Addio al ristoratore Gian Battista Bolognini, una vita dedicata ai sapori autentici della terra

Fusini, direttore Ascom Confommercio Bergamo: “Fu il primo insieme ai figli a capire come il prodotto tipico potesse fare la differenza a tavola”

Anche Ascom Confommercio Bergamo si stringe al cordoglio della famiglia Bolognini e di tutti coloro – amanti della cucina bergamasca – che in questi giorni hanno compianto la scomparsa del ristoratore Gian Battista Bolognini, 72 anni di Mapello. Una morte improvvisa, che ha destato profondo dolore nei tanti che lo conoscevano e non solo nella moglie Grazia e nei figli Cristian e Romina (e i quattro nipoti) con cui Bolognini portava avanti la storica trattoria omonimia, a due passi da Sotto il Monte, da oltre 70 anni punto di riferimento per la cucina bergamasca dell’Isola, non a caso insignita nel 2017 del riconoscimento di Attività storica della Regione Lombardia.

Deceduto dopo un breve ricovero in ospedale a causa di complicazioni legate a un dolore allo stomaco, Bolognini era molto conosciuto e stimato proprio per la sua attività di ristoratore: abituato a guardare al futuro senza perdere di vista le tradizioni del territorio, Bolognini insieme alla famiglia ha portato avanti un locale dove i protagonisti in cucina erano i prodotti tipici, a cominciare da quei salumi della casa, formaggi, carni e vini provenienti dalla Fattoria Allevamento Bolognini gestita insieme al figlio Cristian. Ristoratore e agricoltore con il pallino per la politica locale: Bolognini era stato infatti anche amministratore comunale di Mapello per una decina d’anni.
La premiazione della Trattoria Bolognini di Mapello

 

“Battista era un uomo semplice e perbene, schietto, sempre sincero, attento e rispettoso delle istituzioni. Si faceva voler bene dappertutto, anche in Ascom – ricorda Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -.  Era una persona semplice ma intelligente e, a suo modo, geniale. Fu il primo con i figli Cristian e Romina a capire come il prodotto tipico potesse fare la differenza a tavola, facendo il percorso inverso dell’agriturismo, cioè da ristoratore ad agricoltore, per fornire i propri prodotti a km 0 in cucina e coronando con questo anche quella sua grande passione per la terra che lo portava ancora oggi a lavorare nella sua vigna. Alla sua amata famiglia rivolgiamo un grande abbraccio da tutta la nostra Associazione”.

Costernata dal dolore la famiglia come racconta la figlia Romina: “Aveva compiuto 72 anni il giorno dell’Epifania e insieme alla mamma aveva trascorso una vacanza a Ischia. Poi a maggio avrebbero festeggiato il loro cinquantesimo di matrimonio. Adesso preghiamo che questo dolore si trasformi in un pensiero gioioso: quello di aver avuto un papà e un maestro nella vita e nel lavoro. Oggi, infatti, papà non c’è più ma ci ha lasciato tanti insegnamenti”.

 


Torna Ingruppo: 19 ristoranti e 11 stelle portano in tavola l’eccellenza

Dopo lo stop causa pandemia torna l’iniziativa che fino al 30 aprile vedrà locali rinomati proporre menù, completi di bevande, allo stesso prezzo garantito

Dopo un anno di stop torna Ingruppo che per questa edizione mette in pista 19 ristoranti lombardi che dall’1 febbraio fino al 30 aprile propongono i loro menu, completi di bevande, allo stesso prezzo garantito. Cancellata l’edizione 2021 a causa dell’emergenza pandemica, l’appuntamento annuale Ingruppo viene quindi riproposto nel rispetto delle misure di protezione e distanziamento. Squadra che vince non si cambia e anche il format è lo stesso: i locali presenteranno un menu al costo di 75 euro (per persona) tutto compreso: quattro portate, dall’antipasto al dolce, accompagnato da vino e caffè. Unica eccezione il ristorante “Da Vittorio”, il cui menu, completo di bevande e servizio, ha un costo di 180 euro per persona.
L’idea che muove l’iniziativa di quest’anno è un ritorno alle origini: nessuna distinzione di merito tra i vari ristoranti. Tutti desiderosi di cucinare le migliori pietanze, offrendo cibo, ambienti e servizio di altissima qualità. Con il fine di promuovere la conoscenza dell’alta ristorazione soprattutto tra le nuove generazioni.

La novità
Sono 18 i ristoranti che parteciperanno alla nona edizione, con l’aggiunta di una new entry: il ristorante Nasturzio di Albino (Bg), dove i tre giovani chef e la loro brigata (nella foto), stuzzicano i palati con piatti contemporanei, spesso nuovi e sempre golosi.
L’appuntamento con Ingruppo 2022 annovera i seguenti ristoranti: Al Vigneto (Grumello del Monte – Bg), Antica Osteria dei Camelì (Ambivere – Bg), Casual Ristorante (Bergamo), Collina (Almenno S. Bartolomeo – Bg), Cucina Cereda (Ponte San Pietro – Bg), Da Vittorio (Brusaporto – Bg), Frosio (Almè – Bg), Il Saraceno (Cavernago – Bg), Impronte (Bergamo), La Caprese (Mozzo – Bg), Lio Pellegrini (Bergamo), LoRo (Trescore Balneario – Bg), Osteria della Brughiera (Villa d’Almè – Bg), Nasturzio (Albino – Bg), Posta (S. Omobono Terme – Bg), Roof Garden Restaurant (Bergamo) e Tenuta Casa Virginia (Villa d’Almè – Bg).
Oltre ai locali di Bergamo e provincia, due altre insegne fuori porta, condividono lo spirito di questa promozione: Pomiroeu Giancarlo Morelli (Seregno – MB) e Il Cantinone (Madesimo – So).

Come prenotare
La promozione dei menu nei 19 ristoranti aderenti è valida a pranzo e a cena, compatibilmente con le scelte e i giorni di apertura dei locali. Sono esclusi il weekend di San Valentino (12-13-14 febbraio) e il giorno di Pasqua (17 aprile).
Sul sito www.ingruppo.bg.it sarà possibile consultare gli orari e le proposte gastronomiche dei vari ristoranti. Da non perdere sono le pagine Instagram e Facebook dell’iniziativa, ricche di curiosità e aggiornamenti. Qui si possono trovare anche le principali novità dell’edizione 2022, tra cui, in alcuni menu, l’appassionante abbinamento di cibo e vino.

Per prenotare basta chiamare direttamente il ristorante prescelto, specificando la richiesta del menu “Ingruppo”.


Apre “La Cambusa di Chicco” in onore dello chef Coria

Inaugurato il giorno in cui avrebbe compiuto 55 anni. L’amico di infanzia Deleidi: “Abbiamo realizzato il suo sogno”

“Buon compleanno Chicco, abbiamo realizzato il tuo ristorante e so che, da lassù, stai apprezzando. Che abbiano inizio le danze”. Con queste poche parole e tanta commozione Marco Deleidi ha innalzato i calici al cielo e inaugurato “La Cambusa di Chicco” ad Azzano San Paolo, in onore dello chef Chicco Coria, mancato lo scorso dicembre per setticemia. Quella di ieri è stata un’inaugurazione in un giorno particolare: giovedì 27 gennaio, infatti, Coria avrebbe compiuto 55 anni.
Entrambi originari di Martinengo, Coria e Deleidi sono stati amici d’infanzia, poi si sono persi nel loro percorso di vita. Deleidi è, infatti, un imprenditore nel settore dei trasporti e della logistica con base della sua attività a Malta. A ottobre del 2020, aveva deciso di rilevare Puerto John Martin insieme a un altro socio, aggiungendosi al vecchio proprietario. Per rilanciare il locale, l’imprenditore si era affidato all’esperienza e ai piatti d’autore di Coria che però non ha fatto in tempo a vedere: è mancato lo scorso dicembre per setticemia alla vigilia dell’inaugurazione.

Un ristorante all’interno di un galeone

Il ristorante a lui dedicato è dentro il ristorante, all’interno di un galeone. Si accede salendo sulla scalinata. E già questo fa capire l’esclusività del locale. Sono una quarantina i posti a sedere dentro il galeone; l’ambiente è intimo e raffinato; cucina, guardaroba e servizi sono a sé stanti. Il locale è aperto solo tre sere a settimana, il giovedì, venerdì e sabato, su prenotazione (allo 035 530137). Lo chef è Andrea Moratti, che aveva collaborato con Coria.

“Chicco ci ha lasciato in eredità una miriade di ricette – dice orgoglioso Deleidi -. Proporremo i suoi piatti gourmet, tutto parlerà del suo estro. L’idea della cambusa è nata con lui, noi l’abbiamo arredata, scelto pentole, piatti, posate e tovaglie e disposto i tavoli esattamente come lui voleva”.

Di altissimo livello il menù dell’inaugurazione: frittella di baccalà con aperitivo, capesante avvolte nella pancetta con crema di trevisano e Porto, risotto con gamberi, carciofi e salsa al basilico, filetto di orata con verdure condite allo zenzero e salsa di agrumi, semifreddo al cioccolato bianco e frutto della passione. Il tutto accompagnato da vini di pregio.

 

Chef dal talento impossibile da imbrigliare, Coria era soprattutto un lavoratore infaticabile. Alla vigilia dell’inaugurazione della Cambusa era stato ricoverato all’ospedale di Romano. Prima che la situazione precipitasse e venisse trasferito al Niguarda, dove è rimasto due giorni in terapia intensiva, aveva deciso il suo ultimo menù, al telefono con il collega Ezio Gritti: insalata di calamari e capasanta con porro al pepe rosa e panna acida, risotto all’estratto di barbabietola con burrata, filetto di vitello con carciofi e riduzione al vin rosso.

“Lo faccio per il mio amico Chicco, voglio che sia ricordato, è stato uno chef coraggioso e generoso, un grande innovatore e professionista, con un talento alla pari di Cracco e Cannavacciuolo, che alla fama preferiva le sfide, come quella di trasformare il galeone di un risto-pub in un ristorante d’eccellenza”, conclude l’amico.

 


A cena, in due e prenotando da app: come cambiano le abitudini al ristorante in tempi di Covid

Quanto durerà la ripresa e quali saranno i trend gastronomici del nuovo anno? The Fork fa un bilancio del 2021 e traccia le prossime tendenze nella ristorazione

 

È un bilancio della ristorazione italiana in chiaro scuro quello tracciato da The Fork, piattaforma leader nella prenotazione online dei ristoranti, che ha analizzato le performance in termini di domanda e risultati e ha identificato quali saranno le tendenze della ristorazione, al fine di definire alcuni dati rilevanti, utili ai ristoratori per uscire dalla situazione di crisi e assicurarsi una ripresa durevole.

“Anche quest’anno è stato particolarmente difficile per il settore, ma vogliamo continuare a essere fiduciosi: la tanto attesa ripresa sembra essere finalmente vicina e i nostri utenti ancora una volta mostrano il desiderio di andare al ristorante anche in un contesto sanitario non ancora del tutto stabile – spiega Damien Rodière, Country Manager Italia di TheFork – La nostra missione è quella di sostenere i ristoratori nella digitalizzazione delle loro attività e di contribuire alla loro crescita. Per tornare definitivamente ai livelli pre-Covid e superarli, continueremo sulla via dell’innovazione, soprattutto sul fronte dei pagamenti digitali con il nostro servizio TheFork PAY, ribadendo il trend positivo e portando ancora più clienti nei ristoranti”.

Le prenotazioni in Italia tornano a crescere

La riapertura dei ristoranti nel 2021 ha portato risultati incoraggianti: nel 2021 TheFork Italia ha registrato infatti +11% di prenotazioni rispetto al 2020. In particolare, nonostante l’iniziale incertezza dovuta all’introduzione del pass sanitario, i livelli di prenotazione in Italia hanno iniziato a risalire nel trimestre estivo, registrando da giugno a agosto un +15% di prenotazioni rispetto al 2020, con un picco in agosto (+4,5% rispetto allo stesso mese del 2020 e, soprattutto, +4% rispetto al 2019). Trend che è proseguito anche nei mesi successivi grazie alla nuova edizione del TheFork Festival, evento che sostiene il settore con uno sconto del 50% valido in più di 2.000 ristoranti in Italia e che ha consolidato la tendenza positiva della scorsa estate. In ottobre, infatti, TheFork ha registrato in Italia il record di prenotazioni: +31% rispetto allo stesso mese del 2020 e +5% rispetto al 2019.

Per quanto riguarda il turismo in Italia, il 14% delle prenotazioni sono state effettuate da stranieri, tornando ai livelli del 2019 (nel 2020 erano al 9%). Nell’intero anno il numero di prenotazioni effettuate da stranieri è cresciuto del 46% rispetto al 2020. La provenienza dall’estero degli utenti di TheFork è molto variegata e copre diversi Paesi europei e non solo: Francia (2%), Canada e Stati Uniti (1,6%), Germania (1,6%), Svizzera (1%), Spagna (0,9%), Regno Unito (0,7%). Nei tre mesi estivi del 2021 sono state effettuate +75% prenotazioni di coperti da parte di stranieri rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Guardando in valore assoluto le prenotazioni nell’intero corso del 2021 in Italia, la top 5 delle regioni in cui si è prenotato di più sono: Lombardia, Lazio, Toscana, Piemonte e Campania. Le città con più prenotazioni, invece, sono Roma, Milano, Firenze, Torino e Napoli.

Le abitudini al ristorante: a cena, in due e prenotando da app

Nel 2021 il 30% degli utenti di TheFork ha prenotato per pranzo ma è la cena a confermarsi il momento prediletto per recarsi al ristorante: nella prima parte dell’anno il tasso di prenotazione era al 52%, passato al 76% nei sei mesi successivi. Anche quest’anno il sabato risulta essere il giorno preferito per prenotare fuori (26%), seguito dalla domenica (19%) e dal venerdì (15%). Il 41% degli utenti della piattaforma tende a prenotare con 4 ore o meno di anticipo (la media dell’anno è di 6,7 ore) e nel 2021 sono stati soprattutto i tavoli da 2 persone (61%) a esser favoriti, seguiti da quelli per 4 o più persone (22%) e da quelli da 3 (13%). Per quanto riguarda il tipo di cucina preferita, il 15% degli utenti ha scelto la cucina mediterranea, il 13% le pizzerie, il 12% la cucina italiana, l’11% i ristoranti di pesce e il 6% quelli giapponesi.

Una prenotazione su quattro è stata rivolta ai ristoranti della selezione INSIDER e il 4% verso i ristoranti della Guida MICHELIN. Passando allo scontrino medio, il 70% degli utenti ha speso tra i 25 e i 50 euro e il 27% meno di 25 euro. Poco meno della metà delle prenotazioni (45%) è stata effettuata usufruendo di sconti mentre la quasi totalità (90%) è avvenuta tramite l’applicazione, con solo il 4% da desktop e il 6% da sito mobile. Da gennaio a dicembre 2021 notevole crescita anche per il metodo di pagamento contactless TheFork PAY, il cui utilizzo è raddoppiato.

I trend della ristorazione nel 2022

Negli ultimi due anni abbiamo assistito a molti cambiamenti a causa della pandemia che ha completamente stravolto abitudini e stili di vita, il tutto acuito da un incremento dei problemi ambientali ma anche da un ulteriore sviluppo di tecnologie in cui il mondo virtuale continua a soppiantare il nostro rapporto con la realtà. Questi cambiamenti stanno mettendo gli individui di fronte a un contesto incerto, si tratti di salute, ambiente, economia o identità. La nostra società è come sospesa tra due tendenze opposte: una slow, in cui hanno la precedenza l’ascolto di sé stessi e degli altri così come la conservazione delle risorse, e una fast, per cui le nostre relazioni sono sempre più modificate dalla tecnologia in chiave di velocità e immediatezza. TheFork, in collaborazione con NellyRodi, ha decifrato l’impatto di queste evoluzioni nel mondo della ristorazione e del food individuando quattro macro tendenze.

Ritorno alle origini: la riscoperta di prodotti antichi e la rinascita delle cucine del mondo diventano una presa di coscienza culturale. In un contesto incerto il ritorno ai valori e ai prodotti di un tempo corrisponde al bisogno di sicurezza e stabilità. Cereali antichi, pane e prodotti di panificazione, caffè sono alimenti rifugio che stanno riconquistando centralità. Il ritorno alle origini coinvolge anche le tradizioni culinarie, con l’affermazione di nuove scene gastronomiche come quella africana e sudamericana.

Cibo per un futuro migliore: l’evoluzione delle pratiche sostenibili viene fatta propria dai protagonisti e dai talenti del mondo food, supportati dalla tecnologia, per promuovere processi responsabili e consapevoli. Poiché la richiesta globale di cibo genera dal 22 al 37% di emissioni di gas serra, le abitudini alimentari e produttive devono cambiare in una prospettiva più virtuosa e tutti gli operatori del settori possono avere un ruolo fondamentale. Riduzione degli sprechi, coltivazioni urbane, prodotti plant-based e progetti sostenibili sono i trend di un movimento che vuole rendere il cibo più rispettoso dell’ambiente. Anche i grandi nomi del mondo gastronomico stanno prendendo consapevolezza del loro impatto e vogliono porre rimedio. David Humm, chef tre stelle MICHELIN del ristorante 11 Madison Square di New York, ha deciso di non servire più carne, consapevole del suo impatto ambientale e ha aperto una mensa per i poveri. In Francia Nadia Sammut è la prima chef gluten-free ad aver ottenuto la stella MICHELIN, nel suo tentativo di rivendicare una cucina slow food fatta di ingredienti biologici, locali, stagionali e da filiera sostenibile.

Self Food: l’impatto del cibo sul nostro benessere, sia psichico che fisico, è sempre più importante. Nel contesto di una crisi sanitaria globale, l’importanza del benessere personale e del prendersi cura di sé (self care) è sempre più centrale nella nostra società. La cura personale dipende molto dalle nostre fonti di energia e il cibo è la risorsa primaria da cui attingere le energie migliori. Tra le tendenze in questo senso troviamo la creazione di certificazioni che attestino la qualità del cibo offerto, forniture alternative agli alcolici e alcune limitazioni ai piaceri della tavola.

Cibo oltre al piatto: le più recenti innovazioni tecnologiche possono portare benefici al mondo del food. Nel bene e nel male il Covid-19 è stato un acceleratore della trasformazione digitale già in atto. L’urgenza di agire di fronte alla pandemia ha dato a molte aziende l’opportunità di fare innovazione ma anche di trovare nuovi modi per attirare utenti in cerca di nuove esperienze quando le limitazioni contraevano le opportunità in presenza. Il lancio del metaverso, lo sviluppo degli NFT e le criptovalute sono tutte novità pronte a rivoluzionare la nostra quotidianità, ma cosa c’entrano col mondo del cibo? Alcune tecnologie, come la stampa 3D di alimenti, la realtà aumentata e le NFT culinarie, proseguiranno il loro percorso fino a risultati inaspettati. Queste innovazioni ovviamente non sostituiranno le esperienze gastronomiche tradizionali ma in qualche modo le sublimeranno e trascenderanno, in modo da offrire pratiche sempre più emozionanti e durature.


I piatti della devozione: una ricetta per ogni mese dell’anno

Usanze culinarie e tradizioni per celebrare santi e patroni: viaggio nella tradizione bergamasca e non solo

 

L’Italia è un Paese di santi, poeti, navigatori e… ricette per i santi. Sono numerosissime le usanze culinarie legate alla devozione, piatti preparati nei giorni di festa o che sono legate a un santo, ricette create per celebrare il culto, le cui origini sono spesso legate a fatti storici o a leggende. Vi proponiamo un viaggio nella tradizione bergamasca e non solo.

 

Gennaio – A BRESCIA E MANTOVA CHISÖL DI SANT’ANTONIO

Sant’Antonio Abate si festeggia il 17 gennaio. C’è una tradizione, che somiglia a una superstizione, legata al giorno a lui dedicato. Il detto recita S’at fe mia ‘l chisöl par Sant’Antoni chisuler at casca in testa al suler ovvero «se per Sant’Antonio Chisuler non prepari il chisöl, ti cade in testa il tetto». A seconda della zona, il chisöl può assumere la forma di un pane, una schiacciata con i ciccioli di maiale o dolce, di un ciambellone morbido oppure di un bussolano, una ciambella a pasta dura. Scegliete il chisöl che più vi aggrada, ma non dimenticate di infornarlo il 17 gennaio se non volete vedere crollare il tetto della vostra casa sotto il peso della neve.

Febbraio – LE NAVETTE CHE SALVARONO LE TRE MARIE IN PROVENZA 

Le navettes sono un biscotto tipico marsigliese, a forma di barca, aromatizzato ai fiori d’arancio e legato a una tradizione antichissima. Ogni anno il 2 febbraio, il giorno della Candelora, prima dell’alba, al termine di una processione, il vescovo di Marsiglia benedice le navette e il loro forno, situato di fronte all’abbazia di Saint Victor. La forma rimanda alla barca senza vela e senza remi che portò in salvo sulle coste della Provenza le tre Marie (Maria Maddalena, Maria Jacobé e Maria Salomé) in fuga da Gerusalemme. Il giorno della ricorrenza se ne comprano, o se ne infornano, 12 per simboleggiare i mesi dell’anno durante i quali si spera di ricevere protezione.

Marzo – LE FRISCEU DOLCI (E SALATE) DI SAN GIUSEPPE

Le frittelle di San Giuseppe, o frisceu de San Giòxeppe, a Genova sono golose palline fritte arricchite da qualche acino di uva zibibbo. La tradizione di friggere nel giorno dedicato al santo, il 19 marzo, è radicata in tutta la Penisola. Si pensa alle frittelle dolci arricchite con pezzetti di mela, che nelle friggitorie si trovano solo in quel periodo. Tutto l’anno c’è, invece, la versione salata: la pastella con cui sono preparate è più leggera e al suo interno sono fritti pezzetti di baccalà, stoccafisso, cavolfiore, borragini, lattughe o cipolle. Sono serviti come antipasto, ma sono anche un ottimo spuntino a merenda.

Aprile – A GANDINO CRUCA IN TAVOLA NELLA SETTIMANA SANTA
La cruca è un panettone povero e basso, preparato in Quaresima dai fornai di Gandino, dalle origini che risalgono al ‘400. “E’ una vivanda fatta con farina di frumento, zucchero, uva candiotta e altre droghe, cotta nell’olio”, scriveva Antonio Tiraboschi nel 1873 nel suo “Vocabolario dei dialetti bergamaschi”. Gli ingredienti sono legati alle contaminazioni gastronomiche favorite nei secoli dai commercianti di pannilana. Si usano cannella e uva di Candia che arrivava da Creta a Venezia, dove i gandinesi avevano fiorenti contatti.  Tutti ricordano le cruche preparate fino agli anni ’60 da Angelo e Pietro Motta, due fratelli che gestivano i forni in contrada Cerioli e sul sagrato della Basilica.

Maggio – FESTA DELLA TRINITA’ CON CHESCIOLA A CASNIGO 

Il santuario della Santissima Trinità a Casnigo è definito “la Sistina della Bergamasca” per il grande Giudizio Universale affrescato dai Baschenis. Secondo la tradizione, anticamente, in occasione della festa della Trinità (tra maggio e giugno, a seconda del calendario liturgico) l’edificio religioso ospitava un mercato che durava una settimana. Ogni anno, in occasione della festa è riproposta la tradizione del lacc è chésciöla, un dolce povero che le donne preparavano in occasione della festa usando la pasta fatta lievitare il giorno precedente e miscelata poi con latte, uova, burro, uvetta e zucchero, il tutto consumato con latte fresco.

Giugno – LA TORTELLATA IN ONORE DI SAN GIOVANNI

Nella notte del 23 giugno, che precede il giorno della ricorrenza di San Giovanni, a Parma e provincia, è tradizione cenare con i tortelli di erbette,  all’aperto, così da essere bagnati dalla rugiada, che fin dall’antichità, è considerata purificatrice e tiene lontano i malanni. Le goccioline simboleggiano il sangue versato dal capo di San Giovanni. Nella stessa notte, si raccolgono anche le noci per fare il nocino. I tortelli si preparano con pasta fresca, uova e farina, un ripieno di ricotta, erbette e Parmigiano Reggiano. Il ripieno va messo al centro di una sfoglia alta 8-10 centimetri e ripiegata su se stessa: il tortello è chiuso su tre lati e poi tagliato con una rotella dentellata.

Luglio – PIZZELLE FRITTE CON POMODORO FRESCO PER SANT’ANNA

Il 26 luglio si celebra la festa di Sant’Anna. Una ricorrenza che, a Borgo Croci in provincia di Foggia, si onora portando in tavola le pizze fritte con, sopra, sugo di pomodoro fresco: sono preparate insieme ad altri piatti tipici seguendo un rituale ricco di simbologia. L’impasto della pizza è fatto lievitare, poi è diviso in porzioni e fritto solo dopo averlo steso in piccoli dischi dal diametro di una decina di centimetri. Una volte fritte, le pizzelle sono condite con un cucchiaio di sugo di pomodoro e spolverate dal parmigiano.

Agosto – LA CORONA DI SAN BARTOLOMEO CHE FA FELICI I BAMBINI

La corona di San Bartolomeo è tipica di Pistoia e si prepara per la ricorrenza del santo, il 24 agosto. E’ composta da gustosi dolcetti di pasta frolla e consiste in collane fatte di pippi infilzati in uno spago. I pippi sono biscotti di pasta frolla dalla forma rotonda, abbelliti con pallini colorati e impreziositi da cioccolatini, quasi fossero gemme preziose, soprattutto sul medaglione centrale. I cioccolatini sono aggiunti subito dopo aver tolto i pippi dal forno, quando la pasta è ancora abbastanza morbida da permettere al cioccolatino di aderirvi. I bambini “spippolano” la corona togliendo i dolci dallo spago.

Settembre – A BARZIZZA E LEFFE I MICHINI PER SAN NICOLA

La devozione a San Nicola da Tolentino nella parrocchia di Barzizza, frazione di Gandino, risale ai tempi della diffusione della peste e si allarga agli abitanti di Leffe, che fecero voto al santo per essere liberati dal morbo. A Barzizza il 10 settembre si celebra la novena dedicata a San Nicola. A questa festa patronale è legata la tradizione dei “michini”, piccoli pani non lievitati formati da minuscole pernici disposte attorno a un pozzo, a ricordo di un miracolo di San Nicola che ridiede vita ad alcuni volatili. Le volontarie ne preparano diverse centinaia, per proporli ai fedeli dopo la benedizione che è impartita la domenica precedente alla ricorrenza liturgica del santo.

Ottobre – I MOSTACCIOLI TANTO AMATI DA SAN FRANCESCO

I mostaccioli di San Francesco, patrono d’Italia, che si festeggia il 4 ottobre, sono dei gustosi biscotti. C’è chi mette uova intere, chi lievito, chi usa la pasta di pane. La ricetta migliore è quella di Frate Indovino: in  una ciotola si mettono le mandorle, il miele, gli albumi, il mosto, il pepe e la cannella e si inizia a mescolare con una forchetta; si unisce anche la farina e si impasta con le mani, ritagliando i biscotti a forma di losanga, larghi quattro centimetri.  Si racconta che il poverello d’Assisi ne fosse ghiotto, tanto che prossimo alla morte dettò una lettera destinata all’amica Giacoma de’ Settesoli perché gli portasse i dolci che tanto amava.

Novembre – OCA CON LE VERZE PER SAN MARTINO

Il giorno di San Martino, l’11 novembre, si festeggia con una ricetta simile alla cassoeula, ma con carne di oca al posto del maiale. Si tritano cipolla e sedano, si mettono in un tegame con il burro e due cucchiai di olio e si fanno soffriggere. Poi si unisce l’oca in pezzi e la si fa rosolare, salando e pepando e lasciandola cuocere per 40 minuti. Quando l’oca è quasi a cottura, si taglia la verza a striscioline, la si lava e scola. Si mette la pancetta in un tegame con due cucchiai di olio e la si fa soffriggere; si unisce la verza, lasciandola appassire. Poi si mettono l’oca, il brodo caldo e si fa cuocere per 30 minuti. Da servire accompagnata da polenta.

Dicembre – GLI OCCHI DI SANTA LUCIA PUGLIESI

Sono taralli morbidi pugliesi in versione dolce, preparati con farina, olio d’oliva e vino bianco e ricoperti con una glassa bianca a base di acqua e zucchero chiamata sclepp. Alcune varianti prevedono aromatizzazioni all’anice e alla vaniglia. Tipici di Bari, si servono il 13 dicembre, ma si possono consumare anche durante le festività natalizie. In Abruzzo gli occhi di Santa Lucia sono biscotti all’anice a forma di occhiali. In Sardegna si benedicono i biscotti, nome che viene dall’unione della parola biscottos, biscotti, e di ocros, occhi. Sono dolcetti dalla forma rotondeggiante, incisi al centro a simboleggiare la fessura delle palpebre e farciti con marmellata, in genere di mirtilli.

 


Il Gruppo Gelatieri Bergamaschi premia 7 sostenitori e promotori del gelato “made in Bergamo”

Una serata conviviale che è stata l’occasione per il direttivo del Gruppo di consegnare le targhe personalmente ai diretti interessati

Il mondo del gelato artigianale bergamasco si è dato appuntamento giovedì 9 dicembre allo Spazio Daste e Spalenga di Bergamo per la cerimonia di consegna delle targhe di ringraziamento a sette tra sostenitori e promotori della filiera del gelato “made in Bergamo”.
Una serata conviviale che è stata l’occasione per il direttivo del Gruppo – che conta oltre 45 gelaterie artigianali associate in Bergamasca – di consegnare le targhe personalmente ad Arnaldo Minetti, imprenditore e opinionista del settore, “per l’incessante lavoro svolto a favore dei Gelatieri, per il suo impegno nel divulgare la cultura del gelato artigianale, per la passione che trasmesso per il nostro lavoro”, alla giornalista e scrittrice Luciana Polliotti “per la competenza professionale e la disponibilità riservata al Gruppo in questi anni” e alle aziende Puntogel, Lactis, Frigogelo e Iceberg “per l’attiva collaborazione”. Durante la serata è stata inoltre consegnata alla moglie Julia Facoetti una targa alla memoria di Gianni Facoetti, “uomo saggio, grande professionista, maestro competente e sempre disponibile” nei confronti della categoria.
Quella di ieri è stata l’ultima iniziativa dell’anno del Gruppo che ha però già in serbo tante proposte per la prossima stagione come spiega la presidente Giorgia Mologni: “La cerimonia è stata l’occasione per ringraziare le aziende bergamasche che da anni sostengono il nostro gruppo e per premiare coloro che, da sempre, si sono sempre dedicati alla divulgazione della cultura di un prodotto d’eccellenza. L’incontro tra professionisti di settore favorisce lo scambio di idee: si trovano sempre nuovi spunti e nuove idee per il futuro. Per il prossimo anno proporremo diverse iniziative rivolte ai gelatieri, come corsi di formazione e visite alle aziende”.


Nasce la “Pizza Donizetti”: l’omaggio al compositore firmato da un ristoratore napoletano

Con provola di bufala, friarielli e polpettine fritte di manzo. La specialità lanciata da Gianpaolo Tewfiki in occasione del Donizetti Christmas Day

Gaetano Donizetti amava Napoli tanto da esserci vissuto per 16 anni, dal 1822 al 1838. L’ultimo omaggio culinario non poteva, dunque, prescindere dai sapori partenopei. A creare la Pizza Donizetti è Gianpaolo Tewfik, napoletano, titolare del ristorante pizzeria Antica Fiera, sul Sentierone.
Gli ingredienti sono
provola di bufala, friarielli e polpettine fritte di manzo. La specialità, che resterà nel menù del locale fino all’Epifania, al costo di 15 euro, è stata lanciata in occasione della presentazione del Donizetti Christmas Day, la nuova iniziativa della Fondazione Teatro Donizetti, realizzata in collaborazione con Immobiliare della Fiera, in programma sabato 4 dicembre, dalle 10 in poi, con concerti e performance artistiche ospitati dalle attività commerciali.

Ma la pizza non è l’unico tributo al compositore di Borgo Canale. Il bartender Tony Foini aveva ideato il Donizetti Spriss, cocktail con L’elisir d’amore bitter 24 delle Distillerie di Sarnico, mentre il Balzer ha sfornato il panettone Donizetti e preparato speciali cioccolatini. In passato per la “Donizetti Night” i ristoranti di Città Alta hanno dedicato a Donizetti menù e piatti, come il dessert “Al dolce guidami” ispirato a un verso di Anna Bolena del baretto di San Vigilio; “Una furtiva lagrima”, titolo della celebre aria dell’Elisir d’amore è, invece, il pluripremiato erborinato del Caseificio Defendi di Caravaggio, che nasce dall’unione di un gorgonzola selezionato dalla consistenza molto cremosa e particolari ingredienti che vanno dalle confetture a granelle di cereali. Esiste, inoltre, da tradizione, la Torta Donizetti, una ciambella, simile alla Margherita ma arricchita da tanta frutta candita e dall’inconfondibile aroma del Maraschino.

Prima di gustare la pizza per la giornata evento, dalle 10, si potrà partecipare alle visite guidate teatralizzate “Donizetti on live” (durata 40 minuti, biglietto 12-10 euro). Al termine del tour, il pubblico potrà ascoltare un concerto in Sala coro o in Sala musica. Il Balzer, Legami Sushi & More, la nuova galleria Art Events Mazzoleni Neroli32 ospiteranno gli allievi del conservatorio; la boutique di Tiziana Fausti offrirà spazio alla compagnia Artemis Danza, mentre “L’elisir d’amore” del Donizetti Opera sarà proiettato sugli schermi della vetrina della farmacia Terni.
Sotto i portici passerà la banda Venti d’opera, mentre all’ora dell’aperitivo ci saranno due angoli deejay: quello nella zona di via Monte San Michele, tra il Bu Cheese Bar e il T-Bakery, con Jodi Pedrali, l’altro al Balzer con NicoNote. I brevi concerti in programma saranno ripetuti più volte per permettere l’ascolto al più alto numero di passanti. Dalle 12 alle 17 si potrà esplorare gratis la città a bordo dei quattro
Tuk tuk elettrici, un progetto promosso dal Consorzio turistico di Bergamo con Visit Bergamo: una passeggiata verso Città Alta e ritorno con una guida che illustrerà i luoghi legati al musicista.

 


La rivincita della barbabietola: da prodotto povero a protagonista di piatti stellati

C’è quella da zucchero e quella da foraggio, quella da orto e la «cruenta»; gli antichi più che in cucina, la utilizzavano per le sue proprietà medicinali, tanto che ancora oggi è considerata un toccasana per le ossa grazie alle sue intrinseche quantità di calcio e magnesio, oltre che un’arma efficace – chi l’avrebbe mai detto? – contro la depressione. Insomma, si fa presto a dire barbabietola. La sua fama, inutile nascondersi, non è tra le migliori: sarà per il suo colore rosso scuro non troppo accattivante o per il sapore dolciastro che è in grado di sprigionare e che difficilmente sposa i gusti dei palati più sopraffini e delicati. Tubero fin troppo bistrattato rispetto alla più democratica patata o al «trendissimo» topinambur, la barbabietola sta tuttavia concedendosi un meritato riscatto in cucina, grazie soprattutto all’intuizione e all’azzardo di qualche chef. Perché di azzardo, in fondo, si tratta, quando si decide di proporre ai clienti dei propri ristoranti, anche stellati, una ricetta a base di questo ingrediente povero dell’orto e ancora poco apprezzato, perché forse troppo poco conosciuto.

Vincente per Enrico Bartolini

Ma quando a cedere alla tentazione di rielaborare la barbabietola, rendendola addirittura protagonista di un piatto «stellato», è nientemeno che l’enfant prodige della cucina italiana Enrico Bartolini, 42 anni e 8 stelle Michelin nel suo palmarès, allora forse è il caso di soffermarsi un attimo per capire quali risorse può offrire alla carta di un ristorante (e, perché no, anche alla cucina di casa), un ingrediente come la rapa rossa. L’azzardo che ormai 16 anni fa ha portato Enrico Bartolini a proporre un risotto con barbabietola e gorgonzola ha premiato il pluristellato cuoco toscano – presente a Bergamo con il suo «Casual» di Città alta – al punto che quella ricetta oggi rappresenta il suo piatto più iconico, cucinato su richiesta in ogni parte del mondo, dall’America all’Estremo Oriente, agli Emirati, fino agli appuntamenti mondani più prestigiosi, come la «prima» della Scala. 

Prima di lui lo aveva fatto anche il maestro della cucina italiana e del risotto, Gualtiero Marchesi; ma è grazie ad Enrico Bartolini e alla sua intuizione durante un soggiorno in Oltrepò Pavese, che la barbabietola ha iniziato ad entrare nelle carte dei ristoranti. «In Oltrepò le rape rosse si coltivano, così come il riso – dice lo chef –. E siccome da quelle parti si ha l’abitudine di mangiare gorgonzola, mi sembrava che un risotto con questi ingredienti potesse raccontare il bene territorio». Così nel 2005 nacque la ricetta che Bartolini proposte da subito nel suo ristorante «Le Robinie Bistrot» di Montescano (Pv). «È stato apprezzato così tanto – ammette – che non abbiamo più smesso di farlo. La combinazione di questi ingredienti è risultata piacevole al gusto e alla vista e per anni è rimasto in carta. A un certo punto, sembrava che questo piatto avesse un aspetto tecnico più debole rispetto ad altri, perciò abbiamo pensato di complicarlo un po’, aggiungendo un’essenza di noci e una salsa di ciliegie o di more, in base alla stagione: le note della frutta esaltano l’acidità della rapa, mentre il gusto della noce è tannico, profumato, quasi amaro e dà un grado di complessità al piatto».

Inutile chiedere allo chef se pensa di rimettersi di nuovo in gioco con un’altra ricetta a base di barbabietola: «È un ingrediente ricco di personalità – dice – e non avendo carte molto lunghe nei miei locali, sarebbe una ripetizione. È un ortaggio cui sono molto affezionato, ma arriva inevitabilmente il momento in cui c’è voglia di cambiare. Quando iniziammo a utilizzarla, la barbabietola si usava molto poco. Ricordo che da piccolo, negli hotel, vedevo queste rape tagliate, messe nei barattoli che sapevano di terra. Forse per questo ne abbiamo un ricordo sbagliato. Oggi la barbabietola è molto popolare, soprattutto nelle cucine del Nord Europa, dove un tempo veniva data da mangiare alle mucche o spedita per le mense ospedaliere in altri Paesi».

In Italia c’è anche chi ha provato a centrifugarla e a servirla al ristorante come aperitivo, «ma è una tecnica che rilascia le proprietà lassative della barbabietola – avverte Bartolini –, per cui non mi sembra una buona idea. Detto questo, vedo che c’è senz’altro della creatività attorno a questo ingrediente, che probabilmente sta prendendo sempre più piede in questi anni. Se coltivato bene è buono e può dare spunti interessanti a chi lo cucina».

 

Divertente per Filippo Saporito

Decisamente più consono è l’utilizzo che fa della barbabietola Filippo Saporito, chef dello stellato «La Leggenda dei Frati» di Firenze, che pure la propone come antipasto: «Amo molto il mondo vegetale e cerco sempre di esaltarlo al massimo – dice –. La scelta della barbabietola arriva da uno stimolo di alcuni clienti vegani. Noi abbiamo sempre in carta un menù pensato per loro, ma che è in grado di accontentare un po’ tutti. Utilizzare la barbabietola mi diverte, innanzitutto perché inganna l’occhio, sembrando una bresaola, poi perché si possono comporre piatti colorati, freschi e con sapori delicati. E i nostri clienti rimangono piacevolmente stupiti. Fino a 10 anni fa era persino difficile trovarla cruda, oggi con l’avvento della cucina nordica c’è stato senz’altro un ritorno anche nelle nostre cucine».

Versatile per Massimo Amaddeo

A Bergamo, l’estate scorsa, è stato il ristorante «Da Mimmo ai Colli» a proporre la barbabietola in più versioni nei suoi menù: non solo come ingrediente di punta nel risotto, ma anche nell’impasto degli gnocchi o preparata a maionese nei club sandwiches. «È senz’altro un tubero molto interessante, che dà molto colore ai piatti e che quindi può essere una scelta vincente – spiega il titolare del ristorante, Massimo Amaddeo –. Cruda, cotta o rielaborata in tanti modi, la barbabietola può dare grandi soddisfazioni. Si possono fare gli gnocchetti, per esempio, inserendo nell’impasto spezie come la cannella, che dà una spinta forte, in contrasto con la dolcezza della barbabietola. Un ottimo condimento può essere un crumble di Agrì di Valtorta, che è presidio SlowFood, oppure lo Strachitùnt, con il suo naturale contrasto di bianco e blu». Una ricetta “veloce” per un’esperienza culinaria senza dubbio inedita (meglio se arricchita da foglie di salvia fritta come decorazione). «Come tutti i tuberi – dice ancora Amaddeo – la barbabietola è un po’ bistrattata. Peccato, perché la natura ci ha dato una biodiversità incredibile, che spesso non sfruttiamo. In particolare, la barbabietola ha sempre suscitato un po’ di diffidenza, forse a causa del suo particolare aspetto cromatico, ma ora la gente si sta avvicinando. Non è invadente nei piatti, quindi non predomina, anche se bisogna saper dominare quel suo carattere dolciastro per raggiungere un equilibrio apprezzabile. Noi, per esempio, l’abbiamo proposta anche come piatto da finger o da pranzo e, in chiave più moderna, preparando una maionese di barbabietola con pane tostato, verdure e formaggio».

Dopo i suggerimenti degli chef, torniamo a scoprire qualche altra proprietà «nascosta» della barbabietola. Ricca di sali minerali, vitamine e oligoelementi, è anche un ricostituente naturale contro stanchezza, mancanza di appetito e anemia grazie alla presenza di microelementi che rivitalizzano i globuli rossi e riequilibrano i livelli di ferro nel sangue. Pochi ingredienti in cucina hanno un colore così acceso: quello della rapa rossa è dovuto alla betaina, un pigmento solubile in acqua; dalle barbabietole si estrae un colorante naturale che viene normalmente utilizzato nell’industria alimentare, ma anche per la tintura tradizionale di tessuti.

 


Farina, cacao e caffè: dopo energia e gas rincarano anche le materie prime. E i bar lanciano l’allarme

Farina e cacao gli aumenti più incisivi, seguiti da latte e caffè. Beltrami: “Con tutti questi rincari si rischia di lavorare solo per coprire le spese”

Non è solo il Covid a spaventare il mondo del terziario in vista delle festività natalizie: l’emergenza sanitaria è infatti anche emergenza economica e alle difficoltà legate alla ripresa si aggiungono le forti tensioni inflattive che riguardano materie prime, energia, utenze e servizi. Una congiuntura in atto che sta già avendo ripercussioni sul listino prezzi di locali, bar, ristoranti, pizzerie e, in generale, sui pubblici esercizi del territorio alle prese con un aumento dei prezzi considerevole. A pesare sui bilanci dei locali sono soprattutto i rincari dei principali generi alimentari che seguono quelli dei consumi energetici: una miscela amarissima per i bar e locali di Bergamo e provincia che alle difficoltà di ripresa dopo oltre un anno di chiusure e sacrifici devono fronteggiare un caro prezzi insostenibile.

“Tra gli aumenti più incisivi ci sono quelli della farina e del cacao, saliti rispettivamente del 38% e del 20% in questi ultimi mesi – conferma Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar Caffè di Ascom Confcommercio Bergamo e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia -. Anche il latte non è da meno con un rincaro del 4% del prezzo all’acquisto. Tutto questo ricadrà ovviamente sulle tasche dei consumatori: a seguito dei rincari della farina, ad esempio, si prevede un aumento del 20% del prezzo finale di panettoni e lievitati natalizi”.

Anche il caffè rischia di salire: le principali torrefazioni stimano infatti rincari di 2 euro al kg, circa 10% in più per i bar “Oggi un caffè costa un euro o massimo 1,10 euro ma tra non molto il cliente potrebbe arrivare a pagarlo 1 euro e 20 centesimi – sottolinea Beltrami -. Secondo uno studio di Ascom Confcommercio Bergamo che prende in considerazione il prezzo più alto di un caffè al bar (1,10 euro) emerge che il rapporto tra costi e ricavi è sbilanciato. E quest’indagine era stata fatta prima dell’aumento del costo di gas ed energia”.

La componente energetica resta dunque la vera Spada di Damocle a pendere sulla categoria: di prospetta entro questo mese un aumento del 20%, fino a toccare un +40% tra dicembre e gennaio. Il rischio è che il rialzo dell’inflazione anche transitorio diventi strutturale e in una situazione in cui le attività stanno faticosamente cercando di tornare ai livelli di consumi pre-Covid, questi aumenti rischiano di minare la fiducia dei consumatori e ridurre il potere d’acquisto delle famiglie. “È necessario che il Governo attivi presidi di monitoraggio e controllo, oltre a sostenere nuove misure che possano favorire la ripresa, come un alleggerimento del costo del lavoro e una politica di agevolazioni per gli imprenditori che decidono di assumere – conclude Beltrami -. Non vogliamo fare allarmismo ma con tutti questi rincari il rischio oggettivo è che si debba lavorare solo per coprire le spese”.


Gluten free, perché no? Nel menù più proposte anche per chi è intollerante al glutine

Fino a pochi anni fa lo si era sentito nominare di rado, mentre adesso il suo nome è sulle confezioni di molti alimenti Parliamo del glutine, una lipoproteina presente in molti cereali (tra cui frumento, farro, kamut, orzo, segale) il cui consumo è aumentato in modo esponenziale negli ultimi 30 anni, nonostante – e paradossalmente – ci sia sempre meno pane sulle nostre tavole. La causa scatenante di questa vera e propria “inflazione” da glutine è da ricercare soprattutto nelle tecniche di produzione delle farine. Per ottenere infatti una shelf life del prodotto più alta (anche fino a 9 mesi) i grani moderni vengono sottoposti a trattamenti genetici che riducono la carica batterica e consentono di allungare la vita del prodotto. Il rovescio della medaglia? Farine sempre più raffinate, prodotti carichi di glutine, celiaci diagnosticati in costante aumento e sempre più persone intolleranti al glutine.

Ma c’è di più: se la sensibilità a questa proteina non è diagnosticabile (la comunità scientifica è impegnata a studiare se si tratti di una vera e propria patologia e quali meccanismi la inducano), chi soffre di gluten sensitivity spesso vive la ristorazione fuori casa come un limite. E se carne, pesce, verdure hanno tutte il semaforo verde come la mettiamo con i primi piatti dove il glutine è – quasi – sempre presente? La risposta è in cucina, più precisamente nella piramide alimentare come sottolinea Marco Scaglione, chef del “naturalmente senza”, filosofia che il pluripremiato di origini siciliane ha dimostrato che non è assolutamente sinonimo di senza gusto: «L’esclusione dei cereali contenenti glutine e dei loro derivati non è come potrebbe sembrare un’alimentazione punitiva, limitante o di rinuncia – sottolinea Scaglione -. Nell’alimentazione mediterranea sono tantissimi gli alimenti naturalmente privi di glutine che ognuno di noi consuma giornalmente e che sono alla base di numerose ricette. La dieta mediterranea offre una moltitudine di alimenti naturalmente privi di glutine, come riso, mais, grano saraceno, legumi, patate, pesce, carne, uova, latte e formaggi, ortaggi e frutta: in pratica l’80% della piramide è gluten free di sua natura. Si possono quindi fare ricette straordinarie provando, riprovando e osando un po di più».

L’appello lanciato alla ristorazione va proprio nella direzione di una maggiore sperimentazione in cucina dove ogni ristoratore-chef è chiamato ad arricchire la carta con proposte gluten free che possano soddisfare le esigenze della clientela non celiaca ma intollerante al glutine. Per lo chef Scaglione, quindi, occorre un cambio di prospettiva a cominciare soprattutto dalla formazione e da una maggiore conoscenza degli alimenti perché, di fatto, la base della cucina mediterranea  – che ricordiamo è patrimonio Unesco – è senza glutine. «Introdurre nel proprio menù cereali diversi come grano saraceno, miglio, fonio, sorgo, amaranto o teff, cereale originario dell’Etiopia, può dare uno stimolo a proporre piatti nuovi – prosegue Scaglione che sul suo sito vanta un corposo archivio di ricette gluten free .- Sono tutti cereali che si possono integrare nelle ricette e, oltretutto, ricchi di proprietà nutrizionali». E a livello organolettico niente panico: «Hanno sapori nocciolati o tendenti all’amaro – afferma lo chef che è anche docente dell’Accademia del Gusto di Osio Sotto dove ogni anno tiene corsi rivolti sia ai professionisti che ai privati -. In farina ci puoi fare tutto: pane, pizza, focaccia, ravioli multicereali. E come ricette ci si può sbizzarrire: zuppa di riso e lenticchie con moscardini in rosso, raviolo fresco con ricotta, tartufo e semi di girasole, salame di cioccolato con cereali e canditi. L’importante è poi affinare la presentazione finale: che sia con o senza glutine, infatti, un piatto va sempre valorizzato per renderlo ancora più appetibile».

 

Filetto di maiale alle erbe aromatiche con crostone di polenta al teff

 

 

Ingredienti per 4 persone

4 filetti di maiale di 180 g l’uno 2 patate novelle

4 foglie alloro

1 rametto di salvia

1 rametto di rosmarino

1 rametto di timo

Semi di papavero

200 g di burro

Olio extravergine d’oliva

Sale fino

Pepe nero macinato

Per il crostone di polenta 

125 g Farina per polenta Fior di Loto bramata 100 g teff rosso in chicchi

20 g di burro

Olio extravergine d’oliva

Sale fino

 

Tempo: 1 ora e 10 + tempo di riposo Difficoltà: media

Lavare e tritare le erbe finemente; utilizzare il trito (eccetto 1 cucchiaio) per insaporire due lati del filetto, premendo leggermente. Insaporire il restante filetto con i semi di papavero, condire con sale e pepe, e lasciare riposare in frigorifero fino al momento dell’uso. Cuocere le patate in acqua bollente per 10 minuti, lasciarle raffreddare coperte con carta alluminio. Cuocere il teff in acqua bollente per  15 minuti, scolarlo con un colino a maglia fitta.

Per il crostone di polenta: preparare la polenta; 5 minuti prima della fine aggiungere il teff e il burro; trasferire tutto in una teglia oliata, livellare con una spatola e riporre in frigorifero per 30 minuti. Ammorbidire il burro, unire il restante trito di erbe, sale e pepe; riporre il burro tra due fogli di carta da forno e conservare in freezer per 30 minuti. Trascorso il tempo, ritagliare la polenta con un coppapasta e cuocere i dischi in abbondante olio ben caldo, per  3 minuti a lato, prelevarli con una schiumarola e disporli su carta assorbente, regolando a piacere di sale. Scaldare 1 cucchiaio di olio e cuocere i filetti per 3 minuti per lato, trasferirli nel forno caldo a 210 °C e completarne la cottura. Comporre il piatto disponendo il crostone di polenta come base, sopra il filetto, le patate novelle ben calde a rondelle e un blocchetto di burro aromatizzato.