Gandino, spettacoli ed eventi “Aspettando il Natale”

Domenica 15 dicembre dalle 14 alle 18 a Gandino,  i commercianti animano il centro storico con eventi e spettacoli. “Vogliamo condividere un momento di gioia ed augurio con tutti i gandinesi – sottolinea Mariangela Bertasa, coordinatrice dell’associazione “I negozi per Gandino” – consapevoli di come il legame fra esercenti e commercianti vada al di là del puro interesse e sia ogni giorno elemento di socialità condivisa. In queste settimane abbiamo lavorato, di concerto con Comune, Pro Loco e associazioni, per installare luminarie e postazioni a tema. Ogni negozio proporrà un particolare allestimento esterno, con curiosi personaggi in legno ed altri materiali, ideali per simpatici selfie. Sul sagrato della Basilica abbiamo posizionato due grandi renne illuminate, utili a trainare un’enorme slitta sulla quale è possibile accomodarsi. In questo allestimento c’è la gioia natalizia che vogliamo condividere, ma anche il ricordo affettuoso di un amico, Diego Servalli, che per tanti anni ha utilizzato questa slitta per planare dal cielo con il parapendio e portare dolci a tutti i bambini nel giorno dell’Epifania”.

L’evento di domenica 15 dicembre avrà un sapore tipicamente natalizio grazie alla presenza di un mercatino di hobbisti, artigiani e produttori agricoli con tipicità a chilometri zero e negozi aperti per tutto il giorno per gli ultimi acquisti. Torneranno in azione, fra piazze e palazzi, i Babbo Natale rampanti del gruppo Koren e sarà aperto in via Papa Giovanni l’Ufficio Postale di Babbo Natale, grazie all’impegno dei giovani di Animalcortile. In cambio di un gesto di solidarietà a favore dei bimbi più sfortunati, sarà possibile spedire la fatidica letterina con tanto di francobollo personalizzato. Per i bambini ci sarà la possibilità di piccole passeggiate a cavallo e per tutti dimostrazioni di tiro con l’arco nel parco comunale. In piazza Vittorio Veneto, davanti al municipio, verrà proposto lo spettacolo di bolle giganti e palloncini, mentre sul sagrato della Basilica saranno attivi truccabimbi, lavoretti per bambini e una dolce merenda. Da non dimenticare il Museo dei Presepi, che propone la mostra “Amazonia” dedicata al Sudamerica e che allestirà la vendita di artistiche riproduzioni della Natività. La colonna sonora itinerante è assicurata dal Gruppo Pastorèla, storica formazione strumentale che per tradizione allieta le vie gandinesi nella notte di Natale.

Il programma completo è sul sito  www.lecinqueterredellavalgandino.it

(foto di Carlo Picinali*)


Sul Sentierone tornano le bancarelle di Santa Lucia

Dal 10 al 12 dicembre tornano sul Sentierone le bancarelle di Santa Lucia con dolci, giochi,  vestiti, bijoux e oggetti d’artigianato.

Un appuntamento ormai tradizionale per i bergamaschi, nell’attesa della festività più attesa dai bambini. Fino a giovedì 12 dicembre, vigilia di Santa Lucia, sarà possibile acquistare regali e dolci tra i banchi presenti in centro.

“Anche quest’anno i nostri commercianti – ha commentato Mauro Dolci, presidente provinciale Fiva- Federazione Italiana Venditori su Area Pubblica- sono presenti con un’offerta variegata per una manifestazione che ogni anno si conferma di grande interesse per la città, anche per il legame affettivo con la festività dei bergamaschi”. 


Il terziario è a due velocità, vince chi corre e investe

È un terziario a due velocità quello bergamasco fotografato dall’Osservatorio di Format Research e presentato pochi giorni fa in Ascom Confcommercio Bergamo.

Dal quadro economico emerge che i settori del commercio turismo e servizi continuano a crescere e a conquistare quote sempre più significative dell’economia bergamasca pur in un contesto non favorevole. Il clima di fiducia degli imprenditori sta peggiorando soprattutto per lo scenario politico di incertezza.

