperazione tra le città che hanno identificato la creatività come elemento strategico per lo sviluppo sostenibile».

Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, h a notato: “E’ un’importante manifestazione questa di Bergamo. Il nostro paese può vantare la più grande qualità e la più grande diversità di prodotti lattiero-caseari. Siamo sicuramente l’unico paese che riesce a dare tanti prodotti di qualità così diversi fra di loro e così particolari. Credo, quindi, che sia giusto che lo si sottolinei. Credo che sia giusto fare evidenziare questa grandissima qualità del prodotto italiano nel mondo e questo è il motivo per cui l’esportazione ha assunto un carattere così rilevante. Sono contento che si svolga questa grande manifestazione a Bergamo, che ha raggiunto questa sorta di “campionato mondiale” del formaggio. Possiamo dire con orgoglio che Lombardia è una delle regioni che ha un importante numero di prodotti legati al formaggio. Ho imparato a conoscere ancora di più i tantissimi prodotti della provincia di Bergamo e devo dire che la qualità è veramente eccellente e ancora più diversificata di quello che si potesse immaginare”.

Francesco Maroni, Presidente Progetto Forme ha dichiarato: «Siamo molto orgogliosi di presentare la quarta edizione di Forme, una manifestazione che negli anni ha saputo entusiasmare tutti – istituzioni, privati, addetti ai lavori e pubblico. I numeri dello scorso anno parlano già chiaro: oltre 40mila tra visitatori e partecipanti agli eventi espositivi e formativi, con 12mila chili di formaggi venduti e degustati alla mostra-mercato». Maroni ha poi aggiunto sull’edizione 2019: «Senza perdere di vista l’importante patrimonio lattiero-caseario locale, l’edizione di quest’anno mette in scena due importanti novità, che accreditano la manifestazione a livello mondiale: la prima italiana dei World Cheese Awards, il più prestigioso concorso internazionale per i migliori formaggi del mondo e la fiera B2Cheese, dedicata agli addetti ai lavori del settore caseario a 360°. Si tratta di una crescita che mira a promuovere e valorizzare le produzioni d’eccellenza di tutta Italia, con l’obiettivo di accrescere la percezione di valore dei formaggi nazionali, fare sistema e creare cultura della qualità. FORME è un progetto aggregante, che vuole offrire strumenti e opportunità di promozione del comparto lattiero-caseario, un settore strategico e di grande rilevanza economica e sociale».

John Farrand, Direttore Generale di Guild of Fine Food, organizzatori di World Cheese Awards, ha aggiunto: «Anno dopo anno i World Cheese Awards stanno aumentando la propria portata internazionale. Per questo motivo è molto importante per noi collaborare con organizzazioni affini che capiscano il valore e le potenzialità di questa manifestazione. Legarci a FORME ci è sembrata una scelta molto naturale e siamo estremamente onorati di portare la competizione a Bergamo, bellissima città dal ricco patrimonio caseario. La Lombardia e Bergamo, con la sua storia e il suo straordinario patrimonio caseario con il primato europeo di 9 D.O.P. casearie, diventeranno polo di attrazione per tutto il mondo. Ci stiamo preparando a un anno record quanto a presenze e Paesi in gara e non vediamo l’ora di collaborare con FORME per creare un evento memorabile e sensibilizzare l’intero settore lattiero-caseario».

Fiore all’occhiello dell’edizione 2019 sono appunto i World Cheese Awards, gli Oscar dei formaggi che arriveranno per la prima volta in Italia, ospiti dei padiglioni di Promoberg – Fiera di Bergamo dal 18 al 20 ottobre: al primo giorno riservato agli addetti ai lavori segue il Cheese Tour, una due giorni dedicata al pubblico. Organizzati da The Guild of Fine Food, i World Cheese Awards da oltre 30 anni premiano i migliori produttori del pianeta, dai piccoli artigiani ai grandi brand. 3.472 formaggi provenienti da 41 paesi, oltre 2.500 aziende produttrici, una giuria internazionale di 235 esperti, e 6.000 visitatori, tra specialisti, opinion leader e appassionati da tutto il mondo sono le credenziali dell’ultima edizione tenutasi a Bergen, in Norvegia, dove l’Italia ha collezionato 175 Awards, di cui 13 Super Gold, 42 Gold, 60 Silver e 60 Bronze. Ben 4 dei 16 Top Cheeses finalisti erano italiani, con il riconoscimento di Best Italian Cheese andato al Pecorino Toscano Riserva del Fondatore del Caseificio Il Fiorino di Roccalbenga, nel grossetano. Per la 32esima edizione si aspetta di superare il record di 3.500 formaggi, con la presenza di nuove nazioni produttrici, come Giappone, Barbados, Tailandia eTaiwan.

Sempre alla Fiera di Bergamo, il 17 e il 18 ottobre si terrà la prima edizione di B2Cheese, salone internazionale del formaggio: rassegna fieristica nazionale e internazionale dedicata esclusivamente a operatori del settore, con produttori, affinatori, confezionatori e aziende collegate (food tech, logistica, consulenza, internazionalizzazione).
Due giorni interamente dedicati alla promozione dell’industria casearia italiana, con attività di matching tra produttori, buyers, importatori, distributori, convegni, workshop, degustazioni tecniche.

A questi due eventi dedicati ai professionisti del settore si aggiunge un fine settimana di appuntamenti aperti al pubblico.
Nel cuore della Città Alta il 19 e il 20 ottobre la mostra a ingresso gratuito “And the winner is … 31 anni di campioni WCA” riunirà per la prima volta nella suggestiva cornice della Sala delle Capriate di Palazzo della Ragione i vincitori di tutte le scorse edizioni di World Cheese Awards.
Nelle stesse giornate nella loggia porticata di Palazzo della Ragione, in Piazza Vecchia, si terrà la mostra mercato “Piazza Mercato del Formaggio” dedicata alle specialità casearie delle province di Bergamo, Lecco e Sondrio coinvolte nel progetto “Cheese Valley – Bergamo Città Creativa UNESCO”. La candidatura, annunciata durante l’edizione 2018, porta i gioielli lattiero-caseari orobici a incontrare la rete mondiale dell’Onu creata nel 2004 per promuovere la cooperazione tra le città che hanno identificato la creatività come elemento strategico per lo sviluppo sostenibile.

Da non perdere per gli appassionati del genere anche gli appuntamenti del Cheese Festival aperto al pubblico dal 18 al 20 ottobre nello stesso padiglione dei World Cheese Awards che propone: i “Cheese Lab”, degustazioni di specialità casearie e prodotti in abbinamento come birra, vino, miele, organizzate in collaborazione con Onaf – Organizzazione Nazionale degli Assaggiatori di Formaggio; i “Cheese Lab WCA”, occasione unica per scoprire e gustare formaggi rari e altrimenti introvabili e gli show cooking della Nazionale Italiana Cuochi.

La manifestazione si chiuderà con la serata di gala e beneficenza “Buono come il formaggio”, organizzata sempre in una location suggestiva nella splendida cornice della Città Alta di Bergamo.

Maggiori informazioni e aggiornamenti su: www.progettoforme.eu, Facebook Progetto Forme e Instagram Progetto Forme.


Uova: Timbratura all’origine per tutelare i consumatori

Unaitalia, Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova, è stata audita mercoledì 9 gennaio alla Camera dei deputati, in XIII Commissione Agricoltura, nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Cassese, Caretta, Gastaldi e Nevi su iniziative in materia di marchiatura delle uova. A rappresentare la posizione delle imprese produttrici di uova aderenti a UnaItalia è stato Ruggero Moretti, presidente del Comitato Uova di Unaitalia, nonché neoeletto presidente di EEPA, European Egg Processors Association.

“Unaitalia accoglie con favore le risoluzioni della Commissione Agricoltura ed in particolare quelle a firma degli onorevoli Cassese e Gastaldi, in quanto la timbratura obbligatoria delle uova in allevamento rappresenta un elemento fondamentale per tutelare le produzioni nazionali, ma soprattutto per garantire che i consumatori possano avere informazioni chiare circa l’origine delle uova e le modalità di allevamento” ha spiegato Ruggero Moretti in Commissione Agricoltura.

Attualmente la timbratura delle uova da consumo avviene sempre nei centri di imballaggio dove possono confluire uova provenienti da siti produttivi differenti con diverse tipologie di allevamento. All’interno della Comunità europea non vi è poi l’obbligo di indicare sull’imballaggio l’origine delle uova, ed è attualmente ammessa una deroga alla marchiatura delle uova destinate alla lavorazione industriale, quando queste vengano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.


Con PromoIsola il prodotto è Doc e a km zero

L’Isola Bergamasca gioca la carta della tradizione e propone le sue eccellenze: Tanto più che la zona può schierare un vero e proprio campione, il Mais Nostrano dell’Isola, varietà autoctona che fino agli anni Cinquanta era la scelta più diffusa per preparare la polenta ‘alla bergamasca’, autentico simbolo della cucina nostrana. Attorno a questa riscoperta PromoIsola ha aggregato le altre produzioni dell’intero territorio bergamasco, dai vini alla carne, dai formaggi ai salumi, dalle confetture al miele. Il risultato è un paniere alimentato da 17 aziende e composto da 12 eccellenze gastronomiche. Ecco quali sono e la loro storia.

Mais spinato di Gandino
Viene chiamato così per i suoi chicchi appuntiti. La sua coltivazione risale addirittura al 1.600 e nel 2007 è stato tutelato con il marchio De.Co. (Denominazione Comunale d’Origine). Ha un sapore dolce e gradevole ed è prodotto senza l’uso di sostanze chimiche. Alla classica farina da polenta, si possono abbinare il frollino Melgotto, la Spinata, la Spinetta: una gustosissima galletta di mais, ideale per accompagnare salumi e antipasti, e la birra Scarlatta, preparata artiginalmente da Roberto Caleca.

Formaggio Dolce Branzi
Pluripremiato, è annoverato tra i migliori formaggi da tavola della bergamasca. É un formaggio tipico di latte vaccino, viene prodotto ad Almenno San Salvatore, dal caseificio Casera Monaci. Ha un sapore dolce e delicato, tendente al piccante con l’invecchiamento ed è molto versatile in cucina: è perfetto per preparare polenta taragna, pizzoccheri e fonduta e in generale i piatti che necessitano di un formaggio filante e allo stesso tempo saporito.

Formagella Valle Imagna
Le sue origini sono molto antiche tanto che, se ne hanno testimonianze già dall’XI e XII secolo. È un formaggio da tavola dal sapore dolce e delicato, tipicamente caratteristico degli alpeggi di montagna. È prodotto esclusivamente con latte proveniente dalla Valle Imagna, anche questo dal caseificio Casera Monaci. È soggetto a una stagionatura di circa 30/40 giorni ed è adatto da mangiare al taglio, anche con il condimento.

Formaggio Provolone Valpadana
Oggi è diventato un prodotto D.O.P. Si ottiene dal pregiato latte delle mucche di razza Frisona, tipiche della Valpadana. La diversa stagionatura dà luogo alla variante dolce e a quella piccante. Può avere forme diverse: dall’antica pera al cilindro classico, dal melone allungato alla fiaschetta.

Formaggio Taleggio
La sua origine è antichissima, probabilmente anteriore al X secolo. E’ un formaggio a pasta cruda prodotto da latte vaccino tutelato dal marchio D.O.P. con una stagionatura almeno di 35 giorni. All’inizio al palato sembra dolce, poi sapido con note più amare o addirittura piccanti. È ottimo con le pere o le mele. Da provare, nel risotto con le nocciole tostate, sciolto sulla pizza, oppure con le foiade, gli gnocchi o in salsa con le carni.

Formaggio Salva Cremasco
È un delizioso formaggio da tavola a pasta cruda, a Denominazione di Origine Protetta (DOP). È prodotto esclusivamente con latte intero di mucca, con una stagionatura minima di 75 giorni, in due pezzature di altezza tra i 9 e i 15 cm. È eccellente consumato fresco e ingrediente di molte pietanze.

Dolce M’Oro
Soffice ed elegante, è composto da farina di mais, farina di nocciole e farina miscelata a cioccolato fondente, con al centro un morbido cuore di pasta di mandorla e crema gianduia. È stato creato nel 2014 dalla collaborazione di 11 rinomate pasticcerie bergamasche ed è dedicato al Moro di Venezia, in riferimento alle origini veneziane delle mura; la sua forma a mattoncino ricorda le pietre che formano le Mura di Città Alta, la carta dorata che lo avvolge richiama il giallo degli stemmi araldici della città. È ideale per colazione e merenda, anche accompagnato da creme.

Torta Quarenghi
È un dolce semplice, la classica ‘torta della nonna’. È stata creata in Valle Imagna nel 2017 per omaggiare uno dei suoi abitanti più illustri, Giacomo Quarenghi dalla chef Nella Gritti dell’Hotel Resort & Spa Miramonti di Rota Imagna. È prodotta con i migliori prodotti locali: mais bergamasco, cioccolato, fichi secchi, pere e un tocco di vodka. È buonissima gustata leggermente tiepida e con una crema pasticcera alla vaniglia.

Torta di Treviglio
È un un delizioso dolce artigianale a base di pasta frolla, uova, vanillina e mandorle dal sapore antico, ma di produzione assai recente: lè nata nel 1990 in occasione di con un concorso promosso dall’Associazione Botteghe Città di Treviglio per trovare un prodotto da associare alla locale festa della Madonna delle Lacrime, manifestazione patronale che si tiene ogni anno l’ultimo giorno di febbraio. Oggi questa torta è conosciuta anche fuori provincia e viene prodotta e consumata in tutti i mesi dell’anno.

Pinot Nero Bergamasco
È un Igt (Indicazione geografica tipica). Ha un colore rubino con qualche riflesso granato, profuma di frutti di bosco e ha note floreali e balsamiche, al palato è ricco e armonico. La sua coltivazione nella Bergamasca è stata introdotta nel 2007 dall’imprenditore e viticoltore Giuseppe Magni che ha recuperato e rimesso in sesto una terra abbandonata in località Tassodine di Villa D’Adda. Oggi il vino ha una produzione annuale di circa 1-1500 bottiglie e porta il nome di Francesco Arrigoni (fu il compianto giornalista ad avere questa intuizione). È ottimo con carne arrosto, brasati, stufati di carne con funghi e polenta e con i formaggi stagionati.

Valcalepio Rosso DOC

È un vino di classificazione DOC prodotto dall’unione di vitigno Merlot e Cabernet Sauvignon. Ha un colore rosso rubino e un intenso sentore di amarena. Si sposa molto bene con piatti di carne, arrosti, polenta e formaggi Va servito a una temperatura di circa 18 C°.

È prodotto in più di 50 aziende vitivinicole bergamasche e commercializzato sia in Italia sia all’estero. Si può acquistare dai produttori vitivinicoli locali, nelle migliori enoteche e nella grande distribuzione.

I produttori di PromoIsola

Filago
Agriturismo CASCINA BACCIA
Azienda Agricola ENRICA TOSI
Mapello
Azienda Agricola BOLOGNINI CRISTIAN
Azienda Agricola SCOTTI

Medolago
MOLINO PENNATI

Ponte San Pietro
BIRRIFICIO MASPY
Sotto il Monte Giovanni XXIII
Agriturismo CASA CLELIA
Azienda Agricola LA COLOMBERA
Azienda Agricola MICHELI MORRIS
Azienda Agricola SANT’EGIDIO
Azienda Agricola biologica L’ALVEARE

Villa D’Adda
Azienda agrituristica CASCINA RIGURIDA
Azienda Agricola LA ROSSERA
Azienda Agricola TASSODINE
Azienda Agricola LA CÀ
HAMMER BEER
Vini PRESSIANI ANGELO

Per informazioni, Promoisola promoisola@isolabergamasca.com www.isolabergamasca.org

 


Le spezie d’inverno

Con il freddo ritorna la voglia di cucinare zuppe, torte e biscotti e magari di preparare punch e vin brulé per riscaldarsi. Le spezie diventano allora ingredienti fondamentali da avere a disposizione. Ma quali scegliere tra l’infinita varietà che si trova sugli scaffali dei negozi? E con quali piatti abbinarle? Per aiutarvi abbiamo stilato una lista delle spezie da avere in dispensa durante l’inverno, che daranno un tocco aromatico ai vostri piatti delle feste. Svelandovi una chicca pressoché sconosciuta: la ‘spezia portafortuna’ ricavata dal melograno.

Cannella

È la prima spezia che viene in mente quando si pensa all’inverno. La si usa per lo più nei dolci e nelle creme (provatela nei muffin e sulla panna montata), ma questa spezia calda e fruttata, nota già agli antichi Egizi, è molto versatile: se ne può aggiungere una stecca alle carni brasate, è ideale per le ricette con il tacchino e agnello, si abbina a tutta la frutta (con la mela cotta è sublime), a carote, fagiolini, spinaci, pomodori e zucca. Inoltre, è perfetta per gli infusi: basta immergerla nell’acqua bollente. Può essere acquistata in forma di stecche oppure in polvere. Le stecche sono molto utili nella preparazione delle conserve e per gli infusi: basta immergerle nell’acqua bollente.

Anice stellato

È originario dall’Asia ed è molto apprezzato nei Paesi del Nord. Ha un sapore dolce e piccante che ricorda l’anice e la liquirizia e proprietà diuretiche e antireumatiche. È perfetto per completare il vin brulè (lo rende meno dolce) e per aromatizzare dolci, infusi e liquori. Si sposa bene nel couscous, con le carni di anatra, manzo brasato e maiale. Usato in piccole dosi nel ripieno di ravioli e tortellini li rende più personali.

Cardamomo

Nel nostro Paese è poco usato ma è un asso nella manica in cucina. Originaria dei Paesi arabi, questa spezia ha un sapore fresco e balsamico, a metà tra eucalipto e menta limone. Si può acquistare in baccelli, semi o polvere. Può essere usata per aromatizzare torte, biscotti e composte di frutta ma anche nel tè e nel caffè. È ottima con marinate e carni dal gusto deciso come maiale e anatra.

Chiodi di garofano

Diffusi in tutto l’Oriente, danno ai piatti un profumo dolce e speziato, e sono un potente antinfiammatorio e un ottimo digestivo. Si trovano interi o macinati. Insieme alla cannella e all’anice stellato, possono aromatizzare il vino per ottenere il vin brulé ma si possono usare anche nel bollito e nel brodo di carne di manzo e, con parsimonia, con le carni rosse e la selvaggina. Inoltre si sposano bene con frutta e verdura; gli abbinamenti migliori in questa stagione sono con ananas, arance, limoni, mele, mirtilli, pere, prugne, e con cipolle, fagioli, pomodori, rape e zucca. Da provare con la frutta cotta e con la torta di mele. Dritta: usateli per fissare una foglia di alloro a una cipolla intera, da aggiungere a legumi, zuppe e stufati.

Curcuma

Conosciuta come lo ‘zafferano d’Oriente – è originaria del Medio Oriente e del Sud Est Asiatico – è una delle spezie più colorate. Nella cucina italiana non viene usata spesso ed è un peccato perché può essere aggiunta a qualsiasi piatto, dai legumi, alle zuppe, alle verdure, alle carni, il pesce, il riso, i dolci (è un colorante naturale). È fantastica nei risotti, aggiunta in fase di mantecatura (un pizzico su quello allo zafferano lo rende speciale), sulle patate in tegame a fine cottura, con cavoli e broccoli e con le pietanze a base di carne bianca. Ha un sapore amarognolo ma piacevolmente aspro, e proprietà antinfiammatorie e antisettiche. In commercio si trova secca tra le spezie, o fresca sotto forma di radice al reparto ortofrutta.

Noce moscata

Insieme al pepe nero e al peperoncino, è tra le spezie più diffuse e consumate nei piatti italiani. È indicata per insaporire salse, risotti, zuppe, ripieni, sughi, stufati, polpette e verdure al burro o saltate. Gli abbinamenti elettivi? ricotta e spinaci, besciamella, salse al formaggio, insaccati e dolci: con il suo sapore penetrante, dà a torte e biscotti quel tocco in più di rusticità che fa tanto Natale. Senza dimenticare che serve per preparare le bevande invernali più amate: punch e vin brûlé. Si trova in polvere oppure intera da grattugiare e ha proprietà antimicotiche e digestive. Il consiglio: grattugiata al momento mantiene tutto il suo sapore.

Anardana

É una chicca, non la conosce quasi nessuno in Italia, ma questa spezia rosso mattone che viene dall’Iran è l’aroma natalizio per vocazione dal momento che è il cuore essiccato del melograno, simbolo beneaugurale delle feste. Ha un sapore acidulo, con retrogusto fruttato e leggermente dolce e si può usare con torte e crostate, in sostituzione a fragole, visciole, ciliegie, e con carni magre, peperoni, avocado e mele; nelle ricette che prevedono utilizzo di limone, lime e agrumi; abbinata a salse di yogurt e dolci a base di latte, anche vegetale; e alle verdure. È un potente antiossidante e ha proprietà diuretiche e antinfiammatorie. Da provare: aggiungetela alle verdure a fine cottura.

Peperoncino

È una delle spezie più utilizzate al mondo e un ingrediente immancabile sulle nostre tavole: va bene praticamente in ogni piatto. Si accompagna molto bene con con broccoli, cavolfiori, cetrioli, finocchi, melanzane, patate, peperoni, pomodori e zucca; si sposa benissimo con ananas, arance, avocado, banane, cocco, lamponi, limoni, mango e mirtilli e perdono nei dolci al cioccolato.

Vaniglia

È la spezia regina in pasticceria. Grazie al suo sapore dolce si può usare per aromatizzare creme, torte, biscotti, yogurt, gelato e per bevande come tisane, latte, cioccolate e liquori. Ha effetti digestivi. È reperibile sia in baccelli interi, quindi naturali, che in polvere e liquida, la cosiddetta vanillina.

Zenzero

Originario dell’Asia, ha un sapore deciso e leggermente piccante con un forte sentore di limone ed è una delle spezie con più effetti benefici. In cucina si usa la radice, soprattutto essiccata o polverizzata. È perfetto per marinare carni e pesci, e dà un tocco gradevole e fresco a qualsiasi verdura: l’abbinamento migliore è con cipolle, carote, cavoli, champignon, melanzane, pomodori, peperoni, rape, zucchine e zucca. Inoltre è una spezia perfetta per aromatizzare zuppe, marmellate e frutta. Il meglio lo dà con arance, banane, mele, mandarini, pere, limoni, mirtilli, lamponi, mango, prugne, lime e pompelmi (d’estate si abbina a albicocche, pesche, fichi, uva, melone). Ma si può usare un po’ con tutto: legumi, carni, pane, biscotti. Si trova macinato o fresco da grattugiare.

La nutrizionista Roberta Zanardini ci spiega le proprietà delle spezie, che sono alleate di bellezza e salute grazie alle loro componenti nutrizionali.

Benefici
Conosciute fino dall’antichità per la loro facoltà di conservare i cibi, le spezie possiedono in realtà interessanti proprietà digestive e le troviamo ancora oggi impiegate nella medicina galenica. Significativa è la loro capacità di migliorare l’assorbimento dei grassi, di intensificare l’attività degli enzimi pancreatici e di ridurre il tempo di transito gastrointestinale. Inoltre, sono prive di apporto calorico, promuovono la termogenesi corporea e aumentano il senso di sazietà. Da non dimenticare anche la loro natura antiossidante, antinfiammatoria, antisettica e di stimolo alle difese immunitarie.

Controindicazioni
Chi soffre di disturbi gastrici, reflusso, ulcera, patologie epatiche o coliche le deve consumare con moderazione, in particolare zenzero, cannella, curcuma, chiodi di garofano e cumino. È stato dimostrato che alcune spezie interagiscono con certi farmaci aumentandone l’effetto, attenzione a antinfiammatori e anticoagulanti.

Sapevate che…
Per debellare le tracce odorose che attirano le formiche possiamo usare foglie di menta essiccate e sbriciolate o foglie di alloro poste vicino alle provviste. Provate a spargere peperoncino in polvere, chiodi di garofano o paprika piccante oppure tracciare una linea con bastoncini di cannella nei pressi dei punti d’accesso delle formiche, e l’odore pungente di queste spezie ne impedirà il passaggio.


La bontà del panettone

Classico, mandorlato, farcito, con o senza canditi, il panettone è il re incontrastato di tutti i pranzi natalizi. Sono sempre di più i bergamaschi che ai prodotti industriali venduti nei supermercati preferiscono la freschezza di un dolce artigianale. E non a torto. Pasticceri e fornai prestano una cura certosina nella scelta di ingredienti di qualità come conferma Roberto Capello, presidente della Federazione Italiana Panificatori e dell’Unione Regionale Panificatori della Lombardia, per 21 anni a capo dei panificatori bergamaschi Aspan: “Il panettone è tutelato dal 2005 da un disciplinare che ne specifica gli ingredienti e le percentuali minime. Quello artigianale viene prodotto all’inizio di dicembre perché non ha conservanti, quindi si conserva per circa un mese. È un processo di produzione lungo e complesso che richiede metodo rigoroso, materie prime di qualità e farcitura di ottima fattura. Il panettone dev’essere ricordato in bocca e nella testa, non nello stomaco”.
“Le grosse aziende producono panettoni di qualità inferiore per giustificare il prezzo, pur rimanendo nel valore minimo stabilito dal disciplinare. Questo ha reso ancora più buono il panettone artigiano – spiega Capello – Il gastronomo Davide Paolini dice che il panettone andrebbe mangiato in tutte le stagioni, cambiando la farcitura con creme e canditi differenti: agrumi in inverno, ananas e frutti di bosco in estate”.
Secondo il presidente italiano panificatori, questo tipico dolce natalizio dovrebbe essere appannaggio del panettiere, vista la tradizione di prodotto lievitato. Eppure quasi tutti pasticceri orobici si sono sbizzarriti nella loro personale ricetta. “Spesso c’è la tendenza a portare l’industria in pasticceria – afferma Dario Soldo della pasticceria Morlacchi di Zanica – Noi al contrario per l’impasto non utilizziamo un mix di farine già pronte, ma esclusivamente il lievito madre e la farina con il marchio Integralbianco del Molino Varvello, ricca di benefici, certificata dall’Istituto Veronesi. Il panettone contiene parecchio burro e con le basse temperature si indurisce, va quindi conservato in una credenza, a una temperatura di 28 gradi. Tra le novità di quest’anno abbiamo: il panettone strudel con mele, uvetta, pinoli e cannella; alle pere e cioccolato; con le albicocche candite”.
Sì all’abbinamento con mascarpone, panne o creme, purché ponderato, in modo da esaltare il gusto del panettone senza coprirlo, come raccomanda Vittorio Fusari, chef di Balzer: “Io consiglio una crema pasticcera con arance di agricoltura biologica con poco zucchero. Attenzione anche ai canditi. Spesso la gente li toglie perché sono gomme immangiabili. Noi invece puntiamo su una selezione di frutti, senza mai andare a inficiare la ricetta tradizionale. Oltre ad arancia e cedro, aggiungiamo il limone, agrume importante dal punto di vista nutrizionale e digestivo: il suo gusto aspro bilancia la dolcezza. L’uvetta passa viene invece rinvenuta nel Moscato di Scanzo”. Anche pasticceria Sant’Anna lo scorso anno ha puntato su un panettone aromatizzato con il vino dolce. Quest’anno, invece, torna in voga la tradizione: “Tra i nostri fiori all’occhiello c’è il mandorlato che è basso per distinguerlo da quello industriale che è più lievitato – spiega Darwin Foglieni – Usiamo canditi classici oppure albicocche o fragoline di bosco, da gustare con una crema pasticcera”. Ma come riconoscere un buon panettone? Ce lo spiega Riccardo Schiavi, quarta generazione alla guida de La Pasqualina: “Prima di acquistarlo è fondamentale saper leggere il foglio degli ingredienti. Oggi va molto di moda la parola “lievito madre”, ma bisogna capire se è ‘vivo’ o ‘in polvere’. Il primo, infatti, ha bisogno di cure che impegnano l’artigiano circa mezz’ora al giorno e, grazie a queste attenzioni, garantisce leggerezza e digeribilità. Quello in polvere, invece, è un preparato industriale. Da controllare anche la presenza di monodigliceridi, conservanti, non salubri, e l’utilizzo di aromi. Aromatizzare un panettone con la vaniglia naturale che costa 600 euro al chilo o con un aroma chimico da 10 euro al chilo fa davvero la differenza. C’è poi la masticabilità: se non è troppo “ciccoso” in bocca, se prendendo la pasta sfiocca bene fino in fondo e se, dal panettone, esce un profumo di burro, vaniglia e agrumi, allora avrete acquistato un buon prodotto. Ma la prova più importante da superare resta quella con il vostro stomaco. Dopo aver ascoltato i consigli di amici, pasticceri più o meno importanti e aver imparato a leggere bene le etichette, infatti, sarà sempre lui a rivelarvi se avete fatto la scelta giusta”.

 


Nasce la Confraternita del Manzo all’Olio di Rovato

E’ stata presentata ufficialmente presso il Convento della S.S. Annunciata di Rovato la Confraternita del Manzo all’Olio di Rovato, Si tratta di un’associazione senza fine di lucro, che è stata costituita nel ricordo della tradizione contadina e patriarcale, con l’obiettivo di far conoscere e promuovere il piatto principe della cucina bresciana.

Il Manzo all’olio di Rovato è un’istituzione da difendere nata nel lontano 1500 – tanto che ha appena ricevuto il riconoscimento di De.co, denominazione comunale, dal Ministero delle Politiche Agricole – così come le diverse ricette culinarie e i vari modi di preparazione, gli abbinamenti gastronomici e i vini.

La sede legale della Confraternita, che ha aperto il sito www.manzoalloliodirovato.it, è presso la Trattoria del Gallo. Gli appassionati di cucina tipica hanno da oggi la possibilità di seguire questa nuova associazione che si impegna a far bene e a diffondere la cultura dei piatti della tradizione.

Merito dei soci fondatori Alberto Bittu, Diego Zafferri, Adriano Stefani, Claudio Tonelli, Giuliano Zambelli, Massimo Robolini, Giorgio Giovanni Caffi, Pier Emilio Zanetti, Valerio Vezzoli, Gianbattista Ludovico Scalvi, Gianbattista Botticini, Renato Bonassi, Gianluigi Zanotti, Vito Fanizza, Sergio Iore, Alvaro Tonelli e Gabriella Pe.

“L’obiettivo è quello di diffondere l’arte e la cultura di un paese come Rovato attraverso un piatto della tradizione – afferma il gran maestro Alberto Bittu, imprenditore e gestore del ristorante Trattoria del Gallo -. Si tratta di un modo per pubblicizzare e aumentare il turismo abbinando le bellezze architettoniche con l’enogastronomia. La nostra Confraternita è aperta a tutti perché non è vincolata al solo commercio, ma si rivolge soprattutto al privato. Le prime adesioni sono giunte da tutto il territorio, ma anche dall’estero”.

 


Birra, tra moda e voglia di qualità

Birre strutturate, gustose, piuttosto alcoliche ma soprattutto artigianali. È questa la moda che negli ultimi tempi si sta diffondendo in Bergamasca. A solleticare i palati sono in particolare le bionde da degustazione che a tavola vengono abbinate al giusto piatto, dall’antipasto al dolce, alla stregua di un vino d’annata. Il consumo di birra nel nostro Paese ha segnato un aumento nel primo semestre del 2018 del 4 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Anche il numero di produttori è cresciuto: nel 2017 il totale dei birrifici attivi in Italia è arrivato a quota 667 e quello delle beerfirm (figure che producono birre all’interno di impianti non di proprietà) ha raggiunto le 284 unità. “Sul territorio orobico tra birrifici e beerfirm sono presenti 25 attività che producono circa 25.000 ettolitri. Il prezzo di vendita della birra va dai 3,5 ai 5 euro il litro, per un ricavo totale di una quindicina di milioni di euro – illustra Giorgio Marconi, Unionbirrai Beer Taster e giudice birraio –. Le birre più ricercate sono quelle di Hammer, Elav, Valcavallina, Endorama, Hop Skin, Via Priula che ora è una beerfirm ma da ottobre aprirà il birrificio”.

SI ABBINA COME IL VINO
A poco più di vent’anni dalla nascita del movimento della birra artigianale, l’attenzione verso queste bevande sta diventando sempre più forte. In particolare stanno facendo capolino le birre in abbinamento al cibo, sia in casa che nella ristorazione. “Non esistono regole infallibili per l’abbinamento – dice Alfonso Del Forno di Unionbirrai Beer Taster – Bisogna valutare la struttura e la persistenza del piatto. Queste due caratteristiche devono trovare equivalenza nella birra, dove vanno valutati il corpo, la complessità e la persistenza. Anche la speziatura e l’aromaticità devono essere paragonabili tra cibo e birra, per evitare che uno dei due prevalga sull’altro”. “Nel caso di dessert – consiglia l’esperto – si possono abbinare birre a tendenza dolce che hanno aromaticità e struttura molto simili. Se a fine pasto ci viene voglia di abbinare una birra al dolce, possiamo divertirci ad esempio con una Stout o una Porter quando ci troviamo nel piatto una fetta di torta caprese o un tiramisù, oppure una Barley Wine con le paste di mandorla”.

TRADIZIONE DELLE RICETTE E MODERNITÀ TECNOLOGICA

Chi ha fatto del binomio cibo e birra una filosofia di vita è il Birrificio Lemine, nato non a caso proprio all’interno di una gastronomia: la FLG Gastronomia Fumagalli, che dal 2003 a Almenno San Salvatore produce e distribuisce prodotti freschi della cucina Italiana. Nel 2014 il titolare Luca Fumagalli, dopo essersi cimentato nella preparazione casalinga di alcune ricette di birra (chi lo fa viene chiamato homebrewer) ha deciso di installare nei locali attigui alla gastronomia un impianto di produzione birra da 2,5 h. “La realizzazione delle nostre birre avviene artigianalmente, secondo il metodo tradizionale tramite tino-caldaia e filtro trebbie – spiega – utilizziamo solo materie prime selezionate, acqua, malti, luppoli e lieviti di qualità, senza aggiunta di additivi o conservanti e senza nessun processo di filtrazione o pastorizzazione. Proprio come si fanno in casa, ma con attrezzature professionali”.

A SARNICO I KIT FAI DA TE

A proposito di birre home made, c’è anche chi come Luca Colosio del Birrificio del Lago di Sarnico ha pensato di mettere in commercio kit per realizzare bevande fai-da-te “Da noi si trova tutto il necessario, materie prime, fermentatori, materiale inox, strumenti, libri, idee, due chiacchiere e se serve anche qualche suggerimento. Gli ingredienti fondamentali sono: acqua, malto, luppolo e lievito. Il kit costa qualche decina di euro”.

LE BIRRE AGRICOLE

Ma se è vero che le birre artigianali e alcoliche spopolano, qualche produttore orobico preferisce andare in controtendenza e proporre bevande rinfrescanti e godibili per tutti i palati. È il caso del Birrificio Asta di Ardesio che propone una birra realizzata con materie prime coltivate in terra ardesiana dal proprietario dell’azienda agricola Prat di Büs. “Il mercato della birra segue due direzioni – spiega Silvia Lodetti – quella da cui nasce la birra come bevanda fresca, leggera, dissetante e solitamente a bassa gradazione, e quella che fa il verso al vino, con birre molto strutturate, da degustazione, cariche di profumi e anche più pesanti. Noi abbiamo sposato la prima strada”. “Il valore aggiunto della nostra birra – dice – è che, oltre a essere artigianale è agricola: infatti produciamo noi l’orzo che si trasforma in malto e abbiamo un pozzo di acqua di fonte. L’offerta prevede la bionda Valcanale, la rossa Montesecco, la Weizen Cacciamali e La Stagionale. C’è inoltre l’ambrata senza glutine Valzella”.

SI MOLTIPLICANO LE MANIFESTAZIONI E I CORSI DEDICATI

La birra artigianale italiana sta diventando uno dei prodotti di traino anche nel settore del turismo legato ai piaceri della gola. Ne è un esempio la manifestazione nazionale “Birrifici Aperti” organizzata da FederBirra e patrocinata dal Ministero dell’Agricoltura che lo scorso 15 e 16 settembre ha permesso a diversi locali lombardi di aprire le proprie porte per promuovere il Beer Tourism. E per chi desidera entrare a far parte dell’articolato universo delle bionde e diventare un vero e proprio mastro birraio, il Beerghem-Birreria Via Priula di Bergamo sta organizzando un corso di degustazione birra di primo livello targato Unionbirrai che si concluderà il 28 novembre.


da sin, Giorgio Marconi, Luca Fumagalli, Luca Colosio

 


Spirulina, il superfood del momento è coltivato a Credaro

Nutriente, energizzante, al 100% naturale, poco calorica e con zero colesterolo, l’alga spirulina è il super food del momento e l’alga più venduta al mondo. Sempre più presente sugli scaffali dei negozi biologici, questo alimento dal colore verde-azzurro sta conquistando il mondo della pasticceria e della ristorazione, soprattutto vegan e gourmet. Perchè è ricchissimo di proprietà, insapore e dona ai piatti un coreografico colore verde. Nella sua forma in polvere (c’è anche in compresse) si può aggiungere a bevande e ricette sia dolci che salate: frullati, estratti, verdure cotte e crude, impasto di pasta fresca, pane biscotti, zuppe, vellutate e persino a creme e gelati. Secca, in filamenti, è ideale per donare croccantezza al piatto. Unita al sale marino e al sesamo dà un gomasio gustoso con cui condire verdure, primi e secondi piatti. E in commercio è sempre più facile trovare prodotti già pronti addizionati con la spirulina: pasta, biscotti, piadine, barrette energetiche.

Un aiuto prezioso per organismo e cervello

Il nome sprititoso – che deriva dalla sua caratteristica forma a spirale – non tragga in inganno: gli Atzechi la consideravano il cibo degli dei per le sue proprietà nutritive, la Fao l’ha dichiarata ‘il cibo del futuro’, visto anche il basso impatto ambientale della sua produzione, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha eletta l’alimento più completo dal punto di vista nutrizionale del 21esimo secolo. Non a caso, fa parte della dieta degli astronauti della Nasa e

in Africa é usata da decenni per rispondere all’emergenza malnutrizione. Per dire: ha tre volte le proteine della carne, quarantacinque volte il ferro degli spinaci, nove volte il calcio del latte, inoltre è un concentrato di vitamine (soprattutto la C e quelle del gruppo B), acidi grassi essenziali, sali minerali, Omega 3 e 6 e antiossidanti. È quindi di grande aiuto per gli sportici e per chi segue diete vegetariane e vegane. Secondo Ulrich Arndt autore del libro ‘Le alghe della salute’, questo straordinario integratore, privo di effetti collaterali, ci disintossica dai metalli pesanti e dai veleni, rinforza le difese immunitarie e rende tutto il nostro organismo (cervello compreso) più vitale e reattivo”. Inoltre previene l’insorgenza di patologie cardiovascolari, riduce il colesterolo cattivo, regola gli zuccheri nel sangue e velocizza il metabolismo dando un senzo di sazietà. Basta assumerla regolarmente, magari mettendone pochi grammi nei piatti di tutti i giorni o utilizzarla per impacchi curativi e depurativi.

La prima produttrice in Italia è di Credaro

La spirulina che troviamo sui banchi di negozi e supermercati arriva principalmente da Cina (che è il più grande produttore al mondo), India e America Latina. Ma anche in Europa stanno nascendo coltivazioni. In Italia la prima (e anche più giovane) produttrice è bergamasca. Anna Valli, 23 anni e un diploma di agraria, a Credaro in Val Calepio, è la punta di diamante di una realtà di nicchia che conta meno di 20 aziende, la maggior parte nate nel Mantovano e in Emilia Romagna che si stanno organizzando in consorzio. Alla sua azienda agricola Prato della Voja, in mezzo ai boschi della Valcalepio, coltiva la spirulina shadow in vasche che ricreano il microclima tropicale. Appassionata di agricoltura e cresciuta in una famiglia dedita alla coltivazione, Anna ha restaurato e adattato le serre dove la mamma coltivava le erbe aromatiche, vicine alla casa dove vive con la famiglia, e ci ha installato dieci vasche da 24mila litri ciascuna. Ora ne sono attive quattro ma per il prossimo anno saranno tutte e dieci in funzione. Nel progetto è affiancata da un giovane chimico di Mantova, Alessandro Algeri (anche lui 23enne) che si occupa di tutte le analisi di laboratorio a Mantova in un laboratorio mobile e da questa estate la aiuta un coetaneo della zona, Gabriele Lochis.”Produciamo Spirulina pura e 100% italiana, secondo metodo biologico e seguiamo la stagionalità, quindi nel periodo invernale fermiamo la produzione – spiega – Utilizziamo acqua di fonte che è naturalmente ricca di calcio e magnesio, sostanze indispensabili per garantire la piena qualità alle nostre coltivazioni“. La sua giornata inizia alle 7.30 con la raccolta: «Con due filtri separiamo l’alga dall’acqua di scarto che poi ributtiamo nella vasca. Poi in laboratorio la pressiamo – viene una pasta tipo pongo verde – e la lasciamo essiccare fino alla mattina dopo a basse temperature. Una volta pronta, la mettiamo nei sacchi e nel momento in cui ho richieste la confezioniamo. Oggi produce sei chili di spirulina al giorno “La resa è bassa – spiega – per questo i prezzi sono importanti (Ndr conti alla mano, circa 360 euro al chilo), ma offre moltissimi benefici. Io stessa la consumo ogni giorno, é più un cibo che un integratore, ti dà un sacco di energia. La dose che consiglio è di 5 grammi al giorno per persone adulte”. La sua spirulina viene venduta, in buste o vasetti da 50 e 100 grammi, in loco o on line sul sito www.pratodellavoja.it, ma si può acquistare anche in occasione di fiere e mercatini (segnalati sulla pagina facebook). “Abbiamo molte richieste on line e stiamo prendendo dei contatti con la grande distribuzione. Vendiamo agli sportivi, ai ristoranti. Stiamo iniziando a fare le creme e presto avremo le barrette per gli sportivi”. Da ottobre a marzo-aprile, quando la produzione è ferma, Anna si dedica alle fiere – la si può incontrare alle rassegne sul benessere e mangiar sano in tutta Lombardi e in Veneto – e a far crescere il suo sogno, creare una fattoria didattica: “Oggi abbiamo sei asini, pecore e un maialino da compagnia, nei prossimi mesi metterò l’orto e 10 galline per uova biologiche. Lo spazio qui c’è. Non riesco a immaginare un futuro diverso”.

 


Funghi quattro stagioni

Funghi e tartufi trionfano a tavola d’autunno, ma in realtà si possono gustare tutto l’anno. Protagonisti indiscussi delle ricette di stagione, i porcini, essiccati con cura, congelati o messi sott’olio possono essere custoditi sempre in dispensa. Ma ci sono anche molte specie poco considerate dai cercatori e persino dagli chef più attenti che crescono in altri periodi dell’anno. E poi, oltre ai funghi coltivati, tra cui dominano gli champignon assieme a piopparelli e orecchioni, non mancano quelli dell’altro mondo, a partire da quelli giapponesi, considerati dai nutrizionisti veri e propri super food per le loro proprietà anti-age e rivitalizzanti.

Un micologo, un’esperta cresciuta a pane e tartufi e una nutrizionista ci aiutano a fare un po’ di ordine nel vasto regno dei funghi eduli sia ipogei (tartufi) che epigei (funghi), a partire da un bilancio, più che positivo della stagione: “L’alternarsi di ondate di caldo e piogge ha favorito la caccia a porcini e affini nei nostri boschi -dice Elio Azzolari, micologo esperto, iscritto nel registro nazionale e regionale, per anni alla guida dell’Ispettorato micologico dell’Asl (ora Ats) di Bergamo-. C’è stata però una grossa fioritura di porcino del fiele che somiglia moltissimo al porcino, non è velenoso, ma rende immangiabile qualsiasi ricetta se finisce accidentalmente in padella”.

NON SOLO PORCINI. I FUNGHI DA VALORIZZARE IN CUCINA

I bergamaschi sono buoni cercatori di funghi, ma raccolgono poche specie rispetto a quante ne incontrino nei boschi: “Si raccolgono porcini, gambette o porcinelli e carpini o finferli – spiega Azzolari-. Ma pochi, ad esempio, considerano le russule, molto gustose, i deliziosi lattari a lattice aranciato e alcuni igrofori”. Solo i veri intenditori e gourmet sanno poi riconoscere i funghi di castagno da quelli di faggio, abete o larice: “Gli esperti preferiscono i porcini cresciuti all’ombra dei castani, tanto che in molti si spingono per la raccolta fino a Borgotaro alla ricerca del pregiato boletus, che ha tanto di indicazione geografica protetta IGP”.

Fino alla fine di novembre nei nostri boschi ci sono anche i chiodini, facili da trovare in famigliole sui tronchi degli alberi: sono estremamente versatili in cucina, purché li si prepari con cura, con una bollitura o cottura ad alta temperatura di almeno un quarto d’ora per distruggerne le tossine.

I FUNGHI ESTIVI

In pochissimi lo sanno, ma esistono funghi e tartufi primaverili ed estivi, e nei nostri boschi se ne trovano in abbondanza. Tra questi c’è il dormiente, apprezzato fungo di montagna che spunta allo scioglimento delle nevi nelle abetaie e faggete. Per esaltarne il sapore delicato, nella tradizione culinaria di montagna, viene fatto trifolare in padella con prezzemolo e poco aglio. Da marzo a maggio, sia in pianura che in montagna, lungo strade di campagna o nelle anse sabbiose di piccoli corsi d’acqua, si trovano le spugnole, con cui si realizza un sugo dal gusto sorprendente da abbinare a semplici tagliatelle o ad arrosti e ripieni. Sconosciuto ai più ma esaltato dai manuali di micologia per il suo interesse gastronomico, il prugnolo o fungo di San Giorgio è un fungo delizioso ed estremamente versatile in cucina che fruttifica da aprile (secondo la leggenda popolare dal 23 aprile, giorno di San Giorgio, di qui il nome) fino a giugno, nei prati, sui pascoli e nelle radure.

I MIX IN VASETTO

I funghi meno conosciuti arrivano comunque sulle nostre tavole nei vasetti dell’industria conserviera, nelle zuppe pronte e nei preparati- in vaschetta o surgelati- che mischiano diverse varietà. Gli esperti delle conserve impiegano largamente tra le diverse specie, oltre a funghi della famiglia dei porcini, i giapponesi shiitake e i più famosi finferli e chiodini, funghi del muschio, finferle, trombette dei morti e nameko, ingrediente fondamentale della zuppa di miso e del piatto giapponese nabemono.

 

LA NUTRIZIONISTA
Roberta Zanardini 

Il tartufo e il fungo, ipogeo l’uno e epigeo l’altro, appartengono entrambi al regno dei funghi. Non sono dolci, salati, aspri o amari, sono umami, che in giapponese significa saporiti. Grazie al loro gusto robusto, si può usare meno sale dando vita comunque a piatti gustosi e salutari.

BENEFICI
Costituiti per lo più d’acqua, contengono per la parte restante proteine ad elevato valore biologico, affiancate da molti sali minerali che custodiscono proprietà antiossidanti, immunostimolanti e amiche del cuore. Infine, vitamine A, B, C, D e K e, la sempre benvenuta, fibra, lasciano spazio a pochi lipidi virtuosi come l’essenziale acido linoleico. Questa bellezza apporta da 20 a 45 kcal/hg.

AVVERTENZE

Chi soffre di patologie epatiche, calcoli renali o gotta li deve consumare con moderazione e sono sconsigliati ai bambini sotto i 3 anni. La presenza del polisaccaride chitina nei funghi li rende di difficile digestione, se consumati in eccesso.

SAPETE CHE
Il fungo Reishi, che nasce sul legno in decomposizione in Cina e Giappone, è chiamato fungo dell’immortalità grazie alle sue proprietà anti età. In Oriente è assunto come tisana, mentre in Europa il suo utilizzo è limitato a integratori che si possono acquistare in erboristeria.