La ricerca esprime la difficoltà delle nostre imprese e la loro minore propensione all’investimento rispetto ai periodi pre-crisi sia pur con dei distinguo. La nostra provincia, dietro la locomotiva milanese, rappresenta uno dei territori di grande rilevanza economica che continua a crescere perché investe. Questo non depone certamente a favore di un Paese- l’Italia- che sembra stanco e demoralizzato, lontano parente di quello che fu.

È l’osservatorio del credito bergamasco a stupire. I dati riferiscono di una domanda di credito nettamente superiore a quella del quadro nazionale e anche del territorio del nord ovest. Segnale che le imprese stanno reagendo pur nelle difficoltà.

Eppure sono due i dati che confermano questo aspetto. Innanzitutto il ricorso ai finanziamenti, che vede la domanda di credito tra le più alte del nord ovest con una risposta da parte del sistema bancario significativa (solo il 6% delle richieste viene cassata, e oltre il 60 per cento accolta per l’intero ammontare). Il sistema bancario ha liquidità e la mette a disposizione delle imprese per sostenere sia ristrutturazioni che per supportare investimenti. Il credito costa (lo dimostrano i dati sulla percezione dei prezzi del finanziamento, istruttoria, garanzie richieste e durata) però il rapporto tra banche e imprese funziona. Lo studio conferma la tendenza che vede le imprese del turismo e dei servizi più dinamiche di quelle del commercio, che soffre il cambiamento delle abitudini di spesa e la concorrenza dell’on-line.

Esiste un grande gap tra le imprese piccole, che faticano a riorganizzarsi e a investire e le medie e grandi che invece proseguono sulla strada del cambiamento.

Preoccupa in questo senso che il 72% per cento delle imprese del terziario non abbia chiesto credito alle banche, nonostante la difficoltà di far fronte al proprio fabbisogno finanziario. Forse si accetta un po’ svogliatamente di stare fermi.

Ma c’è chi guarda avanti. Il dato in maggiore controtendenza è quello del ricorso alla forza lavoro. L’indice è cresciuto negli ultimi sei mesi dal 49,4 al 50,7. E tra le imprese che rilevano un miglioramento dell’occupazione, il dato più alto di tutti, a quota 54%, è relativo alle imprese più piccole, da 2 a 5 addetti. Quindi le grandi imprese sono fiduciose perché tagliano il personale, mentre le piccole sono pessimiste ma reagiscono assumendo. Segnale quindi che, in questo quadro economico molto fluido, esistono percezioni e reazioni completamente opposte.

Tornando agli investimenti, il 28% delle imprese del terziario bergamasco ha chiesto credito anche negli ultimi sei mesi. Di queste il 39,9% per necessità di investimento. Da una parte ci sono quindi imprenditori che sono convinti di poter fronteggiare questo mercato, che investono, ricorrono a strategie nuove e a canali di comunicazione e di vendita innovativi. Facendo due calcoli approssimativi, potrebbero essere una o due su dieci a seconda del settore.

Non potremmo essere lontani dalla realtà nel sostenere che potrebbero corrispondere a quel 27% di imprenditori che il Focus sulla digitalizzazione ha individuato come investitori in innovazione tecnologica, che comprendono anche coloro che usano capitali propri e al netto di coloro e faranno investimenti in altri ambiti non tecnologici. In questa doppia velocità che sembra caratterizzare le imprese del terziario è invece il gruppo che è in ritardo. Sette-otto imprese su dieci sono ancora disorientate e ferme nell’attesa di buone nuove. Stanno cercando di sopravvivere in attesa di tempi migliori, aspettando cioè che siano il quadro politico e commerciale a far riprendere quota al commercio. Noi ci crediamo poco e li invitiamo a reagire.


Limiti alla circolazione, gli ambulanti fanno il punto con un incontro

 Dal 1° gennaio 2020, numerosi veicoli commerciali utilizzati dagli ambulanti non potranno circolare liberamente in diversi comuni per l’entrata in vigore dei nuovi limiti alla circolazione. È prevista, però, la possibilità di installare il dispositivo di Regione Lombardia Move-in (MOnitoraggio dei VEicoli INquinanti), una sorta di “scatola nera” che consente ai veicoli soggetti a limitazioni (Benzina Euro 0, Diesel Euro 0, 1, 2 e 3) di circolare a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno, con un limite chilometrico annuo (dai 1500 ai 9mila chilometri). Il progetto sperimentale offre ai proprietari dei veicoli la possibilità di passare a un regime di limitazioni delle percorrenze parametrato rispetto alla classe emissiva del proprio veicolo. La scatola nera (black-box) rileva i chilometri percorsi dal veicolo e lo stile di guida e tramite un’App dedicata si possono monitorare i dati registrati, accedere a bonus chilometrici aggiuntivi in caso di guida eco-friendly (poche frenate, velocità ridotte, percorrenza di strade extraurbane) e ricevere le notifiche di servizio e di alert rispetto all’attivazione delle limitazioni temporanee alla circolazione.

Per spiegare il nuovo provvedimento e le soluzioni previste, Ascom Confcommercio Bergamo organizza un incontro domani, venerdì 6 dicembre alle ore 16,30 nella sede di via Borgo Palazzo 137, a cui partecipa Matteo Lazzarini della Direzione Generale Ambiente e Clima di Regione Lombardia, che, oltre a garantire un’informazione completa e precisa, è disponibile a rispondere a tutte le domande dei commercianti.

Gli scorsi anni abbiamo ottenuto una deroga per i veicoli speciali per i commercianti ambulanti che quest’anno non è ancora stata concessa- commenta Mauro Dolci, presidente Fiva-Federazione Italiana Venditori su Area Pubblica Bergamo-. L’incontro vuole fare ordine sulle nuove limitazioni al traffico, pena il rischio di incappare in pesanti sanzioni, dai 400 ai 3mila euro. Il consiglio è di adeguare i propri veicoli con questo sistema offerto dalla Regione, che permette con poca spesa – si parla di 50 euro, 20 di affitto e 30 di montaggio- di essere in regola”.

Fiva-Ascom Confcommercio Bergamo è a disposizione dei commercianti per compilare la domanda di richiesta del Monitoraggio dei Veicoli Inquinanti- Move-in di Regione Lombardia, oltre che per chiarimenti.

Per info: 035.4120340 fiva@ascombg.it


Il negozio di vicinato, un valore da difendere

Lo studio realizzato per Regione Lombardia sullo stato dei distretti della bergamasca ha evidenziato un humus particolarmente felice della nostra esperienza bergamasca: su 28 distretti certificati, 25 hanno confermato la volontà di proseguire questa esperienza territoriale.
Nel predisporre nei mesi scorsi le relazioni su quanto è stato fatto in questi anni, e soprattutto su cosa si vuol fare nel futuro, sono emersi alcuni spunti che meritano una riflessione.
Incominciamo con il dire che i distretti devono avere un’anima e valori e principi che sono la bussola per intraprendere qualsiasi azione tesa alla salvaguardia dei negozi di vicinato e alla definizione delle sfide per i prossimi anni.

Principi e valori sono alla base di qualsiasi scelta operativa e danno il senso del fare. Sono il collante di un patto tra il pubblico, amministrazioni comunali, privato, operatori commerciali e non per ultimo, i consumatori. Ma quali sono i principi e i valori a cui attenersi per una politica commerciale?

I negozianti sono sempre i primi a sostenere le iniziative del territorio; acquistando sotto casa si aiuta l’economia e l’occupazione locale e si rispetta l’ambiente poiché si limitano gli spostamenti fuori dal comune con diminuzione dell’inquinamento.

I negozi di vicinato garantiscono un presidio per la sicurezza dei nostri paesi perché creano relazioni umane e personali; forniscono servizi importanti specialmente per le persone con mobilità ridotta. Il negoziante sotto casa conosce molto bene il prodotto che vende ed è in grado di fornire consigli utili e personalizzati. Avere a disposizione un negozio vicino a casa significa comperare solo la quantità necessaria, evitando così inutili sprechi, e risparmiare tempo che si può dedicare a sé e alla propria famiglia.

Sono spunti semplici ma danno la misura di come oggi i negozi tradizionali esercitino anche una funzione sociale e per questo debbano trovare sostegno dalla pubblica amministrazione.
I tavoli dei distretti servono anche a questo: qualsiasi scelta di politica amministrativa ha delle ripercussione concrete sulla vita dei negozi ed è per questo che valori condivisi possono indicare la via per scelte lungimiranti.

È  indubbio che l’attualità ci regala un contesto che vede il commercio di vicinato indebolito, non solo dalla crisi economica, ma anche da scelte di sviluppo urbanistico spesso lontane da una corretta pianificazione. In particolare le scelte insediative dei grandi formati commerciali sono diventate determinanti per decidere l’uso del territorio, generando troppo spesso un uso distorto delle funzioni commerciali a scapito dei centri storici.
Non possiamo aver a cuore i negozi di vicinato se non si adotta una pianificazione urbanistica che sviluppi in modo armonico le funzioni commerciali e non sia uno strumento per “far cassa” attraverso insediamenti della media e grande struttura di vendita.

La tecnologia digitale sta trasformando il tessuto sociale e le abitudini di acquisto dei negozi tradizionali, ridefinendoli come luoghi fisici e non virtuali dove nascono esperienze uniche e coinvolgenti. Conoscere e usare queste tecnologie è decisivo per migliorare le performance e aumentare i profitti delle proprie aziende. Se sostenuti dalle amministrazioni pubbliche, i negozi diventano uno strumento di rigenerazione urbana per combattere la desertificazione commerciale dei centri storici e fornire servizi di prossimità alla popolazione residente.

Negli ultimi mesi questi temi sono stati al centro degli incontri con le amministrazioni comunali e i comitati dei commercianti, in cui ci siamo trovati a studiare le nuove proposte per Regione Lombardia da inserire nei futuri bandi dedicati ai distretti commerciali.

Un lavoro meticoloso, a volte faticoso, che è servito a delineare linee guida per una nuova stagione di impegno nel territorio bergamasco per salvaguardare il negozio 4.0 ovvero il negozio che guarda al futuro.


La città del futuro si ridisegna con il commercio

Non esiste rigenerazione urbana senza commercio. Il concetto emerge chiaramente dall’edizione 2019 di Urbanpromo progetti per il paese  -, la tre giorni di lavori conclusasi venerdì 15 novembre a Torino, nello splendido recupero edilizio dell’ex fabbrica dismessa del centro Nuvola Lavazza. 

Il commercio è servizio, integrazione tra funzioni, e congiunzione di relazione sociale tra le diverse componenti che compongono il mix equilibrato del processo di recupero di un area in difficoltà.

Che il commercio sia vitale noi lo sosteniamo da decenni, solo che  prima eravamo i soli. Oggi questo pensiero è condiviso con ANCI, l’associazione dei Comuni e INU, l’Istituto Nazionale di Urbanistica che hanno incentrato l’edizione torinese di Urban Promo su rigenerazione e social housing.

La programmazione commerciale e urbanistica sono sempre stati complementari eppure fino a qualche anno fa erano mantenute separate, forse perché l’urbanistica produceva gettito mentre il commercio impiegava risorse.

Oggi commercio e urbanistica devono viaggiare a braccetto. D’altronde il tema della rivitalizzazione è centrale nelle politiche sociali, ambientali e di sostenibilità che oggi riempiono le agende delle pubbliche amministrazioni. Il commercio è determinante per queste scelte e per raggiungere questi obiettivi.

Le normative di Regione Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, oggetto di comparazione nella sessione della Rigenerazione urbana della manifestazione, confermano alcune direttrici comuni a cui si allineerà a breve anche la Regione Piemonte. Il primo passo comune è la riduzione del consumo di suolo, con l’esempio più pregnante di azzerarlo, con il “tasso zero” nel 2050 di Regione Emilia Romagna. Se la tendenza generale è lo spostamento degli attrattori nei centri urbani con l’appesantimento degli oneri per le medie e grandi superfici esterni, ad essere più rigida tra le Regioni è il Veneto. 

Aldilà delle pieghe delle norme, quello che appare a tutti evidente è che la rigenerazione sarà in futuro più difficile di prima. Perché l’assioma secondo cui la rigenerazione coincide con l’apertura di nuovo grande ipermercato non esiste fortunatamente più. Forse anche per le normative più rigide, come quella di Regione Lombardia per le grandi superfici di vendita, ma soprattutto per il venir meno degli investitori. Il commercio elettronico è  ora lo spauracchio per nuovi grandi progetti basati solo sul commercio.

Mancano quindi nuovi modelli di coinvolgimento degli imprenditori privati.

Regione e Comuni non potranno più limitarsi a dare le opportune autorizzazioni e delegare all’investitore privato la regia dell’intera operazione. Dovranno invece essere attivi nella costruzione e nella gestione di nuovi partenariati.

Quale sarà il ruolo dei piccoli e medi imprenditori del terziario? Anche per lo loro la sfida sarà cruciale Serviranno visione, capacità di investimento, innovazione per partecipare da protagonisti. Serviranno maggiore collaborazione tra operatori e quindi un deciso cambio culturale.  


Calano le imprese giovanili, cresce la richiesta di formazione

Sono 576mila su circa 6 milioni e 100mila, 122mila in meno rispetto al 2011 (-17,6%); di quelle nate nel 2011, dopo tre anni ne è sopravvissuto il 77% e a 5 anni il 68%; ma se  superano la fase di start up dei cinque anni, hanno più possibilità di sopravvivenza rispetto alle altre: sono le imprese giovanili  italiane di cui una bella fetta, più della metà, opera nel settore dei servizi di area Confcommercio. Sono i principali risultati  dell’indagine “Giovani imprenditori: competenze e formazione” realizzata da Confcommercio–Unioncamere sui fabbisogni formativi e i tratti distintivi dei giovani imprenditori del terziario, presentata a Firenze nell’ambito del dodicesimo Forum nazionale dei Giovani Imprenditori di Confcommercio.

Dallo studio emerge anche che, contemporaneamente alle imprese, si è ridotto il numero di giovani tra 18 e 34 anni nel nostro Paese (-6,1% rispetto al 2011), un calo che comunque non spiega la diminuzione della propensione all’imprenditorialità giovanile: il rapporto tra imprese giovanili e giovani è passato infatti da 57,2 per mille nel 2011 a 50,3 per mille nel 2018. L’età media dei giovani imprenditori è di 28,7 anni, e fra questi le donne rappresentano il 33% (nelle attività di alloggio si arriva al 45%), il 15% è rappresentato da stranieri. Tra i giovani imprenditori meridionali che operano al di fuori del Sud, quasi la metà è attiva in Lombardia o Lazio (26% in Lombardia, 22% nel Lazio). Quattro su dieci fanno impresa per voglia di valorizzare il proprio know-how e per inseguire il successo personale ed economico.

Riduzione della pressione fiscale e alleggerimento della burocrazia sono le richieste degli imprenditori, comuni sia agli under 42 che agli over, mentre i più giovani in particolare chiedono anche incentivi agli investimenti e servizi per sviluppare le capacità manageriali.

La potenzialità imprenditoriale rischia tuttavia di essere soffocata dalla carenza di know-how: se è alta nel nostro Paese la quota di popolazione che intende avviare un’impresa entro tre anni (seconda solo alla Francia tra i grandi Paesi europei), l’Italia scende all’ultimo posto, dopo Spagna, Regno Unito, Germania e Francia per possesso di conoscenze e competenze.

“I giovani hanno una grande voglia di contribuire all’imprenditorialità, alla crescita e all’innovazione collettiva, e nel mondo rappresentato da Confcommercio questo è ancora più eclatante: turismo, servizi, commercio sono settori ricchi di opportunità” ha detto Andrea Colzani, presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio . “La potenzialità dell’imprenditore rischia però di essere soffocata da un sistema Paese che non va alla giusta velocità ma anche dalla carenza di know-how individuale. La percentuale  di chi pensa di avere competenze e conoscenze per avviare un’impresa – ha concluso Colzani – è più bassa degli altri grandi Paesi europei (30%) e i giovani imprenditori più formati sono anche quelli che hanno più fiducia nel futuro. Non a caso il nostro Gruppo Giovani ha tre parole d’ordine: education, education ed education”. 

Secondo il  ministro dei Beni Culturali e del Turismo, Dario Franceschini: “Le botteghe storiche tipiche o in generale le attività commerciali nei comuni sotto i mille abitanti debbano essere sostenute dallo Stato, modello tax credit librerie, attraverso una serie di incentivi e sgravi fiscali che consenta di tenere aperto”. “In quel modo – ha sottolineato Franceschini – non aiuti soltanto il commerciante, aiuti la comunità in cui quel commerciante lavora, perché lasci un luogo di aggregazione e di incontro”.

Franceschini ha poi parlato del mondo dei giovani imprenditori: “Bisogna aiutare i giovani che hanno il coraggio di aprire un’attività commerciale, soprattutto se la aprono in zone magari più difficili. C’è una politica generale a favore delle startup: io credo a maggior ragione che le startup nel settore del piccolo commercio siano una cosa che ha un tale valore sociale e culturale che vanno sostenute convintamente con risorse, mezzi e regole da parte dello Stato”.

 
 


Per cambiare le competenze dobbiamo cambiare la scuola

Non importa arrivare pronti ma preparati.

È questo il messaggio forte che esce dal XII° forum dei Giovani imprenditori Confcommercio, tenuto nella splendida cornice del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.

Il titolo del resto già richiama il tema: pensiero in azione con sottotitolo formazione, competenza, crescita. A condurlo in postazione podcast Raffaele Tovazzi, primo “filosofo esecutivo”, che ha incalzato presidenti, politici e professori prima che diverse esperienze confermassero la necessità di cambiare

L’Italia, secondo una ricerca di Unioncamere sta perdendo imprese giovanili. Ben oltre il calo demografico dei giovani che ha caratterizzato gli ultimi otto anni.

Sta scemando la propensione al mettersi in proprio. Eppure la stessa ricerca evidenzia che in linea teorica per i giovani l’attività in proprio rappresenta per la stragrande maggioranza un ideale di grande soddisfazione.

Cosa sta avvenendo? I giovani vogliono fare altro oppure la paura di non farcela sta prevalendo. È vero che secondo la stessa ricerca le imprese giovanili riescono ad esprimere maggiore longevità solo dopo un periodo di otto anni. Troppi nel mondo di oggi e i giovani lo sanno. Pensare di andare a regime dopo un così lungo tempo è un’impresa titanica in un mondo che in tre o cinque anni cambia totalmente.

Questo seleziona i potenziali imprenditori lasciando campo solo a coloro che non hanno una reale alternativa, riducendo il potenziale d’impresa.

Il problema non è solo un fatto quantitativo, ma di sopravvivenza e sviluppo delle imprese, soprattutto delle più piccole. Perché se non si trova la chiave per competere difficilmente si invertirà la tendenza al disimpegno e abbandono, anche nel ricambio generazionale.

Serve competenza. Alzare il livello medio e puntare a nuove skill.

La scuola non risponde appieno a questa esigenza. È vecchia di impostazione, pesante e costosa.

Il messaggio non vuole essere uno schiaffo alla cultura, anzi. Senza cultura non si può nemmeno competere, impensabile anche progredire. Il colpo è alla teoria. La cultura deve farsi umile e porsi al servizio del saper fare. Un sano pragmatismo può aiutare tutti all’affermarsi nel lavoro. Nel mettersi in proprio innanzitutto come nel lavorare “sotto padrone”.

Deve cambiare il sistema dell’educazione.  Veniamo da un’era in cui si studiava a scuola, si lavorava e si andava in pensione. Preistoria. Si impara tutta la vita, se si vuole sopravvivere.

La formazione deve rispondere più e meglio alle mutate esigenze. Deve spingere in avanti e non rincorrere. Nessuna presunzione di conoscenza. Le nozioni diventano vecchie in un battibaleno. Serve metodo.

La macchina scuola non può essere funzionale solo a sé stessa ma deve esserlo rispetto al sistema. Altrimenti va smontata fin dalle fondamenta. Non è possibile che i giovani scontino al primo impiego l’assenza di competenze per lavorare. Quindi la non preparazione. I costi di apprendimento li deve sostenere l’imprenditore e in una fase come quella attuale questo è troppo costoso.

Se l’alternanza non funzionava non è con la riduzione delle ore che abbiamo migliorato la situazione. Se lo stage è un sistema rigido e non adatto alle piccole e medie imprese, allora va cambiato. Serve reale flessibilità in ingresso nel lavoro trovando le soluzioni che aiutino a crescere le professionalità. L’apprendistato è valido ma non basta perché costa ancora troppo per l’impresa.

Concentriamoci sulla formazione lavorando sull’autoimprenditorialità, insegnando le competenze e l’utilizzo delle nuove tecnologie a scopo professionale. Creando le premesse per una nuova generazione di aspiranti imprenditori in grado di competere.

Per farsi trovare preparati ancora prima che pronti.

 


Il Comune di Bergamo bandisce la plastica nei negozi e nei locali e allarga il Daspo urbano

L’amministrazione comunale di Bergamo ha approvato una modifica al regolamento di convivenza civile tra le funzioni residenziali e le attività degli esercizi commerciali. La delibera, firmata lunedì 23 settembre, introduce due novità. La prima è che i titolari di attività di somministrazione dovranno utilizzare stoviglie biodegradabili e compostabili.
“L’amministrazione ha accolto la richiesta della nostra associazione di lasciare agli esercenti 12 mesi di tempo per adeguarsi. Ci sarà quindi il tempo tecnico per preparare gli operatori e sensibilizzare i fornitori perché applichino prezzi più contenuti”.

La seconda novità, approvata da tutto il consiglio con una sola astensione, prevede la libera scelta degli orari di apertura e chiusura di tutti gli esercizi – come prevede la legge – e la possibilità per il sindaco di limitare in alcune ore del giorno la vendita di alcolici nelle zone e nei locali dove si creano problemi di disordine e potenzialmente di pericolo.
La modifica del regolamento è di fatto il suo adeguamento al decreto sicurezza del dicembre 2018 – spiega Fusini -. Questo decreto era nato soprattutto per contrastare la vendita di alcol ad ogni ora del giorno e della notte. In linea con la posizione della nostra federazione nazionale Fipe, non ne facciamo una questione di etnia, ma di merito. Non si può consentire di creare gruppi che consumino bevande alcoliche per strada e, da questo punto di vista, il giudizio non può che essere positivo. Resta la preoccupazione che le misure di contrasto agli abusi penalizzino gli esercenti che svolgono con serietà il proprio lavoro. Purtroppo negli ultimi anni il concetto di responsabilità oggettiva è stato esteso e molto spesso l’esercente si trova suo malgrado a gestire fatti di ordine pubblico come risse e schiamazzi che avvengono fuori dal locale e dei quali spesso non è nemmeno responsabile, a rischio anche della propria incolumità”.

Oscar Fusini
Oscar Fusini

“Bisognerà fare molta attenzione nell’applicazione di questo regolamento – avverte Francesco Pappi, vicepresidenti del Gruppo Bar, Caffè Pasticcerie Ascom e titolare del“Canadian Pub di Via Sant’Orsola” a Bergamo – È una normativa mirata sui negozi etnici che però non esclude un’applicazione anche a tutti gli altri locali serali. In questo modo c’e il rischio che un provvedimento nato per una cosa specifica vada a colpire altri esercenti. Inoltre se per le zone periferiche è facile attribuire eventuali episodi di schiamazzi, risse o furti a un determinato locale, nel centro paese e in città questi fatti potrebbero essere dovuti al passaggio casuale o ad altre situazioni”.


Le spese obbligate mortificano i consumi di beni. Disinneschiamo la bomba dell’IVA

I consumi di beni e servizi delle famiglie italiane tornano a crescere sia pur in un quadro di grande debolezza. È questa la sintesi della nota di aggiornamento sui consumi delle famiglie e le spese obbligate, diffusa qualche giorno fa dall’Ufficio Studi di Confcommercio, che evidenzia un recupero della quota di spesa nei beni e nei servizi.
Ogni italiano spende in media 18.089 euro all’anno, per i quali, però, non ha potere di scelta per circa 7.377 euro, quasi la metà!

Questo punto è basilare. Le spese obbligate, quelle costituite dall’abitazione, sanità, assicurazioni, carburanti, ecc. hanno di fatto preso il sopravvento nel bilancio delle famiglie. Rappresentano il 40,8% del totale della spesa e sono diminuite di circa un punto percentuale (–1,1%9 dal 2013 ad oggi, grazie soprattutto al contenimento del costo dei carburanti, ma cresciute del 4,3% dal 1995. Si tratta per lo più di oneri per beni e servizi a cui i consumatori rinuncerebbero volentieri, ma che devono sopportare senza possibilità di scelta. Per giunta, quindi, sono spese poco democratiche.

Queste uscite incidono sulla difficoltà delle famiglie di ritornare ai livelli di consumo precedenti la recessione.

Nel 2019, nonostante la modesta ripresa degli ultimi anni, la spesa per abitante, ai prezzi dell’anno in corso, dovrebbe risultare inferiore di oltre 830 euro rispetto al 2007. Solo in tre ambiti – il tempo libero, i viaggi e le vacanze comprese uscite per alberghi, bar e ristoranti – i consumi sono in crescita. Al di là di questioni demografiche e sociali, si consuma più fuori casa e meno in casa per una diversa allocazione del tempo tra lavoro domestico, lavoro retribuito e svago.

L’altro elemento importante è la terziarizzazione dei consumi: si spende più per servizi che per beni. I servizi incidono sulla qualità della vita (alberghi ristorante benessere ecc.) e mostrano una costante e significativa espansione, dal 17,4% della spesa nel 1995 al 21,5% del 2019 con + 4,1%.

Comunque, anche il consumo di beni torna a crescere, soprattutto per il peso dell’acquisto dei beni durevoli, in particolare autovetture. L’acquisto di prodotti incide per il 37,7% del bilancio familiare e mette a segno + 0,4% rispetto al 2013, ma una contrazione decisa (- 8,3%) rispetto al 1995. La perdita di peso in quasi 25 anni è soprattutto sui prodotti non alimentari, segnale del cambiamento epocale negli stili di consumo (meno abbigliamento e calzature per capirci), contro la riduzione -2,9% per i beni alimentari (per i maggiori consumi fuori casa). Il moderato recupero dei beni realizzato negli ultimi anni è stato sostenuto principalmente dai durevoli, soprattutto autovetture, i cui acquisti erano stati fortemente compressi nei periodi precedenti.

Tornando alle spese obbligate, almeno per molte di esse, i relativi prezzi si formano in regimi regolamentati e, comunque, in mercati scarsamente liberalizzati. Nel ventennio si è molto detto e fatto (male!) in tema di liberalizzazione del commercio, mentre si sono fatti pochi passi in avanti per rendere taluni mercati dei servizi realmente concorrenziali. Lì la spesa degli italiani è letteralmente esplosa.

Cosa dire. In un quadro come l’attuale l’aumento dell’IVA potrebbe essere il “colpo di grazia” al commercio. L’aumento dell’IVA sulle spese obbligate, del resto in un territorio dove le case sono per lo più di proprietà, sottrarrebbe risorse pesanti, ben oltre la sua incidenza percentuale con un reale collasso dei consumi. L’appello è quindi al nuovo Governo: fermiamo la bomba, disinneschiamo l’aumento dell’IVA